Gianni Grana: GENIO "ORFICO" DI EMILIO VILLA

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GIANNI GRANA

BABELE E IL SILENZIO: GENIO "ORFICO" DI EMILIO VILLA

La negazione apoetica: caos e cosmos, vertigini e metàstasi della parola nell’èra telematica

Questo ampio studio, prodotto a fatica senza possibile aiuto di Villa, essendo il poeta definitivamente impedito dal male, fa séguito al mio saggio sintetico, molto apprezzato (dal poeta stesso) e sfruttato da altri senza citazione negli ultimi anni, Babele e il Silenzio: l’utopia asemantica di Emilio villa, che apparve oltre un decennio fa nell’unico spesso capitolo critico a più voci dedicato mai a Emilio Villa nel vol. X del Novecento Marzorati da me diretto (Milano 1979, n.ed.1989), un séguito obbligato e uno sviluppo necessario, commisurati alla vastità della cinquantennale scrizione apoetica villiana, ancora largamente preclusa" nelle sue difficili cifre testuali, nonostante la mia offerta propositiva di chiavi molteplici di lettura, per una possibile intelligenza critica generale. Ho cioè voluto fare qui una ricognizione, la più estesa possibile di una quantità di testi rilevante (parte dei quali ridati oggi in circolazione un po’ meno underground), per un commento coordinato all’interpretazione. Testi tutti editi, pure in tirature limitate: in particolare tutte le composizioni che davano corpo alle raccolte centrali di Villa, e che costituiscono i cardini ermeneutici di questa complessa costruzione critica.

Ciò si doveva per uscire dal generico discorso di sintesi, pure organizzato con riconosciuta efficacia e novità concettuale, per fare della verbalità villiana un preciso riscontro analitico, con una verifica individuata di quei presupposti globali. Io ho sfruttato integralmente, anche con riporti materiali, quel primo saggio scritto nell’estate del 1978, scomponendolo e ridiscutendone i fondamenti, più spesso confermandoli e a volte modificandoli, con correzioni e ridefinizioni concettuali, più in genere con integrazioni storico-tecniche, verificate nei testi mediante accertamenti linguistici ecc. era indispensabile affrontare questo notevole impegno di ricerca, spesso coronato da scoprimenti inattesi, per tentare di dipanare il fitto intrico tematico, così celato e sgusciante, dei testi plurilingui villiani, asensati per scelta e impulsione originaria, ma tuttavia folti di "Motivi", di insistenti ricorrenze lessicali, di barlumi e baleni di "senso" e allusività diverse, con tutte le relative incertezze e indeterminazioni deliberate.

Ho anzi voluto procedere qui, per calcolo didascalico, senza preporre tesi e ipotesi, le tesi stesse precostituite nell’altro mio lavoro, come chi s’inoltra in un percorso improbo, rifacendo dall’inizio l’iter produttivo del poeta, già conosciuto ma ugualmente colmo d’incognite e "rivelazioni". Rigorosamente attenendomi ai testi, mi sono provato a ripercorrere, nelle sue probabili fasi interne, il generarsi alienante e il protrarsi antitetico di un’anarchia sussultoria di scrittura, che sembra inaccessibile e resta oscura" e criptica, la più impraticabile nell’intero quadro della "poesia" e apoesia europea del secolo. Ho pure preposto e interposto, per mia confermata esigenza euristica, dividendo stavolta la materia in due parti, distinte e interrelate, alcuni capitoli di essenziale retrospettiva storica e di partecipe discussione teorica, che solo chi è solito puntellarsi scolasticamente di "autorità" false e indiscusse potrebbe ritenere estranei, e che io assumo come pilastri di sostegno di una costruzione critica che ambisce a durare più di una fragile ipotesi di "interpretazione". Tanto più necessari per una produttività testuale così ardita e ardua come quella di Villa, che può essere valorizzata al sommo solo in un contesto storico-teorico europeo, del tutto pertinente e adeguato.

www.giannigrana.it

Marsilio da Padova

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015