STORIA DELLA SPAGNA - Euskadi


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Il territorio Euskadi o Euskal Herria (il nome antico dei Paesi Baschi) è una zona di circa 21.000 kmq, abitata da 2.873.512 persone (secondo l’ultimo censimento), che confina con la Francia (Aquitania) a nord-est, con la Navarra a sud-est, con La Rioja a sud, con la Castiglia e Leon a sud-ovest e la Cantabria a ovest. Le coste settentrionali sono bagnate dal Golfo di Biscaglia. Quindi in sostanza il territorio è compreso tra l'Atlantico, la Garonna e l'Ebro.

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Le Regioni Basche (o Vasche) Spagnole o Meridionali (le tre province della Comunità Autonoma Basca più la Navarra) formano l'Hegoalde. Le Regioni Basche Francesi o Settentrionali formano l'Iparralde, quest'ultime abitate da circa 300.000 persone.

Le tre province spagnole coincidono, più o meno, coi territori storici: Álava (in basco Araba), capitale Vitoria (Gasteiz); Biscaglia (Bizkaia), capitale Bilbao (Bilbo); Guipúzcoa (Gipuzkoa), capitale San Sebastián (Donostia). Le Regioni Basche Francesi sono parte del Dipartimento dei Pirenei atlantici, e sono: Labourd (Lapurdi), La Soule (Zuberoa), Bassa-Navarra (Nafarroa Behera).

L'86% delle terre e il 91% della popolazione di Euskal Herria sono soggette al governo spagnolo e il resto al governo francese. La divisione delle province risale al Trattato dei Pirenei del 1659: rappresentanti di Francia e Spagna si riunirono per decidere il confine tra le loro nazioni.

I resti più antichi trovati nell’area che oggi corrisponde al Paese Basco datano al Paleolitico Inferiore, con una antichità tra i 200.000 e i 100.000 anni a.C. Appartenenti al Paleolitico Medio e Superiore (35.000–8.500 anni a.C.) si sono scoperti giacimenti e testimonianze in caverne, in cavità rocciose e all’aria aperta. In più di quaranta località di Euskal Herria sono stati trovati resti di abitazioni umane risalenti a tale epoca. Oggi si sa con certezza che il popolo basco vive stabilmente sul territorio di Euskal Herria da almeno 18.000 anni.

La famosa lingua euskera (o eusqura, o euskera Batua, o vascuence), il più vecchio linguaggio conosciuto d’Europa, arrivò a coprire la zona di Aquitania, la Rioja e i Pirenei Centrali. Questa lingua, che si trasmise in maniera orale sino al XVI secolo, dopo di che fu messa per iscritto, è la sola a non appartenere al gruppo delle lingue indoeuropee dell'Europa occidentale (precede il latino di almeno 3.000 anni) ed è parlata attualmente dal 22% della popolazione (circa 550.000 persone). L'Euskal Herria è dunque un territorio trilingue, con il predominio per ragioni storiche del castigliano (nel Paese Basco Peninsulare) e del francese (nel Paese Basco Continentale), trovandosi così l'euskara in una situazione di lingua minoritaria.

I baschi hanno lottato duramente per mantenere il linguaggio come pietra angolare della loro cultura. Ciononostante, soprattutto nei territori sottoposti al governo spagnolo e soprattutto nel XX secolo, l’uso e la diffusione della lingua basca sono stati grandemente ostacolati. Ancora ai primi del novecento venivano picchiati gli scolari che parlavano questa lingua, che pur ha prodotto testi di letteratura molto importanti come il Canto di Lelo, che descrive il transito dei Pirenei da parte di Annibale, il Canto dei Cantalzi, che ricorda la resistenza alle legioni romene, e il Canto di Altobizkar, che narra la sconfitta carolingia di Roncisvalle.

Il primo popolo che i baschi dovettero combattere fu quello dei celti, 2.500 anni a.C., dalla Francia, ma assai peggiori dei celti furono i romani, che si installarono sul loro territorio per 3-4 secoli (la città di Pamplona fu fondata da Pompeo). I romani cercarono di assoggettarli ma senza mai riuscire a integrarli nelle loro istituzioni.

Intorno al V secolo arrivarono gli svedesi, i vandali, gli alani e i visigoti (quest'ultimi fondarono la città di Vitoria), e, da sud, i musulmani, nel 717, fino al fiume Ebro. Pare siano stati i baschi e non i mori a fermare nel 778, nella gola di Roncisvalle, le truppe di Carlo Magno (la retroguardia guidata dal famoso paladino Orlando) che, col pretesto di fermare l'avanzata islamica, volevano impossessarsi dei loro territori, per poi dilagare nella stessa Spagna.

Nell'824 viene creato il regno di Navarra, essendo stato eletto il re Eneko (o Inigo) Arista, dopo che fu sconfitto Luigi il Pio, figlio di Carlo Magno, al rientro da una spedizione contro Pamplona. La Navarra si estese nel confronto con le milizie islamiche.

Nell'844 iniziano i ripetuti attacchi dei vichinghi, ma il regno di Navarra resiste, raggiungendo anzi la massima espansione sotto Sancho III il Grande (999-1035), alla morte del quale il regno fu suddiviso nei quattro figli, che in lotta tra loro determinarono il progressivo declino della Navarra.

Ne approfittarono infatti i regni di Aragona e di Castiglia, che si alternarono nella direzione del regno, conquistando ora l'uno ora l'altro territorio, finché nel 1284 il matrimonio della regina Giovanna di Pamplona con Filippo il Bello fa passare il regno di Navarra sotto la casa di Francia.

A causa di complicate eredità, la Biscaglia, nel 1379, entra nel regno di Castiglia. I fueros vengono però mantenuti (cfr la n. 2 del cap. sulla Guerra carlista).

Quarant'anni prima che molti marinai baschi aiutassero Colombo a scoprire l'America, e cioè nel 1452, scoppia una nuova guerra civile per questioni dinastiche, in cui si scontrano due linee contrapposte: una favorevole alla Castiglia, l'altra agli aragonesi. La Navarra si trovò virtualmente divisa tra due famiglie contendenti.

Dopo un'interminabile lotta fratricida la Navarra nel 1522 fu conquistata da Ferdinando il Cattolico, che rinunciò solo alla parte francese, definitivamente annessa, in seguito, dai Borboni di Francia. Il vicerè nominato dal sovrano castigliano svolgeva praticamente la funzione di un vassallo.

Ferdinando formalmente s'impegnò a rispettare i fueros, ma di fatto procedette a un'opera di sistematica ispanizzazione, soprattutto dopo aver ottenuto da papa Giulio II la scomunica dei baschi.

Il successore di Giulio II, l'ex inquisitore generale di Castiglia, Adriano VI, concedette al sovrano Carlo V il diritto di nominare vescovi di sua completa fiducia. E l'imperatore se ne servì per sostituire l'antica leadership religiosa fautrice della causa nazionale basca. A tale scopo ci si servì anche di una famigerata "caccia alle streghe": nel 1525 fu giustiziato un gruppo ad Auritz e le persecuzioni andarono avanti sino al 1610, determinando la morte di centinaia di persone.

Nel 1659 Francia e Spagna firmano l'Accordo dei Pirenei, con cui si comincia a delimitare la frontiera tra i due Stati. I baschi non vengono neppure interpellati, sicché nel 1661 scoppia un'insurrezione del popolo della Zuberoa sotto la guida di Matalas.

I poteri centrali di Spagna e di Francia hanno sempre cercato di ridurre al minimo l'importanza dei fueros. Nel 1717 p.es. Madrid si sentì sufficientemente forte per abolire di colpo tutti i fueros e il sistema di tariffe doganali che gli era annesso. Nel 1789 il governo di Parigi farà lo stesso nei confronti delle province basche nord pirenaiche (Soule e Labourd), malgrado le loro proteste.

Nel 1800 Napoleone sopprime la Corte di Pamplona e le dogane dell'Ebro in nome del liberalismo. I baschi cominciano a rendersi conto che, per la tutela della loro autonomia, i liberali sono più pericolosi dei cattolici, come secoli prima avevano capito che i cattolici erano più pericolosi dei musulmani.

Nel 1812 Giuseppe Bonaparte si fa promotore della Costituzione di Cadice, che, pur essendo quanto di più avanzato avesse conosciuto l'arretrata Spagna, riproponeva un duro attacco contro i fueros, non riconoscendo altra entità statale che quella spagnola.

La reazione dei baschi non si fa aspettare e nel 1820, a grande maggioranza, si schierano dalla parte di Don Carlos, pretendente al trono di Spagna, preferendo l'integralismo cattolico a quello liberale. E così scoppia la prima delle guerre carliste, che dal 1833 al 1876, ostacoleranno enormemente la transizione del paese iberico verso lo sviluppo capitalistico.

Dalla prima guerra carlista (1833-39) emerge una figura di combattente che resterà nel mito della lotta per l'indipendenza basca: Thomas Zumalakarregi, ufficiale basco che già aveva combattuto contro Napoleone. Fu lui a inventare la tattica della "guerriglia". Con 27.000 unità riuscì a tenere sotto scacco un esercito spagnolo di oltre 100.000 soldati. Morirà durante l'assedio di Bilbao.

La guerra fu persa anche perché la grande borghesia liberale basca preferì accordarsi con la corona spagnola, nella speranza di ottenere in cambio piena sicurezza per i commerci.

Euskadi è sempre stato infatti uno dei polmoni industriali dello Stato spagnolo. La presenza di giacimenti di carbone nelle zone circostanti Bilbao aveva permesso, verso la fine dell'Ottocento, la creazione di un polo industriale che ben presto avrebbe determinato la nascita di un'oligarchia imprenditoriale e finanziaria.

Proprio la presenza di questi giacimenti minerari venne avvertita dal popolo basco (coltivatori, allevatori, montanari, marinai e pescatori) come una grande disgrazia: gli stessi immigrati che arrivavano in massa, cercando lavoro come minatori, venivano sentiti come una minaccia alle tradizioni locali.

Quando nel 1839 terminò la guerra carlista si giungerà praticamente a un compromesso: i baschi riconosceranno l'unità costituzionale spagnola e Madrid rispetterà il regime forale. La Navarra perderà il suo statuto di "regno" e diventerà una semplice provincia, destinata a essere progressivamente ispanizzata.

Tuttavia nel 1872 i baschi presero di nuovo le armi per difendere la causa di un altro carlista, pretendente al trono, Don Carlos VII. Bilbao venne di nuovo sconfitta e questa volta i fueros scompariranno come istituto giuridico, sostituiti dai "Patti Economici", e si procederà a un'assimilazione forzata.

Alla fine del XIX secolo i baschi si ritrovano ad aver perso l'indipendenza, l'unità nazionale, l'omogeneità etno-linguistica, nonché le istituzioni giuridico-economiche che da sempre avevano regolamentato la loro vita.

Il primo a reagire a questa situazione fu Sabino Arana che nel 1895 ddiede vita al Partito Nazionalista Basco (Pnv), di impostazione liberale, rappresentante delle classi più agiate, intenzionate a rivendicare maggiore autonomia da un governo centrale molto fiscale e che non le protegge dalla concorrenza straniera.

Senonché intervennero altri fattori che impedirono ai baschi di riprendersi: la dittatura di Primo de Rivera, il rifiuto dello Statuto di Estella, nel 1931, da parte delle forze repubblicane che lo giudicarono troppo "conservatore", e la guerra civile.

Quando Franco scatenò il golpe, i falangisti avevano dichiarato, pur di avere i baschi dalla loro parte, che avrebbero rispettato i fueros e infatti 40.000 navarresi e tutti i carlisti passarono dalla loro parte. Ma il Partito Nazionalista e la sinistra basca si dichiararono repubblicani e contro di loro ebbe la meglio la guarnigione fascista italiana presso Santader. Per impedire che espatriassero, Franco ordinò agli italiani di consegnare tutti i prigionieri e ne fece strage.

Successivamente, sotto il regime di Franco, il popolo basco soffrì molte forme di discriminazione e persecuzione, vennero eliminati tutti i simboli pubblici in basco e tutti quei nomi che appartenevano alla cultura basca e che erano emblemi del separatismo popolare, e fu emanato il divieto di registrare i bambini con un nome basco. Piccoli gruppi di persone o anche singoli individui potevano essere uccisi per aver parlato in lingua basca. La tortura era molto comune e i dati oggi conosciuti riportano per lo meno 100 casi denunciati annualmente. Finisce il movimento culturale basco Pizkundea.

Nel corso della dittatura franchista la simbiosi tra oligarchia finanziaria basca e il governo favorirà uno sviluppo industriale selvaggio della regione. Bilbao, coi suoi impianti siderurgici e cantieristici, la provincia di Guipuzcoa, il capoluogo Vitoria, Laudio e la Navarra registrarono una crescita economica inferiore, a livello mondiale, solo a quella nipponica, grazie anche al protezionismo del regime e alle leggi che imponevano salari da fame.

Tra il 1960 e il 1973 la Vizcaya e la Guipuzcoa occupavano, rispettivamente, il primo e il secondo posto tra le province spagnole per reddito pro-capite, anche se nel 1986 scenderanno all'undicesimo e al sesto.

Il settore guida dell'economia basca, la siderurgia, occupava nel 1975 il 4,8% dei salariati di tutta la nazione e contribuiva con l'8,3% al Pil nazionale.

Il Banco di Bilbao-Vizcaya divenne la principale holding dello Stato spagnolo (l'altro Banco importante è quello di Santander, ancora oggi i due principali istituti spagnoli di credito). Poi si sviluppò molto anche il movimento cooperativo di Mondragon, che impiegava duemila lavoratori.

Come risultato di anni di repressione e di frustrazione, durante il regime di Franco fu fondato nel 1953 il gruppo politico Ekin (azione) conosciuto successivamente come Eta (Euskadi ta Askatasuna, Paese Basco e Libertà), con lo scopo di stabilire una patria indipendente, sotto l'ideologia del socialismo rivoluzionario, nelle province del nord della Spagna di Biscaglia, Gipuzcoa, Alava, e Navarra e quelle, a sud-ovest di Francia, di Lupurdi, Bassa Navarra e Soule.

L'organizzazione prese ad attaccare coloro che ostacolano la realizzazione della loro autodeterminazione, ossia i rappresentanti del governo francese e spagnolo, ufficiali di polizia e dell'esercito. Il suo primo atto terroristico è stato nel 1962: deragliamento di un treno di ex combattenti franchisti.

L'Eta finanziava queste attività attraverso sequestri, rapine ed estorsioni e erano conosciuti contatti con l'Ira, l’organizzazione armata dell’Irlanda del Nord, con la Libia, l'Algeria, il Libano, il Nicaragua, Cuba, Germania e Russia.

Dal 1958, anno di creazione dell'Eta, la lotta contro la dittatura franchista e il governo spagnolo che le è succeduto, è costata più di 800 vittime.

Nell'aprile 1973 venne ucciso il capo militare dell'Eta a Bilbao. Nello stesso anno l'organizzazione si vendica assassinando l'ammiraglio Carrero Blanco, "delfino" di Franco, e quest'ultimo negherà, poche settimane prima di morire, le grazia a cinque baschi condannati a morte.

Ma nel febbraio 1975 Añoveros, l'arcivescovo di Bilbao, denuncia in un'omelia le violazioni del governo contro l'autonomia basca. Il governo risponde invitandolo ad andarsene dal paese. Añoveros s'appella al papa e Madrid minaccia di denunciare il Concordato. Alla fine dovrà ritrattare attraverso un documento di tutto l'episcopato spagnolo.

Nell'estate del 1975 fu emanato il cosiddetto "decreto-legge contro il terrorismo", in base al quale si evocava uno stato d'emergenza permanente, nel senso che qualsiasi casa poteva essere perquisita dalla polizia senza la necessità di alcun mandato, e qualsiasi persona poteva essere fermata dalla polizia fino a dieci giorni senza l'intervento di alcun difensore.

Per fortuna la morte di Franco pose fine all'incubo quarantennale, anche se negli apparati di sicurezza dello Stato tutto rimase come prima: membri della polizia politica diventarono responsabili delle forze di polizia e della Guardia Civil, avvezzi all'uso della tortura negli interrogatori, come più volte è stato denunciato da Amnesty International.

Il post-franchismo dell'Ucd, partito moderato, continuò a non riconoscere alcuna autonomia ai baschi, sicché questi, a partire dal 1977, presero di nuovo le armi, utilizzando le autobombe, che provocheranno numerose vittime anche tra i civili, per forzare il governo a trattare.

Il Partito Socialista spagnolo (Psoe), andato a governo nel 1982, non migliorò la situazione basca, anzi decise di allacciare relazioni con quello di Parigi, chiedendo una collaborazione fattiva per il controllo di tutto Euskadi. Furono arrestati ed estradati numerosi rifugiati baschi dell'area nord.

Ai baschi appariva insufficiente l'autonomia concessa nel 1979, con il nuovo statuto, in quanto volevano la separazione completa.

Il governo socialista appoggiò anche un'organizzazione terroristica di destra detta Gal, protetta dal Ministero degli Interni, che in Euskadi si scagliò contro i dirigenti politici del partito di sinistra Herri Batasuna (nato nel 1978), che rivendicava gli stessi obiettivi dell'Eta senza usare la violenza e che era rappresentato da una ventina di sindaci e da centinaia di consiglieri comunali (raccoglieva il 15% dell'elettorato). Furono assassinati anche dei rifugiati baschi nell'area nord. Ma sotto pressioni sia interne che internazionali vennero istruiti processi a poliziotti e funzionari del Ministero degli Interni, per attività legate al Gal.

Il governo Gonzales non voleva collaborare, ma, volendo entrare nella Cee, fu costretto a scendere a patti: di qui i Negoziati di Algeri, ottenuti i quali però il governo si rimangiò la parola, inducendo i baschi a compiere nuove azioni terroristiche, e questa volta anche nelle infrastrutture turistiche, in piena estate.

Negli anni Novanta la città di San Sebastian è sede del più importante comando della Guardia Civil delle regioni basche. Una città-caserma di duemila abitanti che fu teatro di un gravissimo scandalo, che vide coinvolti vari uomini del comando.

Lo scandalo era inerente al narcotraffico, al contrabbando e alla prostituzione. La droga veniva usata in Euskadi per combattere la gioventù ribelle, e gli ufficiali godevano di totale impunità, semplicemente perché, oltre alle loro attività corrotte, svolgevano una lotta contro l'Eta.

I giovani baschi non solo rappresentano la maggiore percentuale di obiettori di coscienza di tutta Europa, in quanto non hanno alcuna intenzione di far la leva nell'esercito spagnolo, ma sono anche molto determinati nel combattere il degrado ambientale che colpisce drammaticamente il loro paese (vedi p.es. la centrale di Lemoniz). Per non parlare del fatto che si sentono molto coinvolti anche nella lotta contro il narcotraffico e per salvare il loro idioma dalla colonizzazione castigliana.

L'economia basca ha conosciuto negli ultimi tempi, soprattutto dopo l'ingresso nella Cee, una fase di profonda crisi. Il tasso di disoccupazione agli inizi degli anni Novanta raggiungeva il 21,2% nelle zone industriali di Bilbao, sfiorando il 50% dei giovani. I Paesi Baschi rischiano di diventare importatori di acciaio.

Nel settore navale, mentre i lavoratori occupati nel 1984 erano 8.166, nel 1992 si erano già ridotti a 4.558.

Oltre a questi problemi economici, oggi i baschi continuano ad essere profondamente insoddisfatti anche per la mancanza di un territorio unito, nonché per la condizione di inferiorità del loro linguaggio.

Negli ultimi decenni, grazie alle scuole private in lingua basca conosciute come "Ikastolaks", si è cercato di salvaguardare la cultura e soprattutto la lingua basca. Tuttavia, il numero degli individui che parlano il basco quotidianamente o che hanno una conoscenza pratica del linguaggio è ancora sproporzionato rispetto all’intera popolazione.

Sebbene l’uso del linguaggio sia stato lentamente reintrodotto nelle comunità, i baschi continuano a non gradire la politica unitaria del governo spagnolo e di quello francese e danno vita ad una quantità di istituzioni autonome e socio-culturali che vengono sistematicamente represse dalle magistrature e dai corpi di polizia.

I baschi in entrambi i lati della frontiera franco-spagnola votano nelle elezioni per non meno di una dozzina di istituzioni diverse" (Astrain). A loro non è stato mai chiesto se volessero una monarchia o una repubblica, se volessero essere incorporati all’interno degli Stati confinanti.

Il rifiuto dei baschi della Costituzione Spagnola è stato completamente ignorato e nessun partito politico spagnolo oggi osa armeggiare con esso per paura delle richieste basche e non c'è stata la minima attenzione al desiderio dei baschi di stare fuori dalla Nato.

I baschi non sono riconosciuti né dalla Costituzione Francese del 1958, né da quella Spagnola del 1978: in esse si parla esclusivamente di popolo francese nell’una e di popolo spagnolo nell’altra. La costituzione spagnola esplicitamente respinge il diritto all'autodeterminazione, avendo diviso il territorio basco in due regioni indipendenti (Comunità Autonoma Basca e Navarra), con due parlamenti regionali, e privando le nazionalità di potere legislativo autonomo.

E' vero che secondo la Costituzione del 1978 ci sono alcuni cittadini che formano la nazionalità basca e sono autorizzati a formare partiti nazionali baschi, ma è anche vero che i loro obiettivi possono essere raggiunti solo se si pongono in quanto "spagnoli". Quindi i baschi non esistono legalmente come tali. Non sono soggetto di alcun diritto politico nazionale che non sia quello spagnolo, poiché la Costituzione include solo il diritto di autodeterminazione per il popolo spagnolo, che è il solo soggetto di sovranità nazionale, sebbene composto da tutte le nazionalità dello Stato, che al tempo stesso fanno parte di una sola nazione, quella spagnola. La Costituzione non spiega come mai una sola nazione possa essere costituita da varie nazionalità.

Successivamente, secondo gli Accordi Autonomici del 1981, tutte le Comunità avrebbero dovuto avere le stesse competenze e nessuna regione avrebbe potuto godere di un particolare status. Ma alla reazione dei baschi e dei catalani, il Tribunale Costituzionale fu costretto a dar loro ragione, dichiarando l’incostituzionalità di alcuni articoli della legge.

I governi di coalizione nel 1993 e nel 1996 hanno poi riconosciuto che i partiti regionali o nazionalisti più significativi sia alla Camera che al Senato (basco e catalano) potevano entrare nell’area di governo nazionale dei partiti.

La grande maggioranza della popolazione basca appoggia l’indipendenza; la costituzione del 1978 fu approvata solo dal 31% dei voti espressi nei Paesi Baschi, mentre il 56% seguì l'appello al boicottaggio lanciato dall'insieme dei partiti nazionalisti; il referendum sullo statuto d'autonomia fu approvato dal 53% dei votanti con il 41% di astensioni.

La polizia basca è autonoma ma non può occuparsi dei reati legati al terrorismo. In materia fiscale la disciplina generale ha permesso la cessione alle comunità del 30% del gettito dell'Irpef concedendo potestà normativa anche attraverso la definizione dell’aliquota, dell’imponibile e delle deduzioni ammesse. La risposta delle Comunità in questa direzione non è stata di aumentare le aliquote, ma di aumentare le deduzioni esistenti o la creazione di nuove.

Oggi il partito Herri Batasuna, avendo come obiettivo l'esercizio del diritto di autodeterminazione del popolo basco, con una concezione decisamente indipendentista, è stato messo fuorilegge, col pretesto che si pone come espressione politica dell'Eta. Per questo si ricerca la realizzazione di un "fronte nazionale" col nazionalismo moderato e, insieme, un accordo politico tra l'Eta e il governo spagnolo, sostenuto da un ampio consenso basco. Anche l'unico quotidiano integralmente in lingua basca, Egunkaria, è stato chiuso.

Attualmente è il Partito Nazionalista Basco che governa i Paesi Baschi: è sostanzialmente un partito democratico-cristiano, con legami molto solidi col movimento operaio basco e con la chiesa cattolica. Il Pnv in quest’ultimo periodo si è radicalizzato in senso indipendentista, a causa della svolta autoritaria del Partito Popolare di Aznar e a causa della volontà di egemonizzare l'insieme del nazionalismo basco, in alternativa a Batasuna. Il Pnv, dopo la decisione del Parlamento di Vitoria, di non sciogliere il gruppo consiliare di Batasuna, ha deciso di andare verso uno scontro frontale con il potere politico madrileno.

Di recente è nata Autodeterminaziorako Bilgunea (AuB) che non solo pretende la piena indipendenza del territorio, ma anche un deciso rifiuto del modello uniformizzatore e globalizzatore imposto dal neoliberismo.

Oggi vi sono nelle carceri spagnole quasi 700 detenuti politici baschi (una cifra pari a quella del periodo franchista) mentre circa 2.000 sono i baschi che hanno lasciato per motivi politici il loro paese. Gli accostamenti del governo di Aznar tra l'Eta e al Qaeda possono essere forieri di ulteriori destabilizzazioni.


Bibliografia

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia della Spagna
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Aggiornamento: 01/05/2015