IMMANUEL KANT

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IMMANUEL KANT (1724-1804)

IMMANUEL KANT (1724-1804)

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QUADRO STORICO

Il sistema filosofico del fondatore della cosiddetta filosofia classica tedesca si formò mentre si stava preparando la grande rivoluzione borghese che ebbe luogo in Francia tra il 1789 e il 1795, pur essendo naturalmente condizionato dalla situazione esistente in Germania. In Francia la borghesia in ascesa si muoveva in nome di robusti interessi economici e politici, verso una rivoluzione concreta. Al tempo di Kant, negli stati territoriali tedeschi non c'era invece alcuna possibilità di realizzare nei fatti l'ideale rivoluzionario borghese.

I migliori rappresentanti del movimento borghese tedesco si rinchiusero nel "regno della ragione" e dei pensieri astratti. Gli intellettuali tedeschi speravano di migliorare le condizioni sociali attraverso una graduale educazione degli uomini. Anche l'opera di Kant è condizionata da questa situazione esistente in Germania.

Kant visse dal 1724 al 1804. Durante questo periodo il Regno di Prussia condusse numerose guerre, che il più delle volte esso stesso aveva provocato e iniziato, come nel caso della guerra per la Slesia e della guerra dei sette anni. Nel 1789 la Prussia possedeva l'esercito permanente più forte d'Europa.

A partire dal 1789 gli animi furono eccitati dagli avvenimenti della Rivoluzione francese. Kant mostrò per essi un vivo interesse. Non solo: in parecchi dei suoi scritti egli divulgò le istanze progressiste dei rivoluzionari francesi.

Negli ultimi anni della sua vita Kant fu testimone delle guerre di intervento che le grandi potenze assolutistiche europee condussero contro la Francia rivoluzionaria, e a cui la Prussia in un primo tempo partecipò. Lo scritto di Kant Per la pace perpetua del 1795 è una violenta protesta contro queste e contro tutte le altre guerre dell'assolutismo.

Kant visse nell'epoca di passaggio dal feudalesimo al capitalismo.

Tuttavia la politica prussiana ebbe conseguenze disastrose per un futuro sviluppo capitalistico.

Fu mantenuta la servitù della gleba e perciò, a differenza di quanto avvenne in Inghilterra, non c'era una sufficiente mano d'opera libera che permettesse l'introduzione dei modi di produzione capitalistici, né un sufficiente sostegno da parte dello Stato all'installazione delle manifatture.

Si dava impulso solo a quelle manifatture che dovevano coprire le necessità dell'esercito e il desiderio di lusso della nobiltà e inoltre sfruttando il lavoro di diseredati. Solo dopo il 1780 si formò il maggior numero di imprese capitalistiche, il più delle volte grazie all'introduzione di mezzi e metodi di produzione importati dall'estero.

In Prussia queste condizioni arretrate ritardarono la formazione di una classe borghese cosciente di se stessa. Solo in poche città più grandi si sviluppò una borghesia di un qualche perso, che fece proprie le idee dell'illuminismo francese. Nello stato del Brandeburgo-Prussia di quel periodo, Koenisberg era una di quelle poche città in cui la borghesia aveva raggiunto una certa importanza. In questa città anseatica il traffico commerciale era rilevante e vi approdavano molte navi straniere. Molti commercianti inglesi e olandesi avevano succursali a Koenisberg e portavano dalle loro nazioni di origine un notevole impulso all'accendersi di una coscienza di classe borghese. I commercianti inglesi Green e Motherby, che risiedevano a Koenisberg, furono tra i migliori e più fedeli amici di Kant.

Lo stesso Kant, nella sua opera intitolata Antropologia dal punto di vista pragmatico, ha richiamato l'attenzione sulla posizione di Koenisberg, particolarmente favorevole per lo sviluppo della vita intellettuale.

QUADRO CULTURALE

La situazione del sapere all'età di Kant

a) FISICA - Con Newton si è costituita come scienza rigorosa, su basi matematiche. Tuttavia la corrente filosofica che più si ispira al metodo e al contenuto della scienza - l'Empirismo - si è risolta nello scetticismo.

b) METAFISICA - Con Leibniz e Wolff essa ha raggiunto la massima dogmaticità rinunciando a qualsiasi apporto dell'esperienza e risolvendosi in un gioco meramente formale. Tuttavia essa continua a detenere il pregio della logicità e della necessità.

c) ETICA - Laddove è alle dipendenze del razionalismo, la si fa scaturire da una serie di affermazioni dogmatiche (es. Spinoza); altri la fondano sulla natura (Rousseau) o sul senso comune (scuola scozzese). E' aperto il problema del fondamento della morale.

ITER BIOGRAFICO E INTELLETTUALE

I TRE PERIODI DELLA MEDITAZIONE KANTIANA

1) Periodo scientifico (fino al 1760). Kant si interessa a questioni a carattere prevalentemente scientifico, ma non prive di addentellato filosofico. Un problema che attirò in modo particolare la sua attenzione fu quello dello spazio: passò da un oggettivismo assoluto di tipo newtoniano a una teoria simile a quella di Leibniz (lo spazio è azione reciproca delle monadi) ad un soggettivismo di tipo humiano.

Son interessanti da questo punto di vista:

- Pensieri sulla vera estimazione della forza viva (1747)

- Monadologia fisica (1756)

- Storia naturale universale e teoria dei cieli (1755). E' questa l'opera principale del primo periodo, in cui Kant formula l'ipotesi cosmologica della "nebulosa primitiva" (teoria di Kant-Laplace).

2) Periodo pre-critico (1760-81). Gli interessi di Kant vanno indirizzandosi verso la filosofia. Kant comincia a distaccarsi dal dogmatismo razionalistico, fa le sue considerazioni critiche sull'empirismo inglese e comincia a identificare il problema della metafisica con quello di una "coscienza dei limiti" della ragione umana. Gli scritto principali di questo secondo periodo sono:

- Unico argomento possibile per una dimostrazione dell'esistenza di Dio (1763), in cui Kant riduce tutti gli argomenti possibili a quello cosmologico.

- Sogni di un visionario chiariti con i sogni della metafisica (1765). In essa, prendendo spunto dagli scritti misticheggianti di Swedenborg (1688-1772), afferma che la metafisica dei razionalisti non si allontana molto dalla fantasticheria. Si viene precisando in lui l'idea che lo scopo della filosofia è quello di conoscere la capacità della ragione umana.

- De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principiis (1770). E' la celebre "Dissertazione" che egli presentò per la nomina a professore ordinario di logica e metafisica e che rappresenta il grande inizio del risveglio dal sonno dogmatico. E' nella "Dissertazione" che lo spazio e il tempo vengono delineati per la prima volta come "categorie a priori".

3) Il criticismo (dal 1781 in avanti). Per più di 10 anni Kant si dedica alla elaborazione di un opera che avrebbe dovuto recare il titolo "I limiti della sensibilità e della ragione", ma dal 1781 è inizia una costante produzione di opere, a cominciare dalla Critica della ragion pura (1781), in cui analizza il problema della conoscenza da un nuovo punto di vista critico; completa poi questa critica con la Critica della ragion pratica (1788), sul problema morale; e con la Critica del giudizio (1790) sul problema estetico.

+ 1724 Nasce a Koenisberg. Decisiva per la sua vita, anche di pensiero, fu l'educazione religiosa ricevuta dai genitori, specialmente dalla madre, che seguiva il più rigoroso pietismo. Il pietismo voleva ricondurre il protestantesimo, fuori dall'aridità delle costruzioni scolastiche, a un rinnovamento della spiritualità cristiana, incentrando questa nel problema morale, nella purezza del cuore e dell'intenzione (di qui, la simpatia, poi, di Kant, per Rousseau, e per il motivo spiritualistico serpeggiante in tutta la sua filosofia. Il rappresentante maggiore del pietismo era allora Franz Schultz, anche professore di teologia all'università e direttore del Collegio Federiciano, seguace della filosofia, allora dominante, del Wolff. In quel collegio entrò Kant che non aveva ancora nove anni, e vi restò otto anni per compiervi gli studi medi.

In seguito Kant si distaccherà da questo ambito religioso e dalla religione positiva, pur mantenendo sempre un generico senso religioso che ben si accordava con il deismo illuministico diffuso tra gli uomini di cultura dell'epoca.

+ 1740 si iscrive all'università di Koenisberg, impegnandosi in studi di filosofia e di scienze matematiche e fisiche. La filosofia dominante nell'università era quella leibniziano-wolffiana. La scienza era quella newtoniana. All'una e all'altra fu avviato dal suo professore Martin Knutzen, che si poneva problemi nascenti da rapporti fra i due campi e che pure lo iniziò alla revisione critica del wolffismo.

+ 1747-55 Per ristrettezze economiche è costretto a fare il precettore.

+ 1755-1770 Svolge quindici anni di libera docenza presso l'università di Koenisberg. Oltre a Leibniz e Wolff per la metafisica e a Newton per la scienza, Kant si accosta anche allo studio degli empiristi, ricevendo indubbi influssi da Locke e rimanendo vivamente impressionato dalle argomentazioni scettiche di Hume.

+ 1770 Ottiene il posto di professore ordinario pubblicando la dissertazione La forma e i principi del mondo sensibile e intelligibile. La Dissertazione del '70 (così si usa indicare tale scritto) ha una particolare importanza perché in essa appare per la prima volta quella soluzione caratteristica del problema gnoseologico che guiderà Kant nell'affrontare le questioni dei fondamenti delle scienze e della metafisica (il criticismo). L'opera chiude il cosiddetto periodo pre-critico del pensiero di Kant e apre il cosiddetto periodo critico, nel quale egli ritenne di aver scoperto un metro sicuro per esaminare e giudicare criticamente tutti i problemi filosofici.

+ 1781 Kant pubblica la sua prima grande opera critica: la Critica della ragion pura, in cui è contenuta la formulazione più ampia delle linee di fondo del suo pensiero.

+ 1783 Kant presenta in modo più sommario e facile gli stessi temi della prima Critica nei Prolegomeni ad ogni futura metafisica che si presenterà come scienza.

+ 1785 Amplia la prospettiva critica al campo morale e scrive la Fondazione della metafisica dei costumi, preludio alla seconda "Critica".

+ 1787 Pubblica la seconda edizione della Critica della ragion pura.

+ 1788 Con l'intento di dare un fondamento trascendentale all'agire morale, scrive la Critica della ragion pratica.

+ 1790 Pubblica la terza e ultima delle Critiche, dedicata al problema estetico, la Critica del giudizio.

+ 1793 L'apparizione dell'opera La religione dentro i limiti della pura ragione causa un incidente che turberà gli ultimi anni del suo insegnamento. Un rescritto del re Federico Guglielmo ammonì severamente Kant perché "aveva usato male il suo ingegno, mettendosi a denigrare e deformare parecchi dogmi capitali e fondamentali della Sacra Scrittura e del cristianesimo". Kant cercò di discolparsi, facendo notare che già nel titolo del libro, aveva espressamente dichiarato di voler considerare la religione dal solo punto di vista della ragione, accettando i dati della Rivelazione così come la tradizione li offriva.

+ 1795 Per la pace perpetua, che esprime il punto di vista kantiano sui problemi politici.

+ 1797 Si ritira dall'insegnamento universitario e pubblica la Metafisica dei costumi.

+ 1798 Scrive l'Antropologia pragmatica.

ASPETTO ANALITICO E SISTEMATICO

Lo gnoseologismo

Il pensiero moderno assume ad argomento centrale d'indagine il problema gnoseologico e quello metodologico. In Kant essi divengono così esclusivi da costituire l'oggetto della metafisica e della stessa filosofia. Nella Prefazione alla CRP K. fa notare l'improrogabile necessità che la ragione eriga un tribunale contro se stessa, per stabilire i suoi giusti diritti, secondo le proprie eterne ed immutabili leggi.

Il criticismo

L'atteggiamento kantiano nei confronti della ragione intende essere critico: quindi non dogmatico né scettico, e si esplica nel "sottoporre ad esame non i fatti della ragione, ma la ragione stessa in tutta la sua potenza e capacità di conoscenze pure a priori" (CRP).

Dogmatismo è l'affidarsi ciecamente alla ragione quasi facoltà infallibile.

Scetticismo è negare in modo preconcetto qualsiasi possibilità alla ragione.

Criticismo è voler rendersi conto delle possibilità della ragione e dei suoi limiti.

In questo Kant è pienamente iilluminista, anzi porta a completa maturazione l'illuminismo, affidandosi completamente alla ragione, ma volendo prima conoscere che cosa essa sia e che cosa essa possa.

Il problema kantiano

Il problema centrale della ricerca kantiana è, quindi, di stabilire i limiti e le possibilità della ragione.

La ragione per la filosofia moderna si incarna nel pensiero scientifico, cioè in una conoscenza dei fatti dell'esperienza che pretenda di essere universale necessaria. Ma le due principali correnti di tale filosofia, cioè il razionalismo e l'empirismo, nel tentativo di fondare "la ragione scientifica" si sono trovate di fronte a problemi insormontabili.

Infatti: il razionalismo tradizionale (Cartesio, Leibniz, Wolff...) afferma l'universalità e necessità della scienza, che gli deriva dalla sua struttura matematica, ma poi non sa connettere tale struttura al mondo oggettivo se non attraverso costruzioni artificiose (vedi al "Deus ex machina" cartesiano, il parallelismo metafisico, l'armonia prestabilita, ecc.).

L'empirismo, d'altra parte, ha il grande merito di fondarsi sull'esperienza e quindi di arricchire la conoscenza scientifica attraverso l'abbondanza dei dati. Purtroppo però stenta a giungere alla necessità e universalità che sono proprie della scienza stessa.

Kant, da un lato accetta la critica empirista alle pretese di travalicare i semplici dati sensibili, ma dall'altro è costretto ad ammettere che ci sono questioni, che vanno al di là della conoscenza sensibile, che la ragione non può respingere e che tuttavia sono per principio irrisolvibili con i suoi mezzi.

Il riferimento è ai problemi etici, religiosi ed estetici, che non possono avere i loro fondamenti nell'esperienza sensibile.

In sintesi, due sono i problemi essenziali affrontati da Kant:

- Come rendere possibile e valida la scienza (per ciò che riguarda l'esperienza).

- Come rendere possibile e valida la vita etico-religiosa (per ciò che travalica l'esperienza).

Al primo problema risponde con la Critica della ragion pura; al secondo con la Critica della ragion pratica e con la Critica del giudizio.

Gli scritti precritici

Per scritti precritici intendiamo quelli che precedono le tre Critiche, costituenti il frutto più maturo della speculazione kantiana: gli scritti precedenti ne esprimono la lenta ma assidua preparazione. E' di capitale importanza notare che Kant esordisce come cultore della scienza fisica, anzitutto perché questo sarà il problema fondamentale della prima Critica, e poi perché si comprende meglio come Kant fosse, così, già avviato a superare le due tendenze, allora in contrasto sul terreno filosofico, dell'empirismo e del razionalismo. Di carattere scientifico, infatti, sono la maggior parte dei suoi primi scritti, a cominciare dai Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive (1746). In quest'ultima opera è notevole l'affermazione (nel § 19) che la metafisica, come molte altre scienze, deve anch'essa tenersi nei limiti di una conoscenza ben fondata.

Nonostante l'interesse che Kant ha portato sempre alle particolari questioni scientifiche, è tuttavia fuori di ogni dubbio che l'interesse in lui prevalente era per il problema stesso della scienza, e perciò della metafisica, la quale, nella sua mente, doveva essere rinnovata in modo da diventare veramente "scienza dei principi": scienza dei principi generali per una conoscenza scientificamente fondata. Questa tendenza a concepire la metafisica come, quasi, una "fisica superiore", era, del resto, una tendenza comune ai filosofi del tempo, che univano l'interesse per la scienza a quello puramente speculativo. L'intoppo per Kant, in questo periodo specialmente, ma sempre infine, è stata la mescolanza, che in quella metafisica avveniva comunemente, fra problema scientifico e problema morale: Kant, anche per la sua educazione religiosa, ripugnava a tale mescolanza, ma non vedeva la via d'uscirne. Di positivo, intanto, in questo periodo, c'è lo sforzo persistente di arrivare alla fondazione di una metafisica che, mentre vada incontro concretamente al problema della scienza, non comprometta la questione morale e religiosa, ossia la netta distinzione del mondo da Dio creatore.

La Dissertazione del '70

Questo scritto è di eccezionale importanza perché in esso sono, germinalmente, tutti temi che poi saranno approfonditi e svolti nella Critica della ragion pura. Di perentoriamente acquisito, tuttavia, già in questa dissertazione, è soltanto la dottrina delle forme della sensibilità, del tempo e dello spazio come intuizioni pure, con una argomentazione che verrà quasi letteralmente riprodotta nella prima parte della Critica della ragion pura che è l'Estetica trascendentale: "L'idea del tempo non nasce, ma è supposta dai sensi"; non è un concetto, ossia un generale che comprenda sotto di sé altri concetti particolari; è un'intuizione soggettiva, non oggettiva, ossia riguarda la costituzione propria dell'uomo, e perciò le condizioni sotto le quali può esistere un oggetto di conoscenza fondata sull'esperienza umana. Così per spazio, in quanto condizione della percezione degli oggetti esterni.

La differenza principale fra questa dissertazione e l'opera posteriore è che qui senso e intelletto sono nettamente distinti con questo ambiguo criterio: che il senso riguarda il mondo del fenomeno, ossia delle cose come si presentano a noi; l'intelletto riguarda il noumeno, le cose come sono in sé stesse. Ma viene, ciò nonostante, ripetutamente affermato che anche la fenomenicità del mondo sensibile non è affatto illusoria, ma dà la realtà dell'esistenza delle cose soggette al senso e il fondamento di ogni verità di esperienza intorno ad esse. C'è, anzi, un'esplicita puntata contro l'idealismo: l'oggetto, il mondo, è presente realmente alla nostra sensibilità: senza di che neppure ci sarebbe sensazione. Tempo e spazio non sono "creazioni" del nostro spirito, ma forme date della sua attività; e son forme assolute, prime, del mondo sensibile, il quale si presenta, così, come un mondo unico, sempre uguale a se stesso, sebbene dominato dal rapporto spazio-tempo e vario nelle sue manifestazioni. Il che costituisce il fondamento primo della scienza fisico-matematica.

La "Critica della ragion pura" e i "Prolegomeni"

La CRP uscì in prima edizione nel 1781, in seconda edizione nel 1787; generalmente è questa ancor oggi che viene adottata. Le modificazioni che Kant apportò alla prima edizione non sono tali da alterare di molto il pensiero precedente: la maggior parte consiste in abbreviazioni o aggiunte, o rifacimenti da quali Kant si riprometteva maggiore chiarezza o precisione. La differenza maggiore è che nella seconda edizione fu aggiunta una parte polemica contro l'interpretazione idealistica che alcuni avevano dato alla dottrina. Un po' per evitare questo pericolo, ma più di tutto per il generale lamento che la sua opera fosse oscura e troppo complicata, Kant s'indusse allora a darne un'esposizione più semplice, e di più facile lettura e ne vennero fuori così i Prolegomeni ad ogni futura metafisica che vorrà presentarsi come scienza (1783). Qui si parte, senz'altro dal fatto che esistono due scienze, la fisica e la matematica, le quali, come viene dimostrato, possono giustificare i loro fondamenti criticamente: si vorrebbe sapere, quindi, se la metafisica può fare altrettanto. In questo scritto, inoltre, Kant dichiara l'importanza che ebbe Hume sul corso del suo pensiero: e cioè quella di averlo tolto da "sonno dogmatico" in cui si trovava e di aver dato una svolta alla sua ricerca nel campo della filosofia speculativa (Prefazione ai Prolegomena).

Il tema principale della CRP è quello di dimostrare (contro lo scetticismo humiano) la validità del sapere scientifico, e, per questa via, in apparente accordo con Hume, la mancanza di fondamento scientifico della metafisica che pretendeva al titolo di scienza, anzi di scienza superiore alle altre scienze perché non ristretta nei limiti dell'esperienza. Il titolo dice, dunque, in primo luogo, che la Ragion pura, presente nell'uomo come facoltà superiore allo stesso intelletto, in quanto questo è, nel conoscere, limitato dal senso, si accinge a far l'esame dei fondamenti su cui riposa l'edificio della scienza, poiché, come si dice nell'Introduzione sin da principio, "non c'è dubbio che ogni nostra conoscenza comincia dall'esperienza", ma è altrettanto fuori di dubbio che la validità del nostro conoscere "non deriva tutta dall'esperienza".

Le domande essenziali che Kant di pone al riguardo sono tre:

a) com'è possibile la conoscenza scientifica?

b) quali sono i limiti della ragione?

c) è possibile una metafisica "scientifica"?

Per rispondere alla prima domanda occorre analizzare la differenza tra fisica e metafisica: nella prima la ragione è in contatto con l'esperienza, nella seconda no. Questa differenza è la stessa che intercorre tra Empirismo e Razionalismo, i quali, in sostanza si contraddistinguono tra loro per i diversi tipi di giudizi, di conoscenze, a cui si affidano. Il primo è legato al giudizio sintetico, il secondo al giudizio analitico. Occorre qui tener presente che per Kant conoscere è giudicare, che è poi, aristotelicamente, attribuire un predicato ad un soggetto.

1) Giudizio sintetico: "alcuni corpi sono pesanti", il predicato dice qualcosa di più del soggetto, quindi il giudizio sintetico ha come pregio di estendere il sapere. Ha invece come limite di non essere necessariamente e universalmente valido in quanto occorre il ricorso all'esperienza per poterlo dimostrare.

2) giudizio analitico: "tutti i corpi sono estesi", il predicato esplica il contenuto del soggetto, ma non ne amplia la conoscenza. Ha quindi come pregio di essere universale e necessario, ma anche il limite di essere sterile, cioè di non estendere le nostre conoscenze.

La conclusione per Kant è che né l'Empirismo, né il Razionalismo sono quindi in grado di fondare una conoscenza scientifica. Infatti l'Empirismo cade nello scetticismo, in quanto nega la validità obbiettiva del sapere scientifico (le leggi); mentre il Razionalismo cade nel dogmatismo, in quanto si chiude in una sterile analisi concettuale.

La possibilità della scienza sarebbe data solo da giudizi che possedessero la necessità ed universalità dell'apriori e la ricchezza dell'aposteriori: da quei giudizi, cioè, che Kant chiama "sintetici a priori". Ma: sono possibili tali giudizi?

"Materia" e "forma" del giudizio. La rivoluzione copernicana

Nel giudizio si devono distinguere due elementi: la materia e la forma. La materia è il contenuto, il dato dei sensi. La forma è la strutturazione, la connessione che i dati stessi, di per sé slegati ed informi, assumono nella nostra mente.

Ora: secondo la tradizione, non solo i dati dei sensi, ma la loro stessa connessione sono dati dell'esperienza, cioè sono esistenti nella realtà. Per Kant, al contrario, chi dà "forma", cioè ordine, chi fa del caos delle sensazioni ("la mischia delle sensazioni") il "cosmos" della conoscenza è il nostro intelletto. Intelletto che quindi diviene il demiurgo, il legislatore della natura. (vedi l'introduzione alla CRP).

E' questa la grande scoperta kantiana, la cosiddetta "rivoluzione copernicana": l'intelletto dipendeva prima dall'ordine del mondo, ora è l'ordine del mondo che dipende dall'intelletto (vedi nota 2 della prefazione alla CRP).

Ammesso quindi che sia il soggetto che organizza e dà ordine alle impressioni informi, si tratterà di vedere come ciò avviene, cioè quali sono le forme a priori che rendono possibile la conoscenza. La CRP è appunto l'indagine delle forme a priori che rendono possibile la conoscenza, organizzando i dati dei sensi. Ed è proprio in questo significato che la ragione è detta pura: e, cioè, considerata nelle sue forme, a prescindere dalla materia delle sensazioni. Significato affine è quello di trascendentale: indicante tutto ciò che è nel soggetto, anteriore (in senso logico, se non cronologico) alla sensazione e rende possibile la conoscenza. L'opposto di trascendentale è empirico, che indica tutto ciò che deriva dall'esperienza. Trascendente poi è tutto ciò che va al di là delle reali possibilità della ragione pura e sarà dato, almeno in parte, dalla ragione pratica.

Altro termine da chiarire è oggetto, che non è esattamente l'essere della realtà a noi esterna, ma piuttosto la sintesi di forma e materia presente nella nostra mente ovvero l'essere in quanto conosciuto, essendo l'intelletto a costituire il suo oggetto.

Divisione della Critica della Ragion Pura

La Crp è divisa in tre grandi parti, secondo le tre facoltà conoscitive che Kant attribuisce all'uomo:

- Estetica trascendentale (dal greco: "aisthanomai"=sentire). Vi si tratta delle forme a priori dell'intuizione sensibile (spazio e tempo).

- Analitica trascendentale. Vi si tratta delle categorie a priori dell'intelletto.

- Dialettica trascendentale. Vi si tratta dei falsi ragionamenti della ragione vera e propria, la quale tende ad estendere le forme a priori al di là dell'esperienza e quindi a formare idee assolute (anima, Dio, mondo), che non hanno autentico fondamento.

Analitica e Dialettica trascendentale sono raggruppate nella Logica trascendentale.

L'estetica trascendentale

L'avvio della riflessione kantiana è dato dal presupposto che esistano principi puri, trascendentali: tali cioè, che, sebbene sempre incorporati nell'esperienza, sono da questa presupposti come ragione della validità dell'esperienza stessa.

La prima parte della CRP, l'Estetica trascendentale, pone la condizione fondamentale di ogni conoscenza riguardante il mondo dell'esperienza: la sensibilità, la quale non è soltanto ricettività, capacità di ricevere modificazioni dagli oggetti, ma anche attività per le due sue forme originarie, lo spazio e il tempo (che qui viene definito quale forma del "senso interno", distinto dallo spazio, ch'è forma del "senso esterno"). Già dalla Dissertazione sappiamo che spazio e tempo non sono concetti, ma intuizioni, anzi intuizioni pure (intuizioni empiriche sono le semplici percezioni delle cose).

Abbiamo quindi l'aspetto passivo dell'intuizione; il soggetto è modificato (affiziert) dall'oggetto:

- la sensibilità = "capacità (recettività) di ricevere rappresentazioni per il modo in cui siamo modificati dagli oggetti".

- sensazione: "l'azione di un oggetto sulla capacità rappresentativa, in quanto ne siamo affetti".

Ma c'è da tenere in conto anche l'aspetto attivo dell'intuizione. Infatti, tutti i fenomeni esterni, pur essendo svariatissimi nella materia sono eguali nella forma: non possono essere percepiti che in uno spazio e con una dimensione spaziale. Lo stesso per i fenomeni interni: non sono percepibili che in un tempo. Inoltre, poiché i fenomeni esterni, dal momento che sono percepiti diventano interni, oltre che in uno spazio devono essere percepiti anche in un tempo.

Spazio e tempo sono dunque forme della sensibilità: l'uno della sensibilità esterna, l'altro di quella interna. Ma (ed ecco la novità) sono forme a priori. In altre parole: non sono date con la "materia" della sensazione, ma al contrario sono applicate dal a soggetto stesso alla materia in modo che venga organizzata secondo una "forma" e rappresentano quindi l'aspetto attivo dell'intuizione. Spazio e tempo possono essere detti condizione di possibilità dei fenomeni, cioè senza di essi non si dà conoscenza, non si danno gli oggetti in quanto da noi conosciuti. In particolare due forme di conoscenza, la geometria e la matematica, essendo fondate su una costruzione di concetti a priori, sono rese possibili dalle due intuizioni pure di spazio e tempo. Infatti, la validità della geometria è basata sull'intuizione dei rapporti spaziali delle figure; quella matematica si basa invece sui numeri, che rappresentano la successione temporale delle unità.

Il discorso conclusivo sull'estetica è quanto mai chiaro: l'esperienza, è, come per Hume, sempre differente, e quindi, non ha legge; la legge le viene imposta dallo spirito.

L'analitica trascendentale

Così la conoscenza ha necessariamente il suo inizio nella sensazione, che ci dà le intuizioni fenomeniche. Ma è poi l'intelletto che deve organizzare gli oggetti intuiti. Intuizione e concetti costituiscono gli elementi di ogni nostro conoscere. Quindi: né concetto senza intuizione né intuizione senza concetto. Il rifiuto degli opposti partiti: razionalismo ed empirismo, appare qui evidente. ("I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche", introd. alla CRP). Quest'ultima è una tesi centrale nella filosofia di Kant ed anche la ragione del suo rifiuto della metafisica tradizionale, che pretenderebbe di utilizzare concetti senza intuizioni.

Dunque: la conoscenza scaturisce dall'unione di sensazione e intellezione. Ora, nell'intellezione si possono distinguere due aspetti:

- Le forme a priori, le condizioni di possibilità della conoscenza o giudizio.

- L'applicazione di queste forme a priori alla sensazione; cioè il modo in cui concretamente avviene il giudizio.

Kant chiama il primo aspetto: Analitica dei concetti; il secondo: Analitica dei principi.

Analitica dei concetti

Essa si verifica quando si ha la scomposizione di ogni conoscenza nelle sue parti elementari e costitutive per trovare le forme a priori su cui si basa. Questa ricerca ha luogo tenendo presente la funzione specifica dell'intelletto che, a differenza della sensibilità, è una facoltà attiva e discorsiva, che conosce attraverso i concetti. E i concetti per Kant sono funzioni, cioè "l'unità dell'atto che ordina diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune". Kant chiama le forme a priori, i concetti puri dell'intelletto "categorie". Queste sono i modi (fondamentali) in cui l'intelletto pensa, e, quindi la struttura di ogni pensiero, di ogni conoscenza. Il termine "categoria" è aristotelico, ma il significato è differente. In Aristotele, infatti, le categorie sono dal punto di vista ontologico i modi basilari con cui l'essere si presenta, dal punto di vista logico sono i vari modi con cui attribuiamo un predicato ad un soggetto.

In Kant esse sono solo funzioni, mediante le quali l'intelletto unifica ed ordina la materia del conoscere e quindi unicamente leggi del pensiero e non dell'essere.

La funzione delle categorie è propriamente quella di imprimere un carattere "oggettivo" ed universale alle intuizioni fenomeniche, perché solo in tal modo è possibile la scienza.

Quante sono le categorie? Partendo dal presupposto che conoscere è giudicare e sapendo che il giudizio comporta l'unificazione della molteplicità delle intuizioni sensibili, vi dovranno essere tante forme pure o categorie quante sono le forme di giudizio. Ora le forme di giudizio comprendono quattro gruppi di tre forme ognuna, cui, quindi, dovranno corrispondere dodici categorie.

GIUDIZI

CATEGORIE

 

Universali

Unità

QUANTITA'

Particolari

Pluralità

 

Singolari

Totalità

 

Affermativi

Realtà

QUALITA'

Negativi

Negazione

 

Infiniti

Limitazione

 

Categorici

Inerenza e sussistenza

RELAZIONE

Ipotetici

Causalità e dipendenza

 

Disgiuntivi

Reciprocità

 

Problematici

Possibilità-impossibilità

MODALITA'

Assertori

Esistenza-inesistenza

 

Apodittici

Necessità-contingenza

L'appercezione trascendentale e l'"Io penso"

La conoscenza è dunque un processo di unificazione dei fenomeni mediante le categorie, ma sarebbe impossibile una qualsiasi unificazione senza un principio uno e costante: e questo è l'io, cioè "quell'unità di coscienza che antecede tutti i dati dell'intuizione ed in rapporto alla quale soltanto è possibile ogni rappresentazione di oggetti". Questa unità di coscienza "deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni; ché altrimenti ci sarebbe in me qualcosa di rappresentato, che non potrebbe essere per nulla pensato, il che significa poi che la rappresentazione o sarebbe impossibile, o almeno per me, non sarebbe". Essa si manifesta attraverso quell'atto che l'"Io penso". Questo atto infatti si accompagna a tutte le rappresentazioni e anzi ne è la stessa condizione di possibilità. L'Io penso è detto da Kant appercezione trascendentale. "Appercezione" è termine leibniziano derivato dal francese s'apercevoir "accorgersi di" e significa "coscienza". "Trascendentale" perché è condizione di possibilità di ogni conoscenza. Esso è il centro puramente formale (privo di contenuto sensibile) a cui si riferiscono tutte le rappresentazioni in quanto appartenenti ad una identica coscienza. E' in altri termini "l'autocoscienza in quanto produce la rappresentazione: Io-penso".

Questo "io", quindi, non va concepito come un qualcosa di sostanziale, ma solo come una determinazione logica; esso è un fenomeno tra gli altri fenomeni. E' la consapevolezza di me stesso come potenza unificatrice e inoltre alla condizione limitativa del senso interno e quindi del tempo.

Analitica dei principi

In questa parte dell'Analitica trascendentale Kant stabilisce i principi che offrono la possibilità di un'oggettiva applicazione delle categorie alle singole intuizioni fenomeniche.

L'immaginazione produttiva e lo schematismo trascendentale.

A questo punto Kant si pone due questioni:

- le categorie sono molte: come mai applico diverse categorie a diverse intuizioni empiriche? In altri termini: che cosa mi garantisce la validità delle forme a priori applicate alle diverse sensazioni?

- essendo sensazione ed intellezione di natura diversa, come avviene l'influsso dell'una sull'altra?

Come si può ben notare queste due questioni sono riconducibili al capitolo del rapporto tra sensibilità ed intelletto, corpo e mente: l'eterno problema che Aristotele risolse con la teoria dell'intelletto agente, S. Agostino con la teoria dell'illuminazione, Cartesio con quella dell'intervento divino, Malebranche con l'occasionalismo, Leibniz con l'armonia prestabilita, Spinoza con il parallelismo metafisico.

Kant risolse invece il problema con la teoria dell'immaginazione produttiva. Con essa K. trovava il trait d'union tra le categorie e i fenomeni, tra l'intelletto e la sensibilità. Quindi l'immaginazione produttiva è una facoltà intermedia che rende possibile la conoscenza intellettiva, applicando le categorie a priori ai fenomeni.

Resta ancora da sapere perché l'immaginazione applica certe categorie e non altre, a certi fenomeni. Ciò avviene in virtù dello schematismo trascendentale, per il quale a certe sensazioni che si presentano con date caratteristiche, viene applicata una data categoria. Per esempio: la permanenza nel tempo è la configurazione schematica (lo "schema", nella terminologia kantiana) della sostanza; la successione lo schema della causalità; la simultaneità lo schema dell'azione reciproca, ecc.

L'operazione stessa dell'applicazione delle categorie è detta deduzione trascendentale.

Fenomeno e noumeno

Siamo così giunti al problema cruciale di tutto il criticismo kantiano: a parte le forme a priori (che sono appunto forme pure, cioè "vuote"), che cosa conosciamo? Kant risponde con chiarezza: il fenomeno, non il noumeno. Il fenomeno è ciò che si presenta alla nostra intuizione sensibile, è il semplice apparire delle cose, dato che è impossibile per la sensazione penetrarne e capirne l'ipotetica natura. Kant, tuttavia, pura ammettendo che i fenomeni sparirebbero se sparisse il soggetto che ne è la condizione di possibilità, non cade nell'immaterialismo berkeleyano: "Io ammetto che fuori di noi ci siano dei corpi, cioè "cose" che, quantunque completamente sconosciute a noi per ciò che sono in se stesse, noi conosciamo per mezzo delle rappresentazioni che il loro influsso sulla nostra sensibilità ci fornisce e alle quali noi diamo la denominazione di "corpo", la quale parola significa soltanto il fenomeno di quell'oggetto che è a noi sconosciuto ma che non per questo è meno reale" (Prolegomeni).

Il noumeno o cosa in sé sarebbe l'oggetto del nostro intelletto. Diciamo "sarebbe", perché l'intelletto non può giungere al noumeno in quanto legato alla sensazione, la quale non può presentare che fenomeni. Ma allora, come è possibile formarsi un'idea dell'esistenza di un noumeno? Negativamente, come "concetto-limite", cioè come esigenza di dare una base (ignota) all'esistenza del fenomeno stesso. "Sorge così il concetto di "noumeno", ma non in senso positivo: esso non designa una determinata conoscenza di qualche cosa, ma solo il pensiero di qualcosa in cui astraggo da ogni forma di conoscenza sensibile".

Kant tuttavia cede anche ad un concetto leggermente più positivo del noumeno stesso: esso sarebbe il sovrasensibile, l'assoluto, il puro intelligibile, causa in qualche modo dei fenomeni stessi.

La dialettica trascendentale

"Ogni nostra conoscenza sorge dai sensi, indi va all'intelletto e finisce alla ragione, al di sopra della quale non c'è in noi nulla di più alto per elaborare la materia dell'intuizione e sottoporla alla più alta unità di pensiero".

La Dialettica trascendentale è la sfera di operazione della ragione. Della ragione in generale Kant fa un duplice uso:

- nell'Analitica essa è uno strumento di conoscenza scientifica e certa;

- nella Dialettica la ragione svolge un ruolo specifico, totalmente diverso dall'intelletto.

La ragione (Vernunft), nel contesto della Dialettica trascendentale, è definita da Kant la facoltà dei principi universali. Si tratta di grandi sintesi di pensiero che non possono costituire oggetto di conoscenza, poiché mancano di una materia a cui fare riferimento. Per questo non realizzano le condizioni fondamentali kantiane della conoscenza come sintesi di materia e forma. In altri termini: la ragione, in quest'opera di sintesi vorrebbe oltrepassare la sfera puramente fenomenica e pervenire all'essere, ma questa è un'illusione. Per cui è illusione la metafisica, in quanto presunta scienza dell'essere, del noumeno. Scopo della dialettica trascendentale sarà dunque quello di sfatare i falsi ragionamenti, i paralogismi della metafisica, dimostrandoli appunto illusori.

Le idee trascendentali o paralogismi

Il processo unificativo non si arresta quindi alle categorie dell'intelletto: l'uomo vuole giungere ad una assoluta unità non più fenomenica ma noumenica. Così l'umanità si costruisce quei concetti grandiosi e totali, intorno ai quali da sempre è gravitato il pensiero e il lavoro dei filosofi. Kant li chiama idee.

In quale senso Kant usa il termine "idea" (Begriff)? Certamente non secondo l'uso corrente nel suo tempo, ma piuttosto nel senso platonico, intendendoli come "archetipi delle cose stesse".

Le idee trascendentali son tre:

- L'idea del mondo, che dà unità a tutti i fenomeni dell'esperienza (cosmologia).
- L'idea dell'io o dell'anima, che si crede sottostare a tutti i fenomeni dell'esperienza interna (psicologia).
- L'idea di Dio, che si pensa come la causa prima ed assoluta di tutto.

Le argomentazioni addotte dalla metafisica tradizionale per dare una base ontologica a queste tre idee secondo Kant sono false e si riducono a paralogismi, cioè ad argomentazioni con parvenza di verità. E questo non è dovuto a malafede, ma è un'esigenza della natura stessa della ragione. Si tratta di un'illusione trascendentale.

I motivi che inducono Kant a rifiutare tali argomentazioni e a giudicarle illusorie e illegittime sono vari: uno generico, gli altri specifici per ognuna delle tre idee:

- Argomento generico: Le idee della ragione non soggiacciono al criterio di possibilità e verità di ogni conoscenza, cioè la sintesi a priori. Infatti esse sono forme a priori a cui manca un contenuto sensibile.

- Argomenti specifici:

L'idea dell'anima

Essa si forma per un procedimento sofistico (per un paralogismo), per cui si sostanzializza, si fa un noumeno del fenomeno "Io penso". Il paralogismo consiste appunto nel passaggio ingiustificato dal fenomeno "Io penso", che ci è dato come suprema forma a priori di unificazione delle conoscenze, al noumeno "anima", che starebbe al di sotto, come substrato permanente e come essere semplice e immateriale. Da ciò deriva quella pseudoscienza che è la psicologia metafisica, coi suoi falsi problemi.

L'idea del mondo.

L'infondatezza dell'idea cosmologica risulta da 4 gruppi di antinomie, cioè di posizioni fra loro opposte e contraddittorie e, nel medesimo tempo, egualmente plausibili.

Prima antinomia (origine del mondo-eternità del mondo).

Tesi: Il mondo ha avuto inizio nel tempo ed ha limiti nello spazio

(Ragione: una serie infinita non spiega se stessa).

Antitesi: Il mondo ha avuto un inizio nel tempo ed è infinito nello spazio (Ragione: un inizio richiede sempre un tempo precedente e questo un altro, all'infinito. Così pure ogni parte dello spazio è contenuta in un'altra più vasta, all'infinito).

Kant, da parte sua sopprime la contraddizione (l'antinomia) tra un tempo infinito e l'origine del tempo, considerando il tempo come una forma oggettiva, valida soltanto nel dominio dei fenomeni: perciò le due proposizioni: "il mondo ha inizio nel tempo", "il mondo non ha alcun inizio" sono ugualmente false.

Seconda antinomia (la famosa antinomia del continuo, già implicita in Zenone):

Tesi: ogni sostanza composta consta di parti semplici ovvero indivisibili. Questa è la tesi della monadologia leibniziana (Ragione: se non esistessero le parti semplici non esisterebbe neanche il composto. Il composto è per definizione divisibile. Ma dividere vuol dire scomporre, ridurre in parti e per quanto lo si faccia, sempre di parti sostanziali si tratterà).

Antitesi: non esiste alcuna cosa semplice nel mondo. Questa è la teoria di Hume. (Ragione: Se è vero che tutto ciò che è composto occupa spazio ed anche le sue parti sono estese nello spazio, esse sono a sua volta divisibili, cioè scomponibili in parti e quindi il semplice, cioè l'indivisibile, non esiste).

Kant risolve l'antinomia allo stesso modo della precedente.

Terza antinomia

Tesi: Oltre la causalità naturale, meccanica, esiste una causalità libera (Ragione: nell'ordine delle cause meccaniche ognuna è subordinata all'altra, all'infinito, ma nessuna spiega se stessa completamente e quindi neppure le altre da essa dipendenti).

Antitesi: Esiste solo una causalità naturale, meccanica (Ragione: infatti una causa libera sarebbe incausata, e questo sarebbe negare il principio di causalità).

Quarta antinomia

Tesi: Vi è qualcosa di assolutamente necessario che sta alla base degli esseri condizionati (Ragione: i condizionati o contingenti rimandano ad un necessario per la spiegazione della loro esistenza).

Antitesi: Non esiste nulla di assolutamente necessario, ma ogni essere è condizionato (Ragione: se infatti vi fosse un essere necessario, questo sarebbe un inizio senza causa: il che è opposto al principio di causalità).

L'idea di Dio

L'idea di Dio (teologia) è la suprema idea unificante. Infatti: se nell'idea del mondo si unificano tutti i fenomeni esterni; se nell'idea di anima si unificano quelli interni, nell'idea di Dio si unificano entrambi. Kant esamina gli argomenti tradizionali per dimostrare l'esistenza di Dio e li suddivide in tre gruppi:

1) Argomento ontologico. Esso non regge perché contiene un indebito passaggio dall'ordine ideale a quello reale. Non si può dedurre l'esistenza di Dio dalla sua pura essenza, senza averne fatta una previa esperienza.

2) Argomento cosmologico. Dall'esistenza degli esseri contingenti si sale all'esistenza dell'essere necessario. Tutto l'argomento è basato sul principio di causalità. Ma tale principio è valido solo se applicato ai fenomeni e non ad un essere che per principio li trascende.

3) Argomento fisico-teleologico. Si basa sul fatto della finalità e dell'ordine del mondo. Il principio di finalità, secondo cui ogni fatto ha un proprio fine, può al massimo portare a credere che il fine, l'ordine razionale delle cose finite presupponga un essere finito di razionalità proporzionata all'ordine del tutto, ma è indebito dedurne l'esistenza di un essere infinito, a cui per principio è inapplicabile un principio naturale come quello di finalità.

Kant conclude il suo esame della "ragione pura" ribadendo che il suo valore è ristretto alla sola esperienza: ciò che la travalica non può essere provato né ammesso sul piano puramente razionale. D'altra parte non può neppure essere negato, proprio perché sta al di fuori del dominio della "ragione pura".

E tuttavia Kant ammette che le idee hanno una loro funzione anche nel campo della ragion pura. Il loro valore è duplice: si può fare di esse un uso regolativo e sono espressione di una possibilità.

Uso regolativo. Kant contrappone tale uso a quello costitutivo, che ci fornisce concetti di una determinata cosa. Il primo invece serve solo ad indirizzare l'intelletto, come un punto focale da cui si dipartono tutte le linee direttive, che servono a dare unità alla sua azione. Il contributo della ragione nel campo della conoscenza consiste appunto nel dare sistematicità, nel fornire una connessione secondo un principio regolatore. Tale principio è dato dall'idea, come un tutto di cui i concetti dell'intelletto non sarebbero che le parti tra loro coordinate.

Le idee della ragione ci additano una possibilità, e precisamente di un qualcosa che è al di là del limite dei fenomeni stessi e inoltre ci aiutano a determinarla, a darne un contorno, seppure al negativo. Questo è l'agnosticismo di Kant, che rinuncia sì a pronunziarsi sul noumeno e quindi accetta il limite, ma anche ne afferma il significato positivo, in quanto ne riconosce il ruolo propulsivo per la conoscenza e la morale.

Angelo Papi - Contatto

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 06-09-2015