PLOTINO: l'estasi

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PLOTINO: l'estasi

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Giuseppe Bailone

La parola, in greco, indica il trovarsi fuori di sé, l’uscire da sé.

E’ il punto d’arrivo eccezionale e momentaneo dell’avventura filosofica. E’ l’incontro con l’Uno. Nell’estasi l’anima esce fuori da sé e s’identifica con l’oggetto della sua visione e del suo desiderio. E’ un evento molto raro e breve durante la vita dell’anima nel corpo (Plotino l’avrebbe raggiunto quattro volte soltanto)1 ed anticipa, per così dire, la realizzazione piena, possibile solo dopo aver abbandonato il corpo, della vocazione dell’anima: il ritorno alla sua sorgente.

Il ritorno dell’anima alla sua sorgente è possibile, perché, per quanto in basso sia scesa nel processo di emanazione, essa conserva sempre un legame con l’origine. La metafisica di Plotino stabilisce una continuità ontologica tra l’Uno e le cose che ne derivano per emanazione. Essendo il mondo generato, non creato dal nulla, conserva in sé qualcosa di divino anche se via via degradante. L’uomo, pertanto, può sempre invertire la direzione della sua attenzione e puntarla verso l’alto, verso ciò che è superiore, affinando la riflessione e, poi, realizzando la contemplazione delle Idee e del Nous.

In questo processo di perfezionamento, l’amore e l’arte sono, come insegnava Platone, di valido aiuto.

Arrivata, però, al Nous, l’anima deve fare un passo ulteriore e definitivo verso la sua identificazione con l’Uno. Ma, come l’Uno è propriamente impensabile e ineffabile, così è anche questo passo ultimo dell’anima: se ne può parlare solo per allusioni metaforiche e descrivere solo per via negativa.

“Ecco perché la visione è difficile ad esprimersi. Infatti, in che modo si potrebbe dar notizia di Lui come di un diverso, quando chi lo vide non lo vide diverso durante la contemplazione, ma lo vide una cosa sola con se stesso?”2

“Questo non è più una visione, ma un modo diverso di vedere: estasi e semplificazione e dedizione di se stesso e desiderio di contatto e quiete e comprensione di congiunzione (…) Tutto ciò è soltanto un’immagine, un modo allusivo, di cui si servono i profeti sapienti per indicare come il Dio supremo va contemplato”.3

Siamo all’abolizione completa dell’alterità tra colui che vede e l’oggetto della visione, alla totale ed estatica identificazione dell’anima con Dio.

Partita alla ricerca della verità, l’anima si perde in essa e trova pace in questo suo annullamento.

Questo approdo mistico e solitario risponde a bisogni religiosi molto diffusi nel mondo di Plotino, ma la filosofia di Plotino si presenta anche come alternativa all’indirizzo “materialistico” di Democrito, indicato come incapace di andare a fondo nella conoscenza delle cose. Arrivati all’Uno e all’estasi, impensabili e ineffabili, se il bisogno religioso può dirsi in pace, non altrettanto può dirsi del bisogno di conoscenza.

Il principio di ogni cosa sfugge non solo all’osservazione empirica, alla riflessione razionale, ma, anche alla contemplazione intellettuale.

Un democriteo potrebbe dire di esso che “con l’aria di spiegare tutto, non spiega nulla; ed è un asilo dell’ignoranza o della ragion pigra”.4

Resta, però, da sottolineare che questo approdo mistico non avviene per fede, né per pratiche magiche o per conoscenze esoteriche.

Non avviene neppure per grazia divina, per dono di Dio. Le idee di grazia e di dono sono incompatibili con la concezione delle divinità di Plotino. Anche l’idea di redenzione, centrale nel cristianesimo, è estranea a Plotino.

L’uomo può con le sue forze, per il legame che l’anima mantiene con l’Uno, convertirsi, voltarsi per il ritorno e realizzarlo con la ragione. L’uomo di Plotino non si abbandona all’iniziativa divina, ma può, con le sue forze, con ciò che di divino c’è in lui, avvicinarsi alla divinità.

L’estasi è il frutto umano della ragione che consuma tutte le sue possibilità e supera se stessa.

L’umanesimo di Plotino non affida la realizzazione dell’uomo all’iniziativa divina che integri le sue insufficienti forze: l’uomo può e deve avvicinarsi agli dei, imitarli, perché ne ha i mezzi.

L’autonomia umana, anche nella teoria dell’estasi, è ciò che distanzia profondamente la filosofia di Plotino, erede del pensiero greco, dal messaggio cristiano.

La teoria dell’estasi completa la risposta alla domanda con la quale abbiamo incominciato la visita a questo filosofo: se la nascita e il corpo sono il nostro punto più basso nel processo di derivazione dall’Uno, se la nostra vera patria, la nostra Itaca, è lassù, al di sopra delle condizioni spazio-temporali, non c’è motivo di essere orgogliosi di “essere in un corpo”, né ragioni per far durare nel tempo la sua immagine attraverso il ritratto di un abile pittore, né vale la pena di fissare in biografie i dati sui luoghi e sulle condizioni della nascita.

Siamo all’estremo opposto del Cristianesimo che ha nel Natale la festa più importante e la resurrezione dei corpi tra i suoi articoli di fede fondamentali.

Note

1 Così scrive Porfirio nella sua Vita di Plotino, 23. Porfirio aggiunge che a lui quell’esperienza è riuscita una sola volta, ed ha già sessantotto anni, due in più di quanti ne ha vissuto Plotino.

2 Enneade, VI, 9, 10.

3 Enneade, VI, 9, 11.

4 N. Abbagnano, Dizionario di Filosofia, alla voce “Vitalismo”.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2009-10 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 12 dicembre 2009

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015