LA GENESI DEL CAPITALISMO E LE ORIGINI DELLA MODERNITA'

di Adriano Torricelli

-- Il feudalesimo europeo e l’ascesa delle libere città medievali --

La società feudale o delle curtes fu da molti punti di vista l'esatta negazione della precedente organizzazione statalista romana e imperiale. Essa fu difatti caratterizzata dall'assenza quasi totale dello stato, ovvero di un centro di potere politico direttivo di qualsiasi natura, dalla più alla meno dispotica. Il mondo reale si era oramai disgregato in una miriade di isole territoriali pressoché autonome tra loro sia politicamente che produttivamente.

La società feudale fu peraltro, quantomeno nella sua variante europea, la realizzazione di un tipo di organizzazione molto insolita nella storia mondiale: estremamente chiusa e statica da alcuni punti di vista, ma da altri al tempo stesso contenente quei profondi elementi di instabilità e dinamismo politico e istituzionale dai quali – come vedremo – sarebbe in seguito sorta la moderna società capitalistica.

Pur molto rigida al livello delle curtes, le microstrutture territoriali da cui era composta, organizzate come tutti sanno sulla base di una severa gerarchia di ruoli che andavano dal feudatario ai semplici contadini o servi della gleba e che – nota giustamente Pellicani (pag. 162) – ricorda in piccolo la struttura degli stati dispotici orientali, cionondimeno tale società era caratterizzata da uno stato di guerra pressoché costante, dovuto alla mancanza di autorità politiche riconosciute, capaci di conservare un ordine reale nella selva degli interessi e dei conflitti locali. Ciò poiché, afferma l’autore, dopo la caduta dell’Impero romano la società europea “si trasformò in un mosaico di poteri solo formalmente dipendenti gli uni dagli altri” (pag. 159).

Del resto, anche le due istituzioni universali, il Papato e l'Impero, il cui ruolo avrebbe dovuto essere quello di garantire l'ordine e la continuità politica, non erano in grado di convivere senza confliggere tra loro per questioni di superiorità istituzionale.

Questo caos e questa anarchia generalizzati costituirono l'humus alla base della rinascita delle città-stato: un evento che ebbe luogo a partire all’incirca dall’XI secolo, dopo un lungo periodo di “letargo” dei centri urbani, e che decretò alla lunga la nascita della società capitalistica moderna.

A proposito di un tale rapporto genetico tuttavia, si potrebbe giustamente obbiettare che le città sono sempre esistite, tanto nelle epoche precedenti quanto in quelle seguenti al feudalesimo, e che sempre sono state sede, oltre che di attività amministrative e burocratiche (ciò che è vero in particolare per gli stati dispotici), anche dei commerci e della produzione specializzata. Eppure, in tutti questi casi, la presenza e il rigoglio economico delle città non diede affatto vita a un'organizzazione di tipo capitalista, se non forse in casi rarissimi come quello ateniese (per il quale comunque, come abbiamo già detto, una tale definizione deve essere intesa con una certa cautela).

Come accadde allora che proprio le città europee del periodo feudale riuscissero a inaugurare una tale rivoluzione? Quali caratteristiche a esse peculiari poterono determinarla?

La ragione di ciò risiedé – spiega l’autore – nell’indipendenza di cui esse goderono nei confronti delle campagne (sedi dei poteri feudali) da una parte, e dei poteri statali o universali (peraltro, come si è appena detto, al tempo davvero molto deboli) dall'altra. Nel caso delle città medievali allora, la definizione di “città-stato” deve essere intesa in senso del tutto letterale, trattandosi di comunità politiche confinate all’interno delle proprie mura e dotate di veri e propri poteri statali.

In un paragrafo successivo ci occuperemo della vita interna di questi strani organismi politici. Qui avanti, invece, voglio occuparmi del rapporto che essi intrattennero con il mondo feudale circostante, ovvero in sostanza del modo in cui riuscirono a difendere e a preservare la propria sovranità dagli attacchi di coloro che volevano negarla o limitarla a proprio vantaggio.

A questo proposito, il discorso di Pellicani si basa sull’idea che le città medievali riuscirono a sfruttare a proprio favore la frammentazione di potere che le circondava, utilizzando efficacemente il disordine politico imperante come strumento per smarcarsi dai tentativi di asservimento.

Ma quali erano, nel dettaglio, gli elementi che minavano dalla base l’integrità della società feudale europea? Dal discorso di Pellicani, mi pare, se possono enucleare all’incirca quattro: il primo, il più ovvio, è la frammentazione territoriale e politica; il secondo è la lotta tra Papato e Impero; il terzo è la presenza di due idee contrastanti di sovranità (che potremmo definire ascendente o “democratica” l’una e discendente o “aristocratica” l’altra); il quarto infine, è la tendenza, affermatasi a partire all’incirca dal X secolo, a una sorta di “vassallaggio multiplo” da parte dei valvassori, che fu ovviamente all’origine di conflitti di giurisdizione permanenti tra le diverse signorie feudali. Tali fattori, come è facile immaginare, concorsero a determinare quella profonda instabilità istituzionale che diede alle città la possibilità, giocando su alleanze e adesioni temporanee e strumentali, di non farsi assorbire in orbite di potere esterne e di mantenere così il proprio diritto all’autodeterminazione.

Per usare le parole dell’autore stesso, si può allora affermare che “l’anarchia feudale e la conseguente conflittualità permanente che lacerarono le viscere della società europea offrirono alle città, nella misura in cui queste riuscirono a conquistare la piena autonomia politica, la chance di svolgere un ruolo eterogenetico: esse, in realtà, costituirono il primo abbozzo di un tipo di civiltà inedita, centrata sul mercato, l’individualismo acquisitivo-competitivo, la sperimentazione in tutti i campi, la democrazia rappresentativa, lo stato di diritto e il razionalismo” (pag. 173).

La debolezza politico-istituzionale della società medievale fu dunque, secondo un tale bilancio, il fattore ultimo all’origine dell’insorgere del fenomeno delle libere città e, con esse, dei germi di quella civiltà acquisitiva e competitiva basata sui mercati (con tutto ciò che ovviamente ne consegue) che avrebbe caratterizzerato la successiva età moderna.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Economia
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 12-09-2014