DONNA E POLITICA, DONNA E GUERRA
Riflessioni sulla condizione femminile nella Grecia classica


L'Ebe, di Antonio Canova, Pinacoteca di Forlì

AMBIGUITA' E ROVESCIAMENTO
DONNE, POLITICA, GUERRA, GUERRA CIVILE

Abbandoniamo per un poco tale prospettiva e cerchiamo di individuare la presenza delle donne nella storia della città. Se è vero che essa è pensata come un club di uomini, la loro presenza non può che essere minima.

Le donne fanno parte del gruppo degli achreioi, degli inutili, visti in questo ordine:donne, vecchi e bambini; i vecchi ed i bambini sono inadeguati in quanto gli uni non possiedono più l'età, gli altri non l'hanno ancora, per esercitare attivamente la funzione di cittadini; le donne sono un gruppo aperto, composito, né cittadine né non cittadine, tesoro che si ripone, come premio della lotta in quanto in esse e nei bambini la città difende la propria capacità di riprodursi e perpetuarsi.

Messe al sicuro, prese in ostaggio, divenute schiave, sono un oggetto passivo tant'è vero che il sintagma viene sempre citato all'accusativo pa…daj ka… guna…kaj (paidas kai gynaikas).

Esse fanno alcune fugaci apparizioni in momenti di grave crisi. Gli esempi mitici di donne guerriere le mostrano anormali, come nel caso delle Amazzoni che mutilano volontariamente se stesse di uno dei seni per eliminare un impedimento fisico all'uso della faretra e finendo per risultare una parodia dell'uomo; la vittoria riportata da Teseo su di loro viene presentata dagli oratori ufficiali ateniesi (cfr. Lisia nella sua Orazione funebre) come vittoria di veri uomini su donne anormali, come ristabilimento della normalità e riconferma della inferiorità femminile attraverso la sconfitta.

Altro esempio, storico ma che divenne presto mitico, è quello della regina Artemisia narrato da Erodoto (VII 68 e segg..) Artemisia ha assunto, alla morte del marito, il compito virile di tiranno; compete in un campo improprio alla sua natura femminile, come quello della guerra e del valore (per definizione virile, ¢ndre‹a, andreia); prima della battaglia di Salamina dà un consiglio al re di Persia, applicando una griglia di pensiero maschile greco che ribadisce la differenziazione dei sessi e dei ruoli; il grande re non deve accettare una battaglia navale "perché questi uomini [i Greci] sono sul mare tanto più forti dei tuoi quanto gli uomini sono più forti delle donne", e quando riesce, con l'astuzia, a sfuggire con la sua nave all'inseguimento degli Ateniesi, Serse, constatando la rotta dei suoi, riflette amaramente che i suoi soldati: "sono diventati donne e le donne (scil. Artemisia) uomini. "(VII 87).

Gli Ateniesi reagiscono allo smacco in un modo diverso: per ristabilire l'ordine di un mondo altrimenti alla rovescia, promettono una ricompensa di mille dracme per la cattura di Artemisia viva "tanto ritenevano intollerabile che una donna venisse a far guerra ad Atene.“ (VII 93)

Tucidide, nella sua storia, presenta un gruppo di donne una prima volta quando il popolo di Platea effettua un contrattacco notturno nella città occupata dai Tebani; i Tebani resistono. "Poi, mentre i Plateesi attaccavano con grande tumulto, e intanto dalle case le donne e gli schiavi gridavano ed ululavano e scagliavano pietre e tegole, in mezzo alla pioggia che per tutta la durata della notte cadde in abbondanza, si spaventarono."

Pochi Tebani riescono a scampare, per l'intervento di una donna "avuta una scure da una donna, uscirono di nascosto da una porta lasciata incustodita, dopo averne spezzato il chiavistello; ma non furono molti, perché i Plateesi se ne accorsero ben presto." (Tuc. II,4,4)

Il secondo episodio riguarda la st£sij (stasis, guerra civile) di Corcira, (427) dove si scontrano le opposte fazioni di oligarchici e democratici; ambedue hanno promesso la libertà agli schiavi, che si alleano con il demo.(Tuc. II 4 2-7)

Passato un giorno si ingaggia di nuovo battaglia e il popolo vince, superiore per numero e per i vantaggi che offrivano le sue posizioni. "E le donne audacemente coadiuvavano, scagliando tegole dalle case e sopportando il clamore della battaglia più di quanto consentisse la loro natura." (Tuc. III 73-74)

La presenza congiunta di donne e di schiavi è il segno maggiore del disordine per la città. L'azione delle donne non rispetta le norme del comportamento oplitico; le armi non sono quelle canoniche, ma mezzi improvvisati, quelle dei non-soldati; la guerra non è né quella vera né quella buona, in cui si applicano le regole del combattimento leale; si tratta di momenti di disordine e la st£sij (stasis) di Corcira, la prima menzionata da Tucidide, tende ad assumere un valore esemplare per lo stravolgimento di tutti i valori morali, etici, politici che regolano la convivenza umana e per la scomparsa di quel logos che rappresentava, per i Greci, non solo la qualità distintiva dell'uomo ma quella che indicava il suo grado di dignità, la capacità di saper pensare e modellare il reale e di interpretare in maniera intelligente gli avvenimenti umani; il dominio del logos costituiva inoltre la qualità principale richiesta all'uomo politico e lo strumento principe della vita democratica ateniese. In un altro episodio citato da Enea il Tattico ricompare un'annotazione sulla natura femminile (Poliorcetica, 40 4-5).

L'evento accade a Sinope: in mancanza di uomini “si fece assumere alle donne fisicamente più adatte all'uopo un aspetto ed un equipaggiamento più maschili possibili, dando loro, a mo’ di armi e di elmi, le loro brocche ed i loro utensili di bronzo dello stesso tipo... ma esse non avevano il permesso di tirare, perché si sarebbe visto bene anche da lontano che era stata una donna a tirare."

Travestimento, finzione, finte armi. Interessante, per dimostrare la polarità e lo scambio, l'esame dei riti di iniziazione maschili e femminili. "Se i riti di passaggi significano per gli adolescenti l'accesso alla condizione di guerriero, per le fanciulle a loro associate in questi riti... le prove iniziatiche hanno il valore di preparazione al matrimonio. Il matrimonio è per la giovane quel che la guerra è per il ragazzo.. Così una fanciulla che rifiuta il matrimonio, rinunciando per ciò stesso alla femminilità, viene a trovarsi in certo modo respinta al lato della guerra per diventare paradossalmente equivalente ad un guerriero. E' quanto si constata, sul piano del mito, con personaggi femminili del tipo delle Amazzoni e, sul piano religioso, con dee come Atena: il loro statuto di guerriere è legato alla condizione di parthenoi [vergini] che hanno fatto voto di verginità per sempre... Così i combattimenti fittizi in cui le adolescenti d'una stessa classe d'età si affrontano da guerriere... hanno inoltre il valore di una prova per accertare la verginità: le fanciulle che soccombono nei combattimenti rivelano da sé di non essere vergini. In uno dei luoghi in cui la tradizione greca collocava la nascita di Atena Tritogeneia [Erodoto IV 180,189] il gruppo delle parthenoi, divise in due campi, combattevano le une contro le altre a colpi di pietre e di bastoni; quelle che morivano delle loro ferite erano chiamate pseudoparthenoi, false vergini. Se le false parthenoi si tradiscono così nella prova guerresca durante la quale soccombono, il giovane guerriero può rivelare la propria natura autenticamente bellicosa attraverso un'apparenza di parthenos. E' il caso di Achille, educato come una fanciulla, tra fanciulle, in abiti da fanciulla... Del resto, per ciascun sesso, l'iniziazione che lo porta a compimento nella sua qualità specifica di uomo o di donna può comportare, attraverso lo scambio degli abiti, la partecipazione momentanea alla natura dell'altro sesso, di cui diventerà, separandosene, il complemento. Le iniziazioni guerriere dei giovani fanno normalmente ricorso a travestimenti femminili, come, a Sparta, la giovane sposa il primo giorno delle nozze indossa abiti maschili [Plutarco, Lic.15,5]." (J. P. Vernant, La guerra tra le città, pagg. 29-31) in Mito e società dell'antica Grecia, Einaudi 1981).

Ancora sul concetto di natura femminile: Senofonte (Hell. VI 5 28) cita un episodio, all'indomani della sconfitta di Leuttra subita dagli Spartani, in cui i Tebani si presentano di fronte a Sparta, dopo aver devastato la Laconia. Gli spartiati, nella città senza mura, si ergono come baluardo coi loro corpi "pur essendo ed apparendo pochi; in città le donne non sopportavano nemmeno la vista del fumo, perché non avevano mai visto un nemico."

Tale breve annotazione viene commentata da Aristotele (Politica II 1269 b): "Mentre l'audacia (thrasytes) non serve a niente... le donne, anche in questo campo, hanno fatto il peggior danno ai Lacedemoni. Lo dimostrarono bene al tempo dell'invasione tebana: completamente inutili come in tutte le altre città, causarono più scompiglio (qÒrubon, thòrybon) dei nemici."

Per Aristotele la virtù maschile è ¢ndre‹a ¢rcik» (andreia archikè) cioè virtù di dominio e la virtù delle donne è invece virtù di sottomissione (Øphretik» yperetichè); l'audacia che si attribuisce alle donne spartane è parodia del coraggio mentre le annotazioni di Tucidide ed Enea il Tattico alludono alla paura come distintiva della psicologia femminile. La natura femminile si muove quindi sugli opposti di audacia e paura; è distinta dall'eccesso e non a caso compare fugacemente solo nei momenti di st£sij, stasis, rivoluzione, e provoca scompiglio (qÒrubon, thòrybon).

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a cura di Gerardo Pompei

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
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Aggiornamento: 01/05/2015