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Thomas Müntzer
Thomas Muntzer. Incisione di Chr. Sichem
Il portavoce più significativo della riforma, in senso rivoluzionario, sul fronte contadino-plebeo, fu Thomas Müntzer, mentre su quello borghese fu Calvino.
Müntzer criticò Lutero proprio negli aspetti della sua dottrina sociale, che praticamente non contenevano nulla di rivoluzionario, in quanto si limitavano a confermare i rapporti di sfruttamento feudale e borghese esistenti, preoccupandosi solo di modificare il modo di pensare dei credenti.
Non a caso un maggior radicalismo sulle questioni socio-economiche trova sempre un riscontro teorico in direzione dell'ateismo o del laicismo che dir si voglia. Müntzer, in tal senso, è infinitamente superiore a Lutero, ma solo perché, con lo sviluppo ulteriore del socialismo scientifico, lo si può inserire in tale corrente (e con lui il riformatore Andreas Bodenstein o Andrea Carlostadio, che restò rivoluzionario finché Müntzer fu vivo).
A quel tempo l'uomo che diede una svolta decisiva ai rapporti istituzionali tra Stati (europei) e chiesa romana fu Lutero e quello che diede una svolta analoga ai rapporti tra società borghese e società feudale fu Calvino.
Ecco perché diciamo che la riforma tradì gli ideali sociali di uguaglianza democratica, quali si potevano intravedere nel corso della fase iniziale, quando tutti erano d'accordo sul tema della lotta antiecclesiastica e ancora non si erano sufficientemente chiariti sui comportamenti da tenere nei riguardi dei latifondisti laici, delle pretese politiche imperiali e nei riguardi di quanti speravano di non veder compromessi i propri privilegi feudali.
Le tesi furono affisse nel 1517; quattro anni dopo fu convocata una Dieta a Worms, in cui Carlo V, imperatore di una potenza cattolica mondiale, insieme ai principi cattolici, chiedeva a Lutero un'ufficiale ritrattazione.
Da un lato il riformatore agostiniano rifiutò e dall'altro decise di lasciarsi difendere non dalle masse popolari, che stavano insorgendo, ma dai principi tedeschi ostili all'imperatore, oltre che naturalmente alla chiesa di Roma.
La rottura con Müntzer fu inevitabile. Questi, che nel 1520 si trovava a predicare a Zwickau, da dove venne espulso, si recò in Boemia nel 1521, dopo aver capito che dai principi non avrebbe ottenuto alcun appoggio. Si convinse che solo grazie alla tradizione rivoluzionaria dei taboriti si sarebbe potuto dare alla riforma quel carattere progressista di cui aveva bisogno e che con Lutero stava perdendo. Di qui l'invito ai contadini di scendere in piazza armati.
Le idee di Müntzer cominciarono a farsi largo tra le file di un movimento radicale: gli anabattisti. Müntzer diventò il predicatore più ricercato d'Europa, colui che andava assolutamente eliminato. Lutero stesso intervenne con lo scritto Contro le empie e scellerate bande dei contadini (maggio 1525), invitando i signori della Turingia a intervenire con la dovuta durezza per stroncare l'espansione in rivolta.
Müntzer gli rispose per le rime: "Che sapete voi, che vivete nell'abbondanza, che non avete mai fatto altro che mangiare e bere a crepapelle, che sapete voi della serietà di una vera fede? I poveri che hanno bisogno sono così bassamente ingannati che nessuna lingua può dirlo. Con le loro parole e i loro atti, i signori ottengono che il povero, preoccupato di procurarsi un nutrimento, non impari a leggere. Ed essi predicano insolentemente che il povero deve lasciarsi scorticare e spogliare dai tiranni".
Qui la storiografia marxista si rivela nei suoi limiti di fondo. Anzitutto essa afferma che Müntzer non avrebbe mai potuto diventare un vero rivoluzionario, in quanto esistevano limiti oggettivi, indipendenti dalla sua volontà, dovuti al fatto che 500 anni fa non esistevano ancora le premesse materiali per il socialismo scientifico. Inoltre si sostiene che la rivoluzione non avrebbe potuto essere "socialista" o "comunista", dacché le idee stesse di Müntzer non erano scientifiche.
In tal modo non ci rende conto di "condannare" il passato a vivere nell'oppressione. Il motivo di questa interpretazione così unilaterale dipende dal fatto che se Müntzer fosse riuscito a fare una rivoluzione socialista, in nome di ideali religiosi, non si sarebbe poi potuto spiegare il primato del marxismo classico e la necessità dello sviluppo capitalistico. (Qui infatti non dobbiamo dimenticare che se il leninismo per la prima volta sostenne che in Russia si poteva passare dal feudalesimo al socialismo, lo stesso leninismo non mise mai in discussione il fatto che se non ci fosse stato il socialismo in Russia sicuramente ci sarebbe stato il capitalismo, in quanto il feudalesimo non aveva in sé alcuna possibilità di vincere il confronto storico con la nuova formazione economica).
Posizioni storiografiche del genere hanno spesso, sul piano politico, un risvolto di tipo unilaterale, favorevole a intese che prima di tutto devono essere ideologiche. Viceversa, una storiografia "scientifica" avrebbe anzitutto dovuto analizzare a fondo i motivi per cui alla teoria rivoluzionaria dei tedeschi di mezzo millennio fa non fece seguito una prassi rivoluzionaria: forse ci si sarebbe accorti che quei motivi non furono molto diversi da quelli che impedirono successivamente in Europa occidentale la stessa cosa nell'ambito dello stesso socialismo scientifico, cioè l'insufficiente determinazione politica e coesione sociale.
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