DALLE PREMESSE TEORICHE ALL'APPLICAZIONE POLITICA
L’ESCLUSIONE DELLE DONNE
1) la città come club di soli uomini Esaminata la funzione che la donna si
volesse rivestisse nella comunità, esaminiamo ora il rapporto fra donna e
comunità, o più specificamente fra donna e polis.
Per una precisa definizione del concetto di cittadino è più corretto
riferirsi ad un cronotopo preciso che è quello di cui si hanno più testimonianze
e che riscuote maggior interesse: nell'Atene democratica è cittadino a pieno
titolo il figlio di padre e madre ateniese, libero di nascita; può far parte
attiva della comunità, attraverso la partecipazione alle assemblee, chi può
esercitare la funzione che distingue il maschio adulto libero, cioè la guerra;
la possibilità concreta di partecipazione esige poi la disponibilità di tempo
libero e si trova in tale condizione il possessore di rendite, per lo più
fondiaria perché al lavoro della terra provvedevano gli schiavi.
"Si attivano qui due meccanismi che riuniamo sotto il nome di ideologia: la
valorizzazione ed il presupposto..." vengono "resi sistematici due fatti
indipendenti: tempo libero dal lavoro e civismo." (Paul Veyne,
L'identità del cittadino e la democrazia in Grecia, Il Mulino pagg. 80 e
segg.)
Anche la condizione di guerriero comportava l'esigenza di provvedere
personalmente all'armatura per cui i non possidenti rimasero in condizioni di
inferiorità. La guerra in senso attivo era ovviamente praticabile solo dai
giovani e ciò procurava una tendenziale esclusione dei vecchi dalla vita
politica; essi, ritirati in casa, non potevano più prendere parte attiva
all'agone politico.
La virilità era il requisito fondamentale per prendere parte alla guerra ed
alla vita politica. Abbiamo visto che già Ettore ricordava ad Andromaca che, non
essendo lei un uomo, non poteva occuparsi di guerra ma l'esclusione politica,
pur conseguente, rimane sottesa. Tale valenza non è taciuta da Telemaco che (Od.
I 358) intima alla madre di ritirarsi nei quartieri femminili perché "discutere
è cosa da uomini".
L'infondatezza della tradizionale pretesa maschile che l'intelligenza
politica sia riservata al sesso maschile è svelata da Aristofane (Lisistrata
507 segg.): "Del resto, chi ci lasciava fiatare? Non che ci piacevate. Ma noi vi
capivamo bene: spesso, pure chiuse dentro, riuscivamo a sapere che stavate
combinando un guaio grosso."
Ma, alle domande delle donne, c'è pronta la risposta collaudata: "Che te ne
importa?... Vai a filare e attenta alla testa! Spetta agli uomini occuparsi
della guerra". La donna, afferma con sicurezza Lisistrata, è dotata di ragione e
di intelligenza ed agli uomini, che schiavi di un ruolo accettato acriticamente
e portato avanti stancamente, proseguono sconsideratamente la guerra essa oppone
i vantaggi della pace.
Si verifica ancora una opposizione caratteristica fra uomo e donna, tra
pubblico e politico maschile caratterizzato da bellicismo e competizione e
privato e femminile caratterizzato da amore (fil…a,
philìa) e collaborazione. "L'esclusione delle donne dalla vita pubblica ateniese
riflette quel genere di circolarità caratteristico dei sistemi culturali. Perché
le donne non prendono parte alla vita pubblica? Perché esse non fanno il genere
di cose in cui consiste la vita pubblica. Perché le donne non fanno queste cose?
Perché non sono cose che si addicono alle donne. Le premesse si autodimostrano...
I Greci escludevano le donne dalla società civile solo affidandosi alla cattiva
coscienza". (J. Redfield, L'uomo e la vita domestica, pagg. 166-167 in J.
P. Vernant,
L'uomo Greco, Laterza)
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