Immanuel Kant: la vita

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Immanuel Kant: la vita

(SECONDA parte) (PRIMA PARTE)

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Giuseppe Bailone

Il professore difficile e l’uomo delle massime

Nel 1764, pochi giorni prima del suo quarantesimo compleanno, muore improvvisamente Funk, il suo più caro amico. Questo lutto e l’importanza che Kant attribuisce al compimento dei quarant’anni, per l’acquisizione di un carattere, promuovono un profondo rinnovamento nella sua esistenza. Conosce nuovi amici, il più importante dei quali è Joseph Green, il maggiore e più rispettato commerciante della colonia inglese di Königsberg, portato dai molti suoi interessi culturali a dedicare più tempo e attenzione alle novità letterarie e scientifiche che ai suoi floridi affari.

Kant e Green diventano amici già nel 1766, e in modo singolare.

“Al tempo della guerra anglo-nordamericana – racconta Jachmann – Kant stava passeggiando un pomeriggio nel Giardino Dänhoff e si fermò davanti a un chiosco nel quale aveva scorto un suo conoscente in compagnia di un gruppo di persone a lui sconosciute. Si mise a parlare con loro e il discorso cadde sugli avvenimenti del giorno. Kant prese le parti degli americani, difese calorosamente la loro giusta causa e si pronunciò con una certa amarezza sul comportamento degli inglesi. A un tratto uno del gruppo si alza furibondo, si mette davanti a Kant, dice di essere inglese, dichiara che lui e la sua nazione si considerano offesi e, con le vampe sul viso, chiede soddisfazione mediante un duello all’ultimo sangue. Kant, senza scomporsi a tanta collera, continuò il suo discorso e svolse le sue opinioni e i suoi principi politici, spiegò il criterio col quale ogni uomo in quanto cittadino del mondo deve giudicare siffatti avvenimenti senza pregiudizio del suo patriottismo, con un’eloquenza così travolgente che Green (così si chiamava l’inglese), preso da grande stupore, gli porse amichevolmente la mano, approvò quegli elevati pensieri, chiese scusa a Kant del suo scatto d’ira, lo accompagnò la sera fino a casa e lo invitò a una cena cordiale. Il commerciante Motherby, un socio di Green, morto anche lui, era stato testimone dell’incidente e mi assicurò che a lui e a tutti i presenti Kant era parso ispirato da una forza divina e aveva conquistato per sempre il loro cuore.

Kant e Green strinsero dunque un’amicizia che, fondata sulla saggezza e sul reciproco rispetto, divenne di giorno in giorno più fervida e più salda; la separazione a causa della morte precoce di Green inferse al nostro filosofo una tale ferita che la sua grandezza d’animo riuscì, è vero, a lenire, ma non a dimenticare. Green era uomo ricco di nozioni e di tanta intelligenza che Kant (egli stesso me lo confermò) non scrisse nemmeno una riga della Critica della ragion pura senza averla prima fatta ascoltare e giudicare da Green”.1

Se la vita di Kant maturo e anziano si fece sempre più regolare, fino a diventare per questo proverbiale, ciò dipese anche dall’influenza che su di lui esercitò l’amico Green, uomo dalla puntualità puntigliosa, fino alla caricatura.

“Una sera Kant aveva promesso a Green di accompagnarlo la mattina seguente alle otto a una passeggiata. Green che in simili occasioni passeggiava per la camera ai tre quarti con l’orologio in mano, al cinquantesimo minuto si metteva il cappello, al cinquantacinquesimo prendeva il bastone e al primo rintocco dell’ora apriva lo sportello della carrozza, partì senz’altro e per via vide Kant che con circa due minuti di ritardo gli veniva incontro: ma non si fermò, perché avrebbe agito contro l’intesa e contro la regola.

In compagnia di quest’originale nobile e intelligente Kant trovava di che alimentare il cuore e la mente, al punto che ne fece il suo compagno di tutti i giorni e per molti anni passava in casa sua parecchie ore. Kant ci andava ogni pomeriggio, trovava Green addormentato in poltrona, gli si sedeva accanto e seguendo i suoi pensieri si addormentava; poi arrivava il solito Ruffmann, il direttore di banca, e faceva altrettanto; finché a una data ora entrava Motherby a svegliare la compagnia che fino alle sette stava a conversare su interessantissimi argomenti. La brigata si scioglieva alle sette con tale puntualità che più volte udii gli inquilini della via osservare che non potevano essere le sette perché il professor Kant non era ancora passato”.2

Green e Kant amavano entrambi Hume e Rousseau.

Grande fu l’influenza di Green su Kant. “Quando frequentava Funk, a Kant piaceva giocare a carte, andare a teatro, ai concerti e dedicarsi ad altri svaghi. Era un uomo di città. Presto smise di giocare a carte, per far piacere a Green. Le uscite a teatro si fecero più rare e in seguito cessarono del tutto […]. L’elegante magister dallo stile di vita un po’ irregolare e imprevedibile mutò diventando un uomo di principi, con una vita anche troppo prevedibile. Diventò sempre più simile a Green. Gradualmente ne adottò il modo di vivere, o così sembrerebbe. Si concluse la stagione del turbinio di svaghi in società, non improvvisamente, ma poco a poco: massima dopo massima. […] Fu Green l’amico più stretto che Kant abbia mai avuto”.3

Green si occupò anche dei risparmi di Kant, con buoni risultati.

Il 31 marzo 1770 Kant diventa professore ordinario di logica e di metafisica. Ottiene finalmente quel che desidera da tempo. Ha ormai chiari alcuni cardini della filosofia che svilupperà nei due decenni successivi. Profondamente impegnato nella costruzione del suo sistema, tiene le lezioni con uno spirito sempre più lontano da quello che ispirava il suo insegnamento precedente.

“Egli – scrive Kuehn – non puntava più all’eleganza e alla popolarità, ma perseguiva una specie di oscurità, che rendeva molto difficile agli studenti comprenderlo. Si fece la reputazione di essere un professore difficile. […] Kant sapeva che molti studenti avevano problemi con le sue lezioni ed è chiaro che non se ne preoccupava più di tanto. Parlava a quelli che «sono più capaci» e non agli altri”.4 Aveva sempre meno rapporti con i suoi studenti, anche con quelli che seguivano le sue lezioni di antropologia e di geografia, più accessibili di quelle di logica e di metafisica.

Gli vengono offerte cattedre universitarie in altre città tedesche. Nel 1778 il ministro di Federico II per gli Affari della chiesa e dell’istruzione gli propone di nominarlo professore di filosofia a Halle, in un’università molto grande e prestigiosa, con uno stipendio iniziale di 600 talleri (ne percepiva allora 236). Kant rifiuta tutte le offerte, anche quest’ultima che avrebbe fatto di lui il successore di Wolff. Gli viene rilanciata l’offerta con l’aggiunta di altri 200 talleri e il titolo di Hofrat, consigliere di corte. Kant resta a Königsberg. “Il motivo era dato dalla sua convinzione che gli era stata «data solo una piccola quantità di forza vitale»”.5 Agivano su di lui anche altre ragioni.

“Egli si sentiva a suo agio nella città natale. Continuava a essere invitato a cena o a ricevimenti da molte delle famiglie più importanti. Alla corte dei Keyserling si mescolava con la nobiltà, e con le famiglie dei mercanti principali non meno che con gli ufficiali dell’esercito prussiano. Con i Keyserling ebbe una «consuetudine ininterrotta di molti anni». La contessa aveva una particolare predilezione per Kant, ma sembra che anche il conte lo rispettasse”. L’astronomo e geografo Johann Bernoulli (1744- 1807), che nel 1778 visitò Königsberg scrive: “Ho pranzato dal conte di Kayserling (sic) con un dotto che l’Università di Königsberg onora come uno dei suoi vanti maggiori, il signor professor Kant. Questo famoso filosofo è, nella conversazione, una persona tanto vivace e educata, e di modi tanto eleganti, che non si sarebbe portati a sospettare in lui una mente profondamente indagatrice. Lo sguardo e i tratti del volto svelano subito, però, molta arguzia, e a me è saltata agli occhi in particolare la somiglianza con d’Alembert”.6

Kant è contento della sua vita a Königsberg. A Herz scrive: “Una situazione tranquilla ed esattamente appropriata alle mie esigenze, occupata a turno da lavoro, riflessione e rapporti sociali, in cui il mio animo, molto sensibile ma peraltro libero da preoccupazioni, e il mio corpo, ancora più scostante, ma mai malato, vengono tenuti in esercizio senza sforzo, è tutto ciò che ho desiderato e che ho ricevuto. Ogni cambiamento mi mette ansia, anche se ha tutta l’apparenza di migliorare la mia condizione, e credo di dover attenzione a questo istinto della mia natura se voglio tirare ancora per un certo tratto il filo che le Parche tessono per me molto sottile e delicato”.7

Kant è sensibile ai rumori. Per evitare quelli del porto e della strada cambia abitazione nel 1766; poi ancora nel 1772, perché disturbato dal canto di un gallo del vicino, il quale rifiuta di liberarsene, non riuscendo a capire “come mai il gallo potesse disturbare un dotto”. Kant acquista una casa solo il 30 dicembre 1784, dopo aver sempre vissuto in appartamenti in affitto. Anche nella nuova casa di proprietà, tuttavia, non trova la pace che desidera: dal vicino carcere arrivano i canti stentorei degli inni religiosi e nella strada alcuni ragazzi giocano tirando sassi oltre il suo recinto.

Adesso si organizza una “propria economia domestica” e mette fine alla pratica più che trentennale di mangiare fuori casa ogni giorno.

Un’esistenza ben regolata e l’attenzione alla dieta gli risparmiano malattie gravi e gli fruttano una vita lunga, anche se mai pienamente in salute.

“Egli – scrive Wasianski – se ne faceva un merito come il ginnasta che si regge a lungo in equilibrio su una fune allentata senza mai cadere. Stava saldo e trionfante contro ogni attacco di malattie, oppure era abbastanza imparziale da notare talvolta che vivere a lungo come lui è quasi un’impertinenza, perché in tal modo i più giovani arrivano tardi al loro pane. La cura nel conservare la salute era il motivo perché nuovi sistemi e nuove scoperte nel campo della medicina attiravano tanto la sua attenzione”.8

Provò molto interesse al sistema del medico inglese John Brown (1735-1788), secondo il quale il principio della vita consiste nell’eccitabilità del cervello e delle fibre muscolari da parte dell'ambiente esterno; per cui tutte le malattie sono “steniche” o “asteniche” e si possono quindi curare diminuendo o aumentando l’eccitazione. “Lo considerò un grande progresso non solo per la medicina, ma per l’umanità”. Avversò invece la scoperta del vaccino di Edward Jenner contro il vaiolo (1796), fino a temere che “l’umanità venisse a familiarizzarsi troppo con la bestialità e potesse inocularsi una specie di brutalità (in senso fisico)”.9

Pensava alla propria salute, ma non aveva paura di morire: “Signori – ebbe a dire – non temo la morte e saprò morire. Vi assicuro davanti a Dio che se questa notte sentissi venire la morte, alzerei le mani giunte e direi: «Dio sia lodato!». Ma se un demone malvagio mi venisse a sussurrare in un orecchio: «Tu hai reso infelici esseri umani!» sarebbe un’altra cosa”.

Quando Kant morì, il 12 febbraio 1804, “a Königsberg faceva molto freddo, e il terreno era tanto ghiacciato da rendere impossibile scavare una fossa, quasi che la terra si rifiutasse di accogliere quel che rimaneva del grand’uomo”.10 Ciò rese possibile ai molti che fecero la coda per rendergli omaggio di vedere il corpo rinsecchito del grande filosofo, che aveva cominciato deperire almeno cinque anni prima. Fu infine sepolto sedici giorni dopo la morte, al termine di una cerimonia molto solenne, per la quale venne adattata la musica e il canto scritti per i funerali di Federico II.

Torino 26 gennaio 2015

Giuseppe Bailone

NOTE

1 L. E. Borowski, R. B. Jachmann e A. Ch. Wasianski, La vita di Immanuel Kant narrata da tre contemporanei, Laterza 1969, p. 157.

2 Ib. p. 158.

3 Manfred Kuehn, Kant. Una biografia, Il Mulino 2011, pp. 239-43.

4 Ib. p. 321.

5 Ib. p. 325.

6 Ib. P. 329.

7 Ib. p. 331.

8 L. E. Borowski, R. B. Jachmann e A. Ch. Wasianski, La vita di Immanuel Kant narrata da tre contemporanei, Laterza 1969, p. 231.

9 Ib. p. 232.

10 Manfred Kuehn, Kant. Una biografia, Il Mulino 2011, p. 16.

ANNO ACCADEMICO 2014-15 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 19 gennaio 2015

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)

Fonti

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 06-09-2015