STORIA DELLA SPAGNA - La repubblica


Le origini sino al crollo dei Visigoti - La dominazione araba - La riconquista spagnola - I regni di Spagna - Il regno di Granada - La questione ebraica - L'assolutismo di Carlo V - La decadenza - Il declino - L'assolutismo illuminato - La rivoluzione borghese - La liberazione delle colonie - La guerra carlista - La repubblica - La sinistra - La seconda repubblica - La guerra civile - Franco - Il franchismo - La democrazia - Sovrani spagnoli - Scoperta e conquista dell'America - Euskadi - La Pasionaria - Fonti - Dati e Statistiche - La lingua spagnola - Considerazioni


Nel 1868 maturò la quinta rivoluzione borghese, dopo che le precedenti non avevano portato a un vero rinnovamento del sistema monarchico tardofeudale.

L'ammiraglio Topete dette il segnale della rivolta a Cadice, ben presto seguito da quasi tutti i generali. Nell'esercito la rivolta, guidata dal generale Juan Prim, si concluse con la battaglia di Alcolea (1868): la Regina Isabella II fu costretta a riparare in Francia.

Riunione delle Cortes

L'insurrezione da militare divenne popolare e i contadini cominciarono ad occupare le terre dei latifondisti, mentre la popolazione urbana chiedeva la fine della monarchia borbonica. Da notare che la popolazione del paese era arrivata a 20 milioni di persone, aumentando di 5 milioni in 50 anni.

La direzione del movimento venne però presa dalla grande borghesia finanziaria e commerciale, alleata ai proprietari terrieri liberali, rappresentati dai due partiti, progressista e unionista, entrambi favorevoli alla monarchia ereditaria e quindi intenzionati a concludere in fretta la rivoluzione.

Secondo la nuova Costituzione il re conservava il diritto di convocare e sciogliere le Cortes, il Senato doveva restare composto di alti dignitari e i deputati della Camera potevano essere eletti sulla base del suffragio universale maschile. Poi furono proclamate la libertà di associazione, di stampa, di culto ecc. Si riconobbe anche il matrimonio civile e la giuria popolare. Fu sciolto l'ordine dei gesuiti e chiusi i monasteri fondati dopo il 1837.

La corona venne offerta prima al principe Leopoldo di Hohenzollern, parente del re prussiano Guglielmo I, suscitando grandissima preoccupazione nella Francia, già in rotta coi prussiani (tant'è che nel 1870 dichiarò loro guerra); poi si propose la candidatura di Amedeo di Savoia (duca d'Aosta), secondo figlio del re d'Italia Vittorio Emanuele II, che accettò.

Tuttavia, poiché contadini, operai, artigiani, piccola borghesia non trassero alcun beneficio dal nuovo governo, si formarono numerosi scioperi, tendenti ad abolire la monarchia.

Già nel 1868 si erano costituite nel paese le prime sezioni dell'Internazionale, che tenne il primo congresso nel 1870 a Barcellona. Grande influenza esercitarono su queste sezioni gli anarchici bakuniniani, che disprezzavano la lotta politica parlamentare e non prendevano in considerazione le istanze operaie nell'industria, tanto che nel 1872 espulsero il gruppo marxista. Il governo temette queste sezioni e le fece chiudere.

La rivoluzione borghese aveva rimesso in moto anche la lotta di liberazione delle colonie, che, sempre nel 1868, vide l'insurrezione a Cuba e a Portorico.

La politica economica del governo non soddisfaceva affatto le esigenze della borghesia industriale di Catalogna, Galizia e delle Province Basche, in quanto si rifiutava di mettere delle tariffe doganali protezionistiche, a tutela dell'industria nazionale, ancora troppo debole nei confronti dei paesi capitalistici avanzati. Si preferiva cioè favorire gli industriali stranieri, in grado di pagare subito l'uso delle miniere di ferro, carbone, rame ecc. Inoltre il protezionismo industriale danneggiava i produttori agricoli, gli agrari, che temevano sui loro prodotti una ritorsione da parte dei paesi europei.

La base rivoluzionaria avanzò anche la proposta di istituire uno Stato repubblicano federale, che assicurasse la maggiore autonomia possibile alle regioni storiche del paese.

La situazione però si complicò quando alla morte di Carlos VI era subentrato il nipote Carlos VII (1848-1909), il quale, vedendo allontanarsi la possibilità di una restaurazione, aveva dato il segnale della sollevazione: era la terza guerra carlista (1872-76).

All'inizio del 1873, privo di appoggi effettivi in un paese sconvolto da crisi e disordini, Amedeo di Savoia, dopo 26 mesi di governo, si dimise. Le Cortes finirono col proclamare la repubblica.

I federalisti liberali, guidati da Pì y Margall, proposero di rateizzare le condizioni di vendita delle terre ecclesiastiche e demaniali, al fine di aiutare i contadini con poca o senza terra. Non fu tolto però ai proprietari terrieri il diritto di licenziare in qualunque momento i lavoratori agricoli (coloni, mezzadri ecc.). Le riforme agrarie non andarono oltre queste facilitazioni, per cui suscitarono forti delusioni.

Altre proposte furono quelle di vietare l'occupazione dei fanciulli nella produzione, di istituire tribunali misti di rappresentanza delle classi imprenditoriali e operaie (per le controversie lavorative), di introdurre l'istruzione generale e gratuita, di separare la chiesa dallo Stato, di estendere alle colonie spagnole la legislazione vigente nel paese.

Le forze più estremiste, appoggiate dagli anarchici, non si accontentarono della fine della monarchia, ma, cercando di saltare tutte le fasi intermedie, volevano anche la fine dello Stato, per cui iniziarono a fare insurrezioni di tipo "cantonale", in cui ogni città si dichiarava indipendente dalle altre (Siviglia, Cordova, Granada, Malaga, Cadice, Cartagena, Valenza ecc.). Mancava del tutto una direzione unitaria delle sommosse e un unico piano d'azione.

Privo di consenso, Pì y Margall diede le dimissioni e i repubblicani di destra, che lo sostituirono (Salmeron e Castelar), soffocarono tutte le insurrezioni cantonali.

Fatto questo, i fautori della monarchia ne approfittarono per compiere un golpe con cui schiacciare definitivamente la rivoluzione. I generali Serrano e Pavìa rimisero in vigore la Costituzione monarchica del 1869, finché nel 1874 il generale Martínez de Campos si "pronunciava" a Sagunto, proclamando la restaurazione monarchica nella persona di Alfonso XII (1874-85), figlio della deposta Isabella II. Il primo governo fu presieduto da Cánovas del Castillo, esponente dei grandi proprietari terrieri.

Nel 1875 esistevano praticamente due soli partiti parlamentari: il conservatore, guidato da Cánovas, e il liberale, guidato da Sagasta, entrambi filomonarchici. I due leader, vicini al modello inglese, si alternavano nella carica di capo del governo. Le differenze stavano solo nelle questioni di politica doganale (p.es. unanime fu la decisione di liquidare gli ultimi resti dell'antica autonomia basca in nome dell'unità nazionale spagnola). D'altra parte non erano le maggioranze parlamentari a creare i governi ma il contrario. Il golpe del '74 fu soltanto una correzione della traiettoria seguita dopo il 1868: nei fatti rivoluzionari e restauratori consolidarono interessi comuni.

In questo periodo si attuò una duratura pacificazione con la chiesa, che si rassegnò ai nuovi equilibri e a rinunciare all'Inquisizione, ma che in compenso vide accrescere il proprio ruolo nell'istruzione e le proprie prebende statali. Non a caso aumentò di molto il numero dei conventi e delle associazioni religiose.

Venne anche portata avanti la costruzione di una inadeguatissima rete stradale e ferroviaria.

La rivolta carlista ebbe termine nel 1876, quando, sconfitto a Estella, in Navarra, Carlos VII decise di passare la frontiera francese con quanto restava del suo esercito, al quale rivolse l'ultimo discorso salutandolo con lo storico "Volveré!", "Tornerò!", consegna delle generazioni carliste venture ed espressione della fedeltà alla monarchia tradizionale. Infatti delle formazioni carliste combatteranno a fianco di Franco nella guerra civile (1936-39) e saranno infine incluse nella Falange.

La morte di Carlos VII, avvenuta nel 1909, precipiterà i carlisti in un lutto profondo e, dopo una fase di sbandamento, sarà invitato alla guida del movimento Don Jaime di Borbone (1870-1931), figlio di Carlos VII, che prenderà il nome di Jaime III.

Dopo la morte di Alfonso XII, cui seguì l'intronizzazione della reggente M. Cristina de Las Mercedes (1885-86) e, nel 1902, del figlio Alfonso XIII (1886-1931), si stipulò il "Patto di El Pardo", con cui i partiti parlamentari s'impegnavano a difendere la monarchia.

Nel 1876 una nuova Costituzione viene redatta dal partito conservatore guidato da Cánovas, che resterà in vigore fino al 1923. Si approvò una legge che stabiliva il suffragio universale maschile, ma fu conservato il sistema di falsificazione delle elezioni ormai consolidatosi in Spagna. I "cacicchi" infatti erano in grado di pilotare le votazioni in ambito locale. (1). Quindi il parlamentarismo di questo periodo non ebbe mai alcun aspetto veramente democratico.

Nonostante la borghesia avesse rinunciato a lottare contro gli agrari, il capitalismo continuava a svilupparsi e aumentava il numero degli operai (prevalentemente minatori e tessili), che dal 1860 al 1896 passò da 176.000 unità a 244.000.

L'export era alimentato principalmente dall'estrazione mineraria, affidata al capitale inglese, francese, belga e tedesco. Francesi e belgi gestivano anche la rete ferroviaria e i trasporti urbani. I tedeschi dominavano anche l'industria chimica.

Quanto all'agricoltura, essa in generale non conobbe l'uso delle macchine sino al 1890, dopodiché si cominciò a importarne dall'estero. I salariati agricoli erano tantissimi e spesso emigravano verso le città; al massimo i contadini sottostavano a contratti d'affitto assai poco vantaggiosi.

Era ampiamente sfruttato il lavoro delle donne e dei fanciulli nell'industria leggera e pesante (nel 1881 i fanciulli costituivano il 15% di tutti i minatori).

La giornata lavorativa nel 1895 era quasi sempre di 12 ore, senza alcuna forma di protezione o di sicurezza dagli incidenti e dalle malattie, per cui la mortalità era altissima.

Nel 1879 fu fondato nell'illegalità il "Partito democratico socialista operaio", guidato da Iglesias e Mesa. Uscì dalla clandestinità nel 1881 e sette anni dopo tenne a Barcellona il suo primo congresso legale. Non aveva legami col mondo rurale, ma solo con quello operaio: edili, metallurgici e soprattutto minatori, e prevalentemente nella zona di Madrid e delle Asturie. Aveva aderito alla II Internazionale. Sarà solo nel 1887 che la legge, istituendo la libertà di associazione, farà uscire dalla clandestinità questo e altri movimenti popolari (la Lega di Catalogna, il Partito Nazionale Vasco).

Nel 1888 si formò il sindacato socialista "Unione Generale dei Lavoratori", che verso la fine del secolo contava circa 15.000 aderenti (in maggioranza baschi, asturiani e madrileni), mentre in Catalogna e Andalusia gli operai industriali e agricoli restavano influenzati dall'anarchismo (2) della "Confederazione Nazionale del Lavoro", numericamente più forte.

A partire dal 1890 gli anarchici, temendo la "concorrenza" dei socialisti, presero a organizzare vari scioperi di braccianti rurali e di contadini intenzionati a occupare le terre, e anche a compiere vari atti terroristici, il più grave dei quali fu l'assassinio del primo ministro Cánovas (1897). Anche il sindacato socialista aveva preso a organizzare scioperi economici, coinvolgendo sempre più operai.

Intanto nei possessi coloniali scoppiarono alcune insurrezioni a Cuba, nelle Filippine, a Portorico, nell'isola di Guam (arcipelago delle Marianne), spesso sostenute dagli Usa, intenzionati a sostituirsi alla Spagna nel controllo del continente americano. Persino la Germania la costrinse a venderle le isole Caroline, le Marianne e le Palau. Sicché alla Spagna restavano soltanto, di significativo, la Guinea e alcune postazioni nel Marocco settentrionale. Il disastro coloniale fomenta un sentimento di rivincita, che si estrinseca però solo nelle emigrazioni di massa verso l'America Latina.

La sconfitta della guerra con gli Usa gettò molto discredito sui due partiti monarchici e nel 1898 emersero alcuni importanti intellettuali progressisti e repubblicani. (3) Di tendenza repubblicana era anche il movimento per l'autonomia nazionale, diffuso soprattutto in Catalogna. I gruppi repubblicani si fusero nel 1903 nell'Unione Repubblicana.

All'inizio del XX secolo 5.000 proprietari fondiari possedevano il 45% dell'intero patrimonio terriero nazionale, mentre molti milioni di contadini prendevano in affitto dei piccolissimi pezzi di terra a condizioni capestro; ben 2,5 milioni erano i braccianti del tutto privi di terra. Oltre il 60% della popolazione era analfabeta e la chiesa cattolica ne approfittava per tenerla culturalmente sottomessa.

Di fronte agli scioperi di massa, il governo non seppe fare altro che tentare di occupare il Marocco. A Barcellona si opposero al decreto governativo per la mobilitazione dei riservisti. Il governo Maura dichiarò lo stato d'assedio e fucilò molti capi della sommossa, tra cui il pedagogista anarchico Francesco Ferrer, suscitando lo sdegno internazionale (“settimana tragica” di Barcellona, 1909).

Intanto nel 1910 i repubblicani liberali lusitani, con l'aiuto dell'esercito, rovesciarono la dinastia dei Braganza portando all'instaurazione della repubblica.


(1) In ogni zona del paese il sistema di potere si basava sul dominio di un cacique, che poteva essere o un ricco proprietario terriero o un contadino ricco o il parroco o un capo militare o un burocrate influente. Costui, col pieno appoggio della chiesa, della polizia e dell'esercito, dominava su tutti gli aspetti della vita socioeconomica della zona, per cui di fatto ne era anche il leader politico. Infatti formava le liste elettorali e la popolazione bracciantile e contadina votava secondo i suoi suggerimenti, sia per paura che per clientelismo. In caso contrario si provvedeva impunemente ai brogli elettorali. (torna su)

(2) L'anarchismo, che in Spagna ha sempre avuto una grande influenza, fu portato nel paese nel 1868 da un ingegnere napoletano, Giuseppe Fanelli, seguace di Bakunin. Le zone di massima diffusione furono quelle più povere (Andalusia e tutto il sud contadino e bracciantile), ma anche nella benestante Catalogna, ove la negazione dello Stato centralista e l'anticlericalismo sono stati sempre molto forti, ben prima della diffusione delle idee anarchiche. Senza considerare che la maggioranza degli operai catalani spesso proveniva proprio dall'Andalusia. (torna su)

(3) La cosiddetta "Generazione del '98" promosse opere di grande valore: in filosofia e letteratura si possono segnalare Unamuno, Machado, Azorin, Baroja, Valle-Inclan, Garcia Lorca, Bergamin; nella musica De Falla e Granados; nella pittura Pablo Picasso. (torna su)


Bibliografia

Download


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia della Spagna
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 01/05/2015