PLOTINO: l'anima

TEORICI
Politici Economisti Filosofi Teologi Antropologi Pedagogisti Psicologi Sociologi...


PLOTINO: l'anima

I - II - III - IV - V - VI - VII - VIII - IX - X - XI - XII - XIII - XIV - XV

Giuseppe Bailone

Le montagne impongono con forza la loro esistenza: sono grandi, immobili e pesanti. Sono vistose ma poco reali. Più i corpi sono divisibili, pesanti e privi di movimento, come le montagne, e meno sono reali.

“C’è meno essere nella terra che è immobile, che non in un corpo più mobile e meno pesante (…) Più i corpi bastano a se stessi e meno essi molestano e si oppongono agli altri; i corpi più pesanti e più terrestri che vengono meno e cadono incapaci di risollevarsi, cadono per la loro debilità e cadendo colpiscono (gli altri) a causa della loro inerzia. Poiché sono i corpi senza vita che si urtano più spiacevolmente e colpiscono violentemente e danneggiano; i corpi animati, invece, che partecipano dell’essere, quanto più ne partecipano, tanto più sono miti coi loro vicini. Il movimento, che è come la vita dei corpi ed immagine di essa, si trova specialmente in quelli che hanno meno corporeità; come se un corpo, abbandonato dall’essere, diventasse maggiormente corpo (…) Un corpo tanto più è corpo quanto più è passivo: così la terra è più corporea delle altre cose (…) Gli altri corpi, quando sono divisi, riuniscono di nuovo le loro parti, se nulla vi si oppone; ma se si divide in due una cosa fatta di terra, ciascuna delle due parti rimane separata. E come gli esseri invecchiati per effetto di natura sono tali che, per il più piccolo urto, ne rimangono colpiti e danneggiati, così ciò che è corpo per eccellenza in quanto si avvicina di più al non essere, è impotente a ricomporsi in unità. La caduta è causa di urti pesanti e violenti, cioè di azioni di un corpo sopra un altro: un essere debole cadendo su un essere debole è forte rispetto a questo, è un non – essere contro un non – essere”.1

Le cose sono nella misura in cui bastano a se stesse.

Meno bastano a se stesse e più sono ingombranti, immobili, divisibili, pesanti e anche violente.

L’anima non pesa, non ingombra, ma è più reale dei corpi. Per arrivare ad essa bisogna osservare l’unità, il movimento e la vita dei corpi.

Il peso, l’ingombro e la violenza delle cose sono inversamente proporzionali alla realtà delle cose, mentre la leggerezza e la grazia sono segno di consistenza reale e di presenza in esse dell’intelligibile, dell’anima.

L’anima svolge diverse funzioni, da quelle del movimento e della vita fino a quella più alta della contemplazione.

Nell’uomo l’anima arriva a riflettere e progettare, a porsi dei fini e a cercare i mezzi per raggiungerli. E’ un’attività di cui l’uomo va fiero, ma non è l’attività più alta che l’anima può realizzare: segnala i limiti in cui l’anima si trova in questo mondo fisico.

“Ha luogo la riflessione soltanto quaggiù, quando l’anima è nell’incertezza e piena di ansie e in condizioni di maggior debolezza: aver bisogno della riflessione è per l’intelligenza una diminuzione delle propria autosufficienza. Così è anche nelle arti: la riflessione soccorre gli artisti quando sono incerti, ma quando non c’è alcun ostacolo l’arte domina e crea”.2

La distinzione tra arti utili e arti belle ci porta nella stessa direzione in cui ci spinge la distinzione tra artificio e vita: segnala l’insufficienza che caratterizza il mondo sensibile, un mondo che non ha nella sua natura sensibile la propria ragion d’essere, un mondo che rimanda ad un altro, il mondo intelligibile, per essere capito. L’insufficienza del mondo sensibile spinge l’anima incarnata alla ricerca di mezzi per rispondere ai bisogni prodotti dall’insufficienza, ad operare tecnicamente, prospettando fini da raggiungere con mezzi adeguati da trovare con la riflessione. La tecnica nasce dai limiti che l’anima incontra quando è nel corpo, ma, quando l’anima ci ha fatto, non ha agito tecnicamente, non ha eseguito un progetto pensato prima, non ha agito per riflessione. Noi possiamo capire questa attività non progettuale dell’anima, perché anche noi abbiamo momenti di attività artistica libera, creativa, non riflessiva, e di attività contemplativa. Anche quando è presente nel nostro corpo l’anima ha momenti in cui la sua autosufficienza è piena e diventiamo capaci di attività libere creative, non legate al bisogno, e produciamo cose belle o ci fermiamo in contemplazione.

La natura riflessiva, strumentale, utile, della tecnica segnala la sua condizione di attività spirituale di grado inferiore, quando l’anima “è nell’incertezza e piena di ansie e in condizioni di maggior debolezza”. Non dobbiamo, quindi, pensare il mondo naturale come un prodotto tecnico.

Il mondo non è stato fatto come avremmo potuto farlo noi, riflettendo e progettando, o come potremmo rifarlo se i nostri mezzi tecnici fossero potenziati all’infinito. Il mondo non è opera di un onnipotente ingegnere divino. Dobbiamo guardare alle attività superiori dell’anima, non a quelle inferiori, quand’essa è in difficoltà, per spiegare il mondo naturale.

Plotino fissa un limite metafisico decisivo per la tecno – scienza.

Democrito porta fuori strada: si fa guidare dalle difficoltà e dalle debolezze dell’anima invece che dalle sue virtù più alte.

Plotino dedica all’anima molte pagine. In particolare ne parla nei nove trattati che Porfirio ha raccolto nelle quarta enneade.

I corpi sono costituiti di parti e sono divisibili, ma, l’anima è indivisibile e divisibile, una e molteplice. In quanto essere intellegibile l’anima è indivisa, ma, in quanto presente nel mondo sensibile, partecipa della divisibilità propria dei corpi.

“L’anima è lassù indivisa; ma appartiene alla sua natura di essere divisa. La sua divisione consiste nell’allontanarsi di lassù e nel venire in un corpo”.3

Per adeguarsi e agire come corpo, l’anima si articola nelle parti del corpo, ma nella sua essenza resta indivisa: essa è presente tutta intera e unita in ogni parte del corpo; si diffonde in tutte le parti del corpo e si specializza nelle diverse funzioni vegetative, sensitive e di pensiero ma resta una.

L’anima “consiste di un’essenza che resta in alto e di una che viene quaggiù e che dipende da quella e che procede sin qui come un raggio dal centro. Discesa quaggiù, essa contempla con quella stessa parte con la quale conserva la sua essenza totale. Poiché anche quaggiù essa non è soltanto divisa, ma anche indivisibile: ciò che di essa si divide, si divide infatti senza dividersi in parti. Essa si dà infatti a tutto il corpo: in quanto si dà tutta a tutto il corpo è indivisa; ma poiché è in ogni parte del corpo è divisa”.4

La presenza dell’anima è segnalata dalla vita delle diverse parti del corpo.

L’anima s’incarna in un corpo non infilandosi in una materia preesistente e animandola, mettendosi alla guida di corpo come fa il nocchiero su una nave, ma facendosi corpo. Proprio con riferimento alla metafora del nocchiero, Plotino la rovescia, così come rovescia quella della luce nell’aria: non è l’anima ad essere dentro il corpo ma è il corpo ad essere dentro all’anima.

“Diremo dunque che l’anima è presente nel corpo come la luce è presente nell’aria? Certamente, anche la luce, pur essendo presente, non vi è presente: penetra da per tutto ma non si mescola con nessuna cosa e, mentre l’aria se va, essa rimane; e quando l’aria esce dal campo luminoso, scorre via senza conservar nulla, ma finché è sotto i suoi raggi, ne è illuminata. Perciò sarebbe più giusto dire che l’aria è nella luce, piuttosto che la luce è nell’aria. Anche Platone5 ha dunque ragione quando non pone l’Anima dell’universo nel corpo, ma il corpo nell’anima: egli dice che v’è una certa parte dell’anima in cui c’è il corpo, ma che ce n’è un’altra in cui non c’è affatto corpo, cioè le potenze dell’anima di cui il corpo non ha bisogno. Si deve dire lo stesso anche delle altre anime”.6

La vita nella materia rimanda all’anima, l’attività dell’anima nei corpi rimanda al mondo intellegibile cui l’anima appartiene. Le diverse anime rimandano all’Anima del mondo, di cui esse sono articolazioni, “sorelle”, dice Plotino.

Sorelle e figlie del Nous.

Il rinvio al Nous, padre comune, spiega perché le anime siano sorelle e non figlie dell’Anima del mondo e perché “ciascuna resta unità e, nello stesso tempo, sono tutte unità”.7

“Le anime derivano da una sola e queste molte anime, derivate da una sola, come il Nous, sono divise e indivise; l’anima che sussiste è l’unica parola del Nous e da essa derivano parole particolari e immateriali, come è lassù”.8

Note

1 Enneadi, III, 6, 6.

2 Enneadi, IV, 3, 18.

3 Enneadi, IV, 2, 1

4 Enneadi, IV, 2, 1.

5 Timeo, 36 D-E.

6 Enneadi, IV, 3, 21 e 22.

7 Enneadi, IV, 3, 5.

8 Enneadi, IV, 3, 5.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2009-10 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 13 novembre 2009

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 26-04-2015