LA GENESI DEL CAPITALISMO E LE ORIGINI DELLA MODERNITA'

di Adriano Torricelli

PREMESSA

Ho scoperto e acquistato questo testo (tra l’altro proprio nella sua prima edizione, cioè quella segnalata sopra, cui ha fatto seguito nel 2006 l’edizione Marco) in modo del tutto casuale su una bancarella di Milano. Il volume ha subito attratto la mia curiosità poiché, già dal titolo, mi era chiaro che concerneva tematiche che, nel mio piccolo, avevo a lungo studiato e dibattuto. La sua lettura ha peraltro – e lo dico con grande piacere – sostanzialmente confermato le idee che su questo argomento avevo sviluppato nelle mie precedenti ricerche, al tempo stesso però integrandole e arricchendole con spunti per me nuovi, di carattere soprattutto metastorico.

Qui avanti non pretendo di fornire ai lettori una sintesi pedissequa e completa di un testo tanto lungo e complesso. Quel che piuttosto mi propongo di fare, è mettere in luce le idee principali in esso sviluppate. Solo in una seconda e più breve parte del mio lavoro, esporrò il mio punto di vista su alcuni concetti in esso espressi. Laddove infine, nell’esposizione del suo contenuto, cederò alla tentazione di arricchire il discorso originale con osservazioni personali, prometto di informarne sempre il lettore.

(a) L’opera di Pellicani

Anzitutto è necessario inquadrare l’oggetto della ricerca di questo testo. Come si può capire dal titolo, esso tenta di individuare e descrivere i fattori storici all’origine della genesi e della graduale affermazione del capitalismo in Europa.

Ma la domanda su questi fattori si trasforma presto in un’altra, più specifica, che cerca di individuare le differenze salienti tra Europa e non Europa. L’autore infatti, a partire dalla constatazione che nessuna civiltà extraeuropea è arrivata in modo indipendente (ovvero prescindendo dall’influenza culturale e politica del nostro continente) a svilupparsi in senso capitalistico, si chiede quali fattori specifici della nostra storia e della nostra civiltà abbiano fatto in modo che, a un certo punto del suo cammino, essa e solo essa prendesse tale direzione.

Pellicani in realtà, non sembra voler sviluppare delle tesi veramente originali. Egli si limita, piuttosto, a vagliare le posizioni di autori a lui precedenti (innanzitutto quelle dei due fondatori del pensiero sociologico moderno, Marx e Weber, ma anche in seconda battuta quelle di autori ‘minori’, quali Pirenne, Sombart, Dobb, Wittfogel, Sweezy, ecc.) operando poi un bilancio delle loro posizioni, separando ciò che secondo lui vi è in esse di corretto da ciò che non lo è, e ricomponendo infine il tutto in un sistema di pensiero organico ma non realmente innovativo.

(a.1)  Due tesi “errate” sulla genesi del Capitalismo, una di Marx e l’altra di Weber

Il libro si apre con l’analisi delle teorie di Marx e Weber in merito all’origine del capitalismo.

Contrariamente a quel che ci si potrebbe aspettare, il primo approccio con questi “colossi del pensiero” è fondamentalmente negativo. Pellicani difatti non si fa scrupolo di smentire tanto la tesi sull’accumulazione originaria espressa da Marx in testi come il Capitale, quanto quella sull’origine dello spirito capitalistico a partire dalla Riforma protestante espressa da Weber in quello che è forse il suo saggio più celebre, L’etica protestante e lo spirito del Capitalismo. (E tuttavia – come vedremo più avanti – Pellicani mostrerà anche, nella seconda parte del libro, che proprio questi due pensatori hanno posto le basi per un’effettiva risoluzione del problema in oggetto, laddove hanno sviluppato un’analisi comparativa dei percorsi storico-istituzionali del mondo europeo rispetto a quello extraeuropeo o ‘asiatico’.)


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Economia
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 12-09-2014