STORIA DELLA SPAGNA - La seconda repubblica


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Caduta la monarchia alfonsina, il governo provvisorio di coalizione venne formato dai partiti borghesi e dai socialisti, diretti dal repubblicano Zamora. La repubblica del '31 aveva trionfato, inaspettatamente, in 47 capoluoghi di provincia su 51.

Dopo le elezioni per la Costituente, dove per la prima volta viene abolito il sistema uninominale per attuare quello proporzionale con lieve premio di maggioranza, e dopo l'approvazione, alla fine del 1931, della Costituzione, presidente della repubblica diventa Zamora e primo ministro Azaña (1880-1940), che forma un governo di centro-sinistra, con repubblicani e socialisti, escludendo quindi il sempre più moderato Partito Radicale di Lerroux.

Antonio de Rivera, fondatore della Falange

La Costituzione del 1931 prevedeva una repubblica parlamentare monocamerale, con tutte le libertà: di parola, di stampa, di associazione, di culto ecc. Tuttavia il vecchio apparato statale veniva conservato inalterato e piccoli aggiustamenti si cercò di operare nel settore militare.

Da un lato infatti si permetteva a quegli ufficiali che non si sentivano di giurare alla repubblica, perché fedeli al vecchio monarca, di andare in pensione con emolumento completo; si riducevano le divisioni da sedici a otto; si sopprimeva l'Accademia militare generale, fino ad allora diretta dal generale Francisco Franco (il futuro Caudillo).

Dall'altro, ponendosi il problema del controllo dell'esercito, allo scopo di farne cessare le capacità di intrigo e di influenza politica, non si riuscì a fare altro che fondare un nuovo corpo di polizia, che convisse parallelo a quello della Guardia Civile (la polizia spagnola), e cioè la Guardia d'Assalto, comandata da ufficiali fedeli alla repubblica.

Non si risolse in maniera decisiva neppure il gravissimo problema della riforma agraria. E' vero che il governo proibì le disdette dei patti agrari, promulgò la revisione dei contratti stessi, favorendo gli affittuari, e vietò di assumere braccianti fuori dai confini municipali, allo scopo di difendere i salari dei lavoratori agricoli, ma è anche vero che i contadini avevano la possibilità di ottenere piccoli appezzamenti solo pagando un forte riscatto.

Nel corso di due anni vennero suddivisi in tutto 74.000 ettari di terra, mentre il solo duca di Medinaceli ne possedeva circa 79.000 e quello di Penaranda oltre 50.000. Quando si cominciò a parlare di "esproprio", lo si intese solo per quelle proprietà incolte superiori a 22 ettari in Estremadura e Andalusia, in tre province della Castiglia e in una della Murcia.

Quando si cominciò a parlare di esproprio delle terre ecclesiastiche e di abolizione dei privilegi del clero, scoppiò un acceso anticlericalismo nelle campagne, fomentato dagli anarchici, che comportò la distruzione di molte chiese e conventi e l'assassinio di molti prelati (dall'inizio della seconda repubblica alla fine della guerra civile si parla di almeno 10.000 morti).

La Costituzione prevedeva la riduzione della chiesa ad associazione privata, l'abolizione dello stipendio pubblico ai preti, il divieto al clero d'insegnare nelle scuole pubbliche, lo scioglimento delle congregazioni con voti speciali di obbedienza ad autorità statali (i gesuiti dovettero abbandonare il paese), la secolarizzazione dei cimiteri, la rimozione dei simboli del culto dai luoghi pubblici ecc.

La reazione dei cattolici, che inizialmente s'erano mostrati possibilisti nei confronti della repubblica, non si fece attendere: il cardinale di Toledo, Segura, l'ultrareazionario primate della Spagna, abbandonò il paese per protesta, sicuro di provocare sommosse a non finire; poi rientrerà clandestinamente nel paese per organizzare il clero contro la repubblica. Arrestato, venne espulso dal paese.

Sostanzialmente non chiarita rimase anche la questione dell'autonomia regionale: nella nuova Costituzione la Spagna viene definita "Stato integrale" con possibilità di autonomie locali. I catalani (i più evoluti dal punto di vista industriale e sociale) riescono ad ottenere l'approvazione di un loro statuto che prevede un governo autonomista regionale catalano, ma non riescono ad ottenere la stessa cosa i baschi, il cui statuto apparve troppo radicale (anche perché si voleva regolare con un concordato speciale i rapporti tra chiesa e comunità basca).

E comunque lo Statuto catalano chiedeva soltanto l'autonomia amministrativa nelle questioni scolastiche, nei lavori pubblici, nei trasporti, nella giustizia e nella polizia, lasciando al governo centrale i rapporti con l'estero, l'esercito, la dichiarazione di guerra, i servizi postali, le dogane e le imposte indirette.

Si era realizzata la repubblica e ampliata la democrazia borghese, ma gli aspetti concreti dell'economia restavano come prima. P. es. la giornata lavorativa di otto ore, nonché le assicurazioni sociali rimasero più che altro sulla carta.

D'altra parte il movimento operaio spagnolo presentava caratteristiche particolari, che lo differenziavano radicalmente dal resto d'Europa, sia per il netto prevalere dell'organizzazione sindacale sulla forma partito, sia per la larga egemonia esercitata dall'anarchismo, indifferente se non ostile alla partecipazione politica negli organi statali.

Il maggior partito era quello socialista, con 130 deputati, diviso al suo interno in due correnti: la prima, facente capo a Caballero e strettamente legata al sindacato anarchico "Unione Generale dei Lavoratori", si caratterizzava per un sostanziale riformismo; la seconda corrente, che faceva capo a Prieto, espressione di una piccola borghesia intellettuale, radicale e anticlericale, si dimostrava dotata di un maggiore realismo politico, che la porterà poi ad essere la principale alleata del partito comunista.

Quest'ultimo, che risentì notevolmente dell'isolamento conseguente alla politica settaria seguita fino al VII congresso dell'Internazionale comunista, si rafforzò solo verso il 1932, allorché arrivò ad avere 12.000 iscritti e non dopo aver espulso dalle proprie file gli opportunisti e i trotskisti, assumendo, con Diaz e la Ibarruri (la "pasionaria"), una direzione più coerente e risoluta.

Il partito voleva portare la rivoluzione borghese a uno sbocco proletario, in cui anche i contadini potessero beneficiare di una vera riforma agraria. Di qui la proposta di realizzare un fronte unico proletario, che però sulle prime venne rifiutata sia dai socialisti che dagli anarchici.

Gli scioperi comunque aumentavano continuamente e sempre di più diventavano politici. Nel 1931 furono 3.643 con la partecipazione di 1,5 milioni di lavoratori. L'anno dopo solo tra gli operai gli scioperanti erano stati un milione. Diaz fu anche arrestato, anche se, sotto la pressione dell'opinione pubblica, liberato di lì a poco dietro cauzione.

Nelle campagne i contadini incendiavano le case dei latifondisti, confiscandone la terra, il bestiame, l'attrezzatura... In Andalusia, Estremadura e altre regioni si susseguivano gli scontri armati tra contadini e guardia civile. I capitali, grazie alla rete internazionale della chiesa, stavano cominciando a espatriare. La Compagnia di Gesù veniva sciolta nel gennaio 1932.

La situazione per le destre si faceva preoccupante, per cui decisero di formare un'organizzazione reazionaria: la CEDA, guidata da Gil Robles, esponente del fascismo clericale, composto di proprietari fondiari, oligarchia finanziaria, alto clero, gesuiti e ceto militarista. La "Confederación Española de Derechás Autonomas" fu lo sviluppo del partito di destra, "Azione Nazionale", fondato da Herrera, direttore del giornale tradizionalista cattolico El debate.

Già nell'agosto 1932 venne scoperto un primo tentativo revanchista, organizzato da un generale in pensione, Sanjurjo (1872-1936), immediatamente arrestato, ma nel 1934, dopo essere stato amnistiato, trovò ospitalità nel Portogallo del dittatore Salazar.

Ma gli altri generali implicati rimasero ai loro posti e il tentativo golpista spostava a destra gli equilibri politici, tant'è che la borghesia repubblicana tornava a utilizzare come ai tempi della monarchia l'esercito contro i lavoratori. Nel gennaio 1933 a Casas Viejas la Guardia Civile massacrava spietatamente i braccianti in lotta (braceros).

Nello stesso anno si formarono altri due movimenti di destra dichiaratamente fascisti, che poi si unificheranno: le "Giunte di Offensiva Nazionale Sindacalista", vicine al nazismo anche se cattolica, e la "Falange", vicina al fascismo italiano. Quando si uniranno il leader diventerà il figlio dell'ex dittatore de Rivera.

Usando la demagogia, le falsificazioni, il terrore la reazione attirò dalla sua parte una quota considerevole di contadini medi e della piccola borghesia cittadina, finché alle elezioni del 1933 ebbe la meglio. I partiti di governo ebbero solo 98 seggi, il partito di Lerroux ne ebbe 104 e il nuovo partito cattolico ne ebbe 78.

Venne quindi formato un governo filo-fascista guidato dal radicale Lerroux, aprendo, in un clima di incertezze e timori, un periodo di due anni (1934-35) chiamato "biennio nero".

I posti di direzione dell'apparato statale passarono gradualmente nelle mani di elementi clericali e filofascisti. Vennero ripristinati i precedenti privilegi ecclesiastici e sospesa la riforma agraria, liquidate le conquiste dei lavoratori, sottoposta a censura la stampa, bloccata la riforma della scuola, represse le manifestazioni popolari.

Tuttavia le masse non si lasciarono intimidire e verso la metà del 1934 uno sciopero di 100.000 salariati agricoli meridionali durò ben 15 giorni. A Barcellona e Madrid 200.000 operai scesero in piazza per far fallire un'adunata di fascisti.

Andava intanto diffondendosi la proposta comunista di creare un fronte unico antifascista. Ormai nei confronti del Partito Comunista non vi erano più, da parte delle forze di sinistra, le pregiudiziali di un tempo, anche perché vi era stato un cambiamento della linea politica della III Internazionale verso la socialdemocrazia, in seguito alla presa di potere di Hitler in Germania. Sicché il dirigente socialista Caballero prese ad avvicinarsi ai comunisti.

Se ne accorse anche quelli della CEDA, che pretendono un nuovo governo con un certo numero di loro ministri, che rifiutano di giurare alla repubblica, il che provocò grande indignazione in tutto il paese e uno sciopero generale, che però ha successo solo in Catalogna e soprattutto nelle Asturie. Qui addirittura reparti armati di socialisti, comunisti e anarcosindacalisti occuparono le fabbriche d'armi di Oviedo e di Trubia, trasformandosi da semplici alleanze operaie in organi rivoluzionari veri e propri, capaci di dirigere sia la lotta armata che la produzione e i rifornimenti. La rivolta coinvolse più di 27.000 minatori.

La reazione trasferì in tutta fretta nella regione la guardia civile, reparti marocchini e la legione straniera, con l'appoggio dell'aviazione e dell'artiglieria. Comandavano i generali Goded e Franco: quasi 3.000 morti in pochi giorni, 40.000 operai incarcerati.

Purtroppo il proletariato asturiano s'era trovato isolato dal resto del movimento nazionale, perché altrove non vi fu la stessa determinazione insurrezionale e i contadini asturiani non diedero appoggi significativi.

Tuttavia la sconfitta convinse ancor più della necessità di un fronte unico. Infatti alla fine del 1935 la Confederazione Nazionale del Lavoro si fuse con l'Unione Generale dei Lavoratori, i cui iscritti arrivano a circa 1,3 milioni, di cui oltre 300.000 operai. Un milione di persone parteciparono al comizio di Azaña a Madrid nell'ottobre del 1935.

Il Fronte tra comunisti, socialisti, repubblicani, anarcosindacalisti, autonomisti... si formò agli inizi del 1936. Il suo programma chiedeva l'amnistia per i prigionieri politici, il processo ai reazionari per i crimini compiuti nelle Asturie, il ritorno al lavoro dei licenziati per attività sovversiva, la democratizzazione dell'esercito, la distribuzione delle terre ai contadini poveri e ai braccianti, il divieto di espellere i contadini dalle terre prese in affitto, aumenti salariali per gli operai, che avevano anche diritti alla previdenza per gli infortuni, alla pensione e alle, il diritto all'autonomia regionale,  e soprattutto il ripristino di tutte le libertà democratiche.

Il Fronte acquistò un'estensione così preoccupante che il governo, anche a causa di uno scandalo finanziario che coinvolse direttamente il primo ministro Lerroux e buona parte della coalizione, fu indotto a sciogliere le Cortes e a indire nuove elezioni.

Durante la durissima campagna elettorale furono arrestati numerosi leader antifascisti, inasprita la censura e terrorizzata la popolazione con la minaccia di una guerra civile. Il generale Franco chiese addirittura, ma invano, la proclamazione dello stato d'assedio prima della lettura dei risultati elettorali.

Nonostante questo la vittoria nel 1936 andò al Fronte popolare, che conquistò il 48% dei voti, mentre le destre il 46%, ma per il premio di maggioranza le sinistre ebbero il 55% dei seggi. I repubblicani ebbero 126 deputati, i socialisti 99, la sinistra repubblicana di Catalogna 36 e i comunisti solo 17 (quest'ultimi non avevano più di 50.000 militanti organizzati). Gli anarchici, pur non venendo meno ufficialmente al loro principio di non partecipare alle elezioni, di fatto votarono per le sinistre. Nel centro-destra crollava il partito radicale e i falangisti, che ebbero solo 5.000 voti, non guadagnarono neanche un seggio.

Andò al potere un governo formato dalla Sinistra repubblicana e dall'Unione repubblicana, dopo che le Cortes avevano destituito Zamora. Presidente della repubblica fu Azaña (grande latifondista), primo ministro l'autonomista galiziano Quiroga.

Il governo repubblicano decise di non prendere alcuna misura contro le forze reazionarie, né negli apparati statali né in quelli militari. Semplicemente furono esonerati dalle loro funzioni i due generali Goded e Franco, il primo spedito alle Baleari, il secondo alle Canarie. Per il resto ci si accontentò del giuramento di fedeltà alla repubblica e quando i sindacati operai, in particolare la "Confederazione Nazionale dei Lavoratori", chiesero la formazione di milizie popolari, il governo respinse decisamente la proposta, riconfermando la propria fiducia nella lealtà delle forze armate.

Nei quattro mesi successivi alla vittoria del Fronte, le destre scatenarono una rappresaglia in numerose città, distruggendo redazioni di giornali, compiendo omicidi politici e aggressioni, cui risposero con non meno durezza le forze più estremiste della rivoluzione.

Nel marzo 1936 il Partito Comunista, per allargare il consenso popolare, chiese al governo di confiscare le terre ai latifondisti e di distribuirle ai contadini poveri e ai braccianti, chiese anche l'annullamento di tutti i debiti dei contadini, la nazionalizzazione della grande industria, delle banche e delle ferrovie. I socialisti e i repubblicani ritennero premature queste soluzioni.

Eppure ancora due milioni di contadini erano senza terra, otto milioni di loro possedevano meno di un ettaro, il rendimento per ettaro era tra i più bassi d'Europa; 10.000 grandi proprietari possedevano il 67% di tutta la terra, di cui il 50% coltivabile; la chiesa, coi suoi 80.000 preti, frati, suore e monache, aveva oltre 11.000 vastissime proprietà fondiarie; i braccianti si consideravano fortunati se lavoravano un giorno su due. All'inizio degli anni '30 oltre 800.000 capifamiglia non raggiungevano il reddito di una pesetas al giorno.

Nel luglio successivo si formò un nuovo Partito Socialista Unificato che comprendeva varie formazioni della sinistra rivoluzionaria della Catalogna. Intanto gli iscritti al partito comunista nazionale salivano a 84.000, e si unificavano le gioventù socialista e comunista guidate dal comunista Carrillo.

A questo punto la destra pensò seriamente a come realizzare un golpe. Tra i congiurati vi erano i generali Franco, Mola, Sanjurjo, Goded e Queipo de Llano, il banchiere March (1) e, in rappresentanza degli interessi ecclesiastici, il finanziere Urquijo. Essi riponevano tutte le loro speranze eversive nell'esercito e nei falangisti (2), con l'apporto della Legione straniera (3) e delle truppe marocchine. Ottennero anche espliciti appoggi dagli stati maggiori nazifascisti di Italia e Germania. Anche il ricco petroliere olandese Deterding finanziò il progetto. Persino il Vaticano, con l'enciclica Divini Redemptoris del 1937, faceva chiaramente capire da che parte stava.

Il governo, sebbene informato delle trame eversive, non prese misure adeguate per soffocare il complotto, limitandosi a trasferire Franco alle Canarie, Goded alle Baleari e Mola nella Navarra carlista. I ministri repubblicani propendevano per un compromesso con i generali rivoltosi per arrivare a una ricomposizione pacifica della crisi.


(1) Il banchiere ebreo Juan March si arricchì col contrabbando di tabacco dall'Africa alla Spagna durante la prima guerra mondiale e divenne un vero e proprio despota nelle isole Baleari. La sua vasta rete di corruzione lo renderà molto pericoloso per la repubblica. Dall'estero finanzierà giornali, partiti di destra e preparerà il blocco reazionario del 1933. Il governo radicale-cattolico del "biennio nero" lo vedrà particolarmente attivo. Nel 1936 si rifugerà nuovamente all'estero, da dove inizierà a preparare il golpe fascista di Franco, rivolgendosi ai governi inglese, italiano e tedesco per ottenere fondi. In cambio offriva la cessione della baia di Mahon, nelle Baleari, che intercettava le comunicazioni tra Africa e Francia, e Ceuta, nel Marocco, che neutralizzava Gibilterra. Altre postazioni nelle Canarie voleva cederle alla Germania. Fu lui che attrasse nel golpe antirepubblicano il giovane generale Franco, il quale aveva evitato di partecipare ai golpe di Sanjurjo del 1932 e a quelli successivi perché non si sentiva sufficientemente sicuro. Anzi, Franco, sino al 15 luglio 1936, faceva dichiarazioni di lealtà verso la repubblica. March e Sanjurjo si recarono a Berlino subito dopo la sconfitta delle destre nel 1936 per trattare le modalità di un colpo di stato, e il governo hitleriano acconsentì chiedendo in cambio il controllo dell'industria estrattiva spagnola. Gli stessi inglesi erano i maggiori sfruttatori dei giacimenti di pirite (materia prima essenziale per l'industria bellica) nella parte meridionale della Spagna e detenevano in comproprietà coi tedeschi le fucine e le acciaierie di Mieres nei Paesi Baschi. (torna su)

(2) I falangisti si richiamavano al dittatore Primo de Rivera, con spiccate preferenze per i regimi nazista e fascista. Avversavano il sistema capitalistico liberale e preferivano lo Stato corporativo. Non volevano ingerenze clericali negli affari pubblici. Lo Stato per loro doveva essere totalitario, senza parlamentarismo, con la monarchia in subordine. Quindi in sostanza erano squadre d'assalto composte dai figli dei contadini ricchi e da elementi declassati di ogni genere. (torna su)

(3) La legione straniera francese nacque nel 1831 per condurre l’intervento francese in Algeria. Dopo una breve implicazione nella guerra civile spagnola fu consegnata al re di Spagna, ma riformata nuovamente quattro anni dopo, visto che continuava la campagna francese in Algeria. Millán-Astray, il fondatore della Legione straniera spagnola, il "Tercio", chiamò Francisco Franco Bahamonde, futuro dittatore di Spagna, a 27 anni, facendolo diventare il secondo in comando della neonata Legión. Millán-Astray fu anche sostenitore del nazismo e si impegnò a favore del reclutamento di volontari per la "División Azul" che avrebbe combattuto in Russia come 250ma Divisione di Fanteria della Wehrmacht.
Il codice d'onore del legionario si ispirava a quello dei samurai giapponesi e dei gesuiti. Prevedeva obbedienza assoluta, abnegazione totale, spirito di sacrificio e di corpo, feroce aggressività, disprezzo per la morte, anzi la morte in combattimento veniva considerata l'onore più grande. (torna su)


Bibliografia

SitiWeb


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia della Spagna
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Aggiornamento: 01/05/2015