Tradizione - Eredità

Home
Introduzione
Ambiente familiare
La guerra
Tesi di laurea
Studio intenso
L'università
Liberalismo socialista
Partito socialista
Pensiero economico
La rivista
Altri versanti
Fuga di Turati
Letture politiche
Riformismo liberale
Il confino
Il manoscritto
Socialismo liberale
Attualità
Tradizione - Eredità
Bibliografia
Ricerca


CONCLUSIONI
Tradizione ed eredità del liberalsocialismo
In un’intervista, Ralf Dahrendorf, alla domanda: <<Perché non ama essere chiamato liberalsocialista?>>, risponde: <<Credo che tutto dipenda dalla tradizione>>.
Dahrendorf aggiunge: <<Personalmente l’etichetta “liberalsocialismo” non mi ha mai convinto. Innanzitutto credo che la posizione di ciascuno vada definita soprattutto attraverso le azioni che compie. Il termine “liberalismo sociale” ha giocato un ruolo molto importante in Germania anche perché è stato un modo per definire l’alleanza di governo tra liberali e socialisti. Ma quella era ed è un’alleanza, non una prospettiva ideologica unitaria>>.

Omaggio delle Poste ai fratelli Rosselli (1990)

L’ambiguità deriva evidentemente dal fatto che liberalismo e socialismo sono storicamente considerati due termini antitetici, un “ossimoro”.
La congiunzione di liberalismo e socialismo nella stessa formula dà l’impressione di ambiguità. E’ un fatto che tutta la storia del pensiero politico dell’Ottocento, ed in parte anche del Novecento, potrebbe essere raccontata come la storia del contrasto tra liberalismo e socialismo.
Non vi è grande dicotomia nell’ambito delle Scienze Sociali, in cui liberalismo e socialismo non si collochino il primo da una parte, il secondo dall’altra.
Tuttavia è da considerare che questa serie di antitesi è destinata ad attenuarsi sino a scomparire del tutto, trasformando l’ossimoro in una sintesi, via via che ci si allontana dai movimenti socialisti influenzati dal marxismo. Se andiamo in Inghilterra, infatti, la prospettiva cambia.
La storia del liberalsocialismo si potrebbe far cominciare da John Stuart Mill. Sono note le sue simpatie, specie negli ultimi anni, per le idee socialiste.
In una lettera, spesso citata, indirizzata a Rau, Mill scrive: <<A me pare che il principale fine del miglioramento sociale debba essere preparato attraverso l’educazione per uno stato della società che combini la più grande libertà personale con la giusta distribuzione dei frutti del lavoro che le vigenti leggi sulla proprietà non permettono di raggiungere>>. Per indicare il superamento, Mill usa il verbo “combinare”, che sta a significare, da un punto di vista prammatico, l’esigenza di un incontro tra principi liberali e principi socialisti sul terreno della lotta politica.
Mill sostiene che, pur avendo la proprietà individuale un lungo avvenire davanti a sé, niente obbliga a credere che non debba subire qualche modificazione. Una società comunista però avrebbe bisogno, secondo Mill, di una educazione superiore da cui la società attuale è ancora troppo lontana.
Il saggio di Mill sul socialismo è prima di tutto uno studio su alcune correnti di pensiero socialista, distinte in scuole gradualistiche, cui va la sua simpatia, e rivoluzionarie, che vengono radicalmente respinte. Vi si ammette, però, che i principali difetti del sistema vigente possono ricevere emendamenti in modo da ottenere i principali vantaggi del comunismo per mezzo di disposizioni compatibili con la proprietà privata e con la concorrenza individuale. La parabola di Mill verso il socialismo permette di riflettere sul fatto che cominciò da allora un corso diverso nella storia delle idee, nei quali le due dottrine, tradizionalmente alternative, si sarebbero viste confluire l’una nell’altra.
Il filosofo Charles Renouvier, chiamato il filosofo del radicalismo politico, nell’opera “La science de la morale”, scrive che la società attuale ha teoricamente rifiutato sia il comunismo sia l’individualismo nella loro accezione ordinaria ed astratta. Ma, dal punto di vista pratico, si scopre che una parte di verità è contenuta in entrambe le idee: la società cerca, infatti, la sua organizzazione in una sintesi tra le due. Comunismo ed individualismo sono indispensabili: l’unico problema è quello di definire nella società attuale ciò che deve essere comune e ciò che deve appartenere all’individuo. Nella giusta delimitazione delle due forze si trova l’armonia sociale.
Nell’ultima sua opera “La nouvelle monadologie”, distingue quattro posizioni rispetto alla questione sociale: quella che qui ci interessa ovvero quella che può essere chiamata dei socialisti liberali, che <<chiedono alla ragione ed alla libertà dei cittadini, presi nella loro qualità di produttori e di consumatori, di unirsi, in associazioni limitate>> ed alla classe politica <<l’aiuto per l’assistenza delle parti meno garantite della popolazione>>.
L’idea che il socialismo non sia l’antitesi del liberalismo ma ne sia in certo modo la continuazione e l’adempimento, è il punto di vista principale da cui si pone il socialismo liberale italiano.
Rispetto a tutti i precedenti stranieri il socialismo liberale di Rosselli è autoctono. Ed è indipendente anche rispetto ai precedenti italiani.
In ogni caso, come abbiamo potuto constatare, il socialismo liberale in tutte le sue forme, variazioni e diramazioni, si propone sempre come alternativa al marxismo, di cui critica, filosoficamente,il determinismo ed il materialismo, ovvero la negligenza delle forze morali che muovono la storia, economicamente, il collettivismo globale, politicamente, l’inevitabile esito dispotico dello Stato materialistico e collettivistico.
Il socialismo liberale partì dalla convinzione che i due “ismi” non costituissero affatto un’antitesi, un ossimoro, e pertanto la loro integrazione pratica dovesse essere intesa, se mai, come una sintesi, definita hegelianamente come il terzo momento di un’antitesi, negata e superata. Anzi, il socialismo fu concepito come un naturale sviluppo storico del liberalismo nel processo di emancipazione dell’umanità; di quel processo che si iscriveva nella teoria del progresso e della storia come storia della libertà. All’emancipazione politica, che era stata l’opera della Rivoluzione francese, sarebbe seguita l’emancipazione economica. Emancipazione religiosa ed emancipazione politica attendevano di essere compiute dall’emancipazione economica.
Le prime due forme di emancipazione hanno avuto successo. La terza si è dimostrata ben più difficile. Marx aveva visto chiaramente il primato del potere economico sugli altri poteri. Ma il rimedio che aveva proposto ha avuto l’effetto perverso che abbiamo tutti potuto constatare. E’ stato proprio questo effetto perverso che ha risuscitato in questi ultimi anni l’ideale del socialismo liberale. Il quale all’inizio era nato dall’esigenza di porre rimedio in nome del socialismo agli effetti pratici del liberalismo che, con lo sviluppo sempre più incontrollabile della società industriale, si era risolto in forme di oppressione e di schiavitù di massa. Oggi invece si ripropone come rimedio, in nome della libertà, al socialismo dispotico.
L’incontro tra liberalismo e socialismo, fondamentalmente, è avvenuto storicamente attraverso due vie diverse: dal libertarismo muovendo verso il socialismo; inteso come il completamento della democrazia puramente liberale; dal socialismo verso il liberalismo, inteso come condizione sine qua non di un socialismo che non sia illiberale. Come integrazione del secondo nel primo, come recupero del primo rispetto al secondo.
In Italia l’ossimoro ha avuto una sua maggiore ragion d’essere perché il fascismo si era affermato come la negazione sia del liberalismo in politica, in quanto dittatura, sia del socialismo in economia, in quanto difesa della società capitalistica minacciata dalla rivoluzione socialista in corso. Oggi, se mai, come ha avuto modo di sottolineare Norberto Bobbio, il rinnovato interesse per il discusso “ircocervo” potrebbe derivare da un’altra incombente doppia negazione che viene dalla parte dello schieramento cattolico integralista. Si tratta, però di un né – né completamente diverso: liberalismo e socialismo sarebbero da negare come prodotti entrambi del processo di secolarizzazione e di radicale laicizzazione della vita intellettuale e sociale che ha caratterizzato l’età moderna.
Vi si dovrebbe contrapporre una concezione solidaristica, non individualistica, della società, ed una forte ripresa di valori comunitari poco compatibili con la democrazia liberale, che viene respinta come atomistica ed atomizzante.
Resta da domandarsi perché non vi sia mai stato un partito liberalsocialista.
Bobbio afferma che la risposta debba cercarsi nell’essere, tanto il socialismo liberale quanto il liberalsocialismo, costruzioni dottrinali ed artificiali fatte a tavolino, più verbali che reali. Si è trattato di una composizione il cui significato storico come reazione, per un verso, ad un liberalismo asociale e, per un altro verso, ad un socialismo illiberale, è innegabile. Ma il suo valore teorico è tuttavia debole. La loro compatibilità non dice ancora nulla sulle forme ed i modi della loro possibile congiunzione. Più liberalismo o più socialismo? Dipende da chi fa la ricetta e dal modo in cui compone i diversi ingredienti.
Bobbio suggerisce, a riguardo, che si cammini con i piedi un po’ più per terra se si parla di libertà e di uguaglianza. Di fronte agli enormi problemi della società globale, che è quella dei nove decimi, parlare di problemi di libertà e di problemi di uguaglianza è forse più utile.
“Socialismo e libertà”: Ricordando Carlo Rosselli
L’attualità di Rosselli: Dal socialismo liberale una “seconda fase” nella costruzione del nuovo Partito del Socialismo Europeo in Italia.
Gli elementi di attualità di Carlo Rosselli e del Socialismo Liberale sono tre. Il primo è quello etico: il socialismo liberale di Rosselli è un socialismo dei valori. Il secondo è l’importanza del fattore istituzionale ai fini del pieno dispiegamento delle libertà e dell’effettiva realizzazione della sovranità popolare. Il terzo è il tema del necessario rapporto pubblico – privato nell’economia; per Giustizia e Libertà, era l’economia a due settori, oggi è il ruolo del pubblico in un’economia di mercato.
E’ quest’attualità che rende importante l’iniziativa dei Democratici di Sinistra.
Ma il convegno dei DS intendeva essere soprattutto un atto politico. Con questo convegno compirono, nel 1998, una precisa scelta politica. L’On. Valdo Spini relazionò: <<Noi siamo socialisti democratici e liberali. Siamo qui per interrogarci su cosa ci possa dire, alle soglie del Duemila, il messaggio politico ed ideale di Carlo Rosselli, il suo testo teorico>>.
Una prima precisazione si impone. Si parla del socialismo liberale, cioè di un revisionismo che parte dal socialismo. Il socialismo liberale di Carlo Rosselli intendeva fare i conti fino in fondo con Marx e con il revisionismo socialista, fare approdare compiutamente il socialismo all’idea di libertà.
In realtà Rosselli si colloca, primo tra i socialisti italiani, ma in compagnia di quei laburisti inglesi che egli aveva studiato da giovane economista, nel solco dei socialisti non marxisti. Nel suo caso, in un socialismo post – marxista che supera esplicitamente il dibattito revisionista interno al marxismo stesso; un moderno socialismo liberale. <<Con il socialismo liberale, asserisce l’On. Valdo Spini, si possono affrontare i problemi tipici del nostro tempo, quelli di una società complessa e stratificata, immersa in una competizione globale>>.
Oggi, superati dall’evoluzione del capitalismo i presupposti teorici del marxismo, caduta col muro di Berlino l’illusione di una lenta ma sicura trasformazione interna alle società del socialismo reale, si può o meno parlare di socialismo?
La risposta di Rosselli (e quella dei DS con lui) è che si può parlare di socialismo se si parla di socialismo liberale, di un “socialismo come attuazione progressiva dell’idea di libertà e di uguaglianza tra gli uomini”. E’ significativo, in questo senso, leggere oggi quanto scrive Tony Blair sulla sua Terza Via: <<La Terza Via costituisce un’importante momento di rivalutazione che trae vitalità dall’unione delle due grandi correnti di pensiero di centro sinistra – il socialismo democratico ed il liberalismo>>.
Rosselli, dal canto suo, è un socialista per il quale le socializzazioni, l’intervento pubblico nell’economia costituiscono un mezzo per la realizzazione delle libertà, per assicurarne l’effettivo godimento a tutti. Il socialismo democratico e liberale ha vinto la sua battaglia contro il socialismo autoritario e totalitario.
Questo è crollato mentre la democrazia e la libertà si sono diffuse ben al di là delle loro tradizionali frontiere. Ma, dopo la caduta del muro di Berlino, il socialismo democratico e liberale ha di fronte a sé come concorrente il liberal-liberismo, cioè un liberalismo economico ideologgizzato in termini di valori e di principi ideali e politici. L’attualità di Rosselli sta soprattutto nel fatto che il socialismo liberale intende accettare come terreno di confronto con il liberal-liberismo proprio quello delle libertà. In altri termini, la sfida di oggi si può sintetizzare così: chi riuscirà ad assicurare più libertà per tutti, il socialismo liberale o il liberal-liberismo?
Lionel Jospin così definisce quale dovrebbe essere l’Europa governata dai socialisti, rimanendo ancorata alla sua tradizione storica: <<Per rimanere fedele a ciò che ne fa la forza e la vocazione l’Europa deve essere umana e sociale. Questa civiltà si basa su dei valori: la democrazia rappresentativa, la solidarietà sociale, lo spirito d’impresa, le pari opportunità e la diversità delle identità culturali>>.
Quello che distingue il socialismo liberale dal liberal-liberismo è innanzitutto un principio filosofico o etico-politico. Per il socialismo liberale, il socialismo che deve essere realizzazione progressiva dell’idea di libertà, l’uomo può trovarsi in una condizione di reale libertà quando è libero dal bisogno, dalla disoccupazione, da quello che in genere può essere definito un condizionamento di carattere materiale o educativo rispetto alla possibilità di esplicare la propria personalità. Come risultato di questa condizione di libertà le facoltà dell’uomo si esprimono pienamente e le società si assestano su livelli più elevati sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Per il liberal-liberismo, è dalla spinta all’affermazione personale che deriva il progresso della società, da una competizione rude e senza troppi sentimentalismi. Se poi questa spinta è necessitata dallo stesso morso del bisogno o dalla mancanza di una tutela esaustiva delle condizioni sociali dell’uomo, il liberal-liberismo non si commuove troppo. Il socialismo liberale, invece, intende coniugare la spinta all’affermazione individuale, all’iniziativa economica, con la morale della responsabilità collettiva, col senso di solidarietà sociale e di responsabilità individuale verso la società stessa.
Tutto ciò potrebbe sembrare generico solidarismo. Ed infatti il socialismo liberale incontra sul piano dei valori quello cattolico. Ma lo distingue un elemento culturale, quindi laico. L’accento è posto sulla responsabilità dei comportamenti individuali. L’alternativa al liberal-liberismo è un’etica individuale della responsabilità collettiva.
Si diceva degli elementi di attualità del socialismo liberale. Il primo elemento è quello etico. Il socialismo liberale è laico, ma eticamente orientato. Quello che viene a perdere in termini di scientificità, il socialismo liberale lo viene a recuperare sul terreno etico, diremmo noi sul terreno dei valori. Il socialismo è socialismo dei valori.
Si manifesta qui il tema dei valori della politica. <<Un moderno partito del socialismo liberale, come sottolinea bene l’On. Valdo Spini, non può essere confinato all’organizzazione delle elezioni, lasciando ad altri il compito delle grandi battaglie politiche e sociali>>. Nella società della videocrazia il partito o è una comunità capace di saldare l’etica politica individuale con quella collettiva, con i suoi diritti ed i suoi doveri, o non è.
Parlare di Rosselli significa affrontare il problema dell’etica della politica e con essa il tema del partito, cui egli guardava come organizzazione aperta e federativa. Un tema ineluttabile.
Il secondo elemento di attualità del filone rosselliano è quello dell’autonomia e dell’importanza dell’aspetto istituzionale. Il fatto che l’elemento istituzionale possa condizionare il conseguimento degli ideali di Giustizia e Libertà, è un’intuizione di grande significato e di assoluta validità del socialismo liberale.
Il terzo elemento di attualità del socialismo rosselliano sta nell’essersi posto il tema del rapporto pubblico-privato in un’economia di mercato.
Rosselli ed il suo movimento, Giustizia e Libertà, si pongono il problema di cosa voglia dire socialismo liberale nell’assetto dell’economia e lo risolvono col tema dell’economia a due settori, il settore privato ed il settore socializzato.
Se vi ha da essere un monopolio, nelle parole di Riccardo Lombardi, questo ha da essere pubblico, proprio per garantire appunto una vera concorrenza e quindi una vera libertà.
Oggi il problema si pone in termini diversi: il mercato senza regole ed orientamento non raggiunge i suoi stessi fini.
Si chiede al pubblico di essere strumento regolatore, garanzia di funzionamento del libero mercato. Ed è giusto.
Quando si parla di buon funzionamento del mercato, però, ci si deve mettere dalla parte dei consumatori, della correttezza e non dell’avventurismo delle operazioni finanziarie di controllo aziendale; della formazione consapevole di una nuova forza lavoro dotata degli strumenti conoscitivi per affrontare adeguatamente le nuove, più ardue sfide dell’occupazione.
Siamo in una società caratterizzata dalla globalizzazione che non consente più di trovare nicchie nazionalistiche al riparo dalla competizione globale. Al tempo stesso però siamo in una società in cui, proprio per lo stesso processo di mondializzazione, la competizione non è più solo di imprese ma anche di sistemi, quindi di rapporti politici e sociali, di livelli di civiltà. Ma anche tale processo globalizzante presuppone nuovi impegni per i socialisti europei, a cominciare da quello dell’immigrazione e dei suoi diritti.
Dice Felipe Gonzalez: <<Se il socialismo democratico significa ancora qualcosa, ebbene questo qualcosa deve essere il desiderio di solidarietà con il vicino, con le zone più emarginate, con l’uomo che si trova oltre quella linea di divisione di civiltà e di culture che è il Mediterraneo>>.
Nella moderna società dell’informatica, lo sviluppo spontaneo porterebbe a restringere a pochi il beneficio dell’impressionante sviluppo scientifico e tecnologico del nostro tempo. Il socialismo liberale questi benefici li vuole assicurare a tutti. Il neo-socialismo europeo di questi anni Novanta ha fatto propria l’importanza del fattore umano come elemento significativo e caratterizzante, la sua educazione, la sua formazione, secondo una logica di uguaglianza di opportunità.
Prendiamo il caso della fame nel mondo e dello stato di indigenza in cui versa buona parte della popolazione mondiale. Si tratta di affermare quello che si chiama una “global governance”, un sistema articolato e flessibile nei rapporti politici, economici e sociali a livello internazionale.
<<Il socialismo liberale ci deve, suggerisce l’On. Valdo Spini, sollecitare ad una più moderna ed adeguata teoria del rapporto pubblico – privato>>.
Afferma Oskar Lafontaine: <<In questo periodo di grandi cambiamenti occorre, infine, modernizzare il concetto di socialdemocrazia. L’unica via in grado di offrire benessere e sicurezza al cittadino medio in un’economia globalizzata è la giustizia sociale attraverso la cooperazione internazionale>>.
Le ideologie hanno finora diviso. I valori possono unire. E quelli del socialismo liberale uniscono. Ha scritto Carlo Rosselli in “Per l’unificazione politica del proletariato”: <<Nessuna ragione di dissenso antica o recente, può essere tanto grave da giustificare l’eternarsi della divisione, nessun vantaggio derivante da una pretesa maggiore chiarezza e compattezza ideologica può superare l’immenso vantaggio derivante dall’unione delle forze e degli sforzi di tutti>>.
E da questo convegno è stato gettato un ponte verso questa unità: il Convegno su Rosselli ha anche avuto questo valore. Di essere stato un’offerta di convergenza e di unità, con spirito di pluralismo e di apertura a tutti coloro che in questi valori si riconoscono.
Una sorta di apertura di una seconda fase nella costruzione del nuovo Partito del Socialismo Europeo in Italia, iniziata nel 1997 a Firenze.
Carlo Rosselli fu un eretico rispetto al socialismo italiano dei suoi tempi. Ma non lo fu rispetto al partito laburista britannico degli stessi anni, e con “Socialismo liberale” intese aderire apertamente alla socialdemocrazia europea <<che si muove – sono parole di Rosselli – verso una forma di rinnovato liberalismo, che riassorbe in sé i movimenti apparentemente opposti (illuminismo borghese e socialismo proletario)>>. E’ vero che in questi anni, che hanno visto la loro quasi generale affermazione come forza di governo, i socialisti europei si sono mossi verso il centro, hanno sottolineato l’aspetto liberale della loro impostazione. E questa si è dimostrata la carta vincente. Ma lo hanno fatto partendo dalla loro tradizione di rappresentanza del mondo del lavoro. <<Il socialismo – afferma Rosselli – deve essere l’alfiere della classe oppressa>>.
Si tratta pertanto di riscoprire, con i valori di Rosselli, i valori del socialismo europeo.
Di questi valori dobbiamo essere orgogliosi.
Dunque non ci sono scorciatoie. La strada di una società responsabile, fondata sulla giustizia e sulla libertà è l’unica praticabile. E’ la sfida del nostro tempo: conciliare i due grandi valori del socialismo liberale. “Carlo e Nello Rosselli o Giustizia e Libertà. Per questo morirono, per questo vivono”, ha scritto Piero Calamandrei sulla lapide della loro tomba nel cimitero di Trespiano.

Luigi Rocca - Tesi di laurea in Filosofia Politica - Anno Accademico 2001/02 - Relatore: Prof. Giovanni Giorgini
Per problemi o domande su questo sito contattare Galarico
Questo ipertesto si trova nella sezione Teorici del sito Homolaicus
Ultimo aggiornamento: 02-mag-2008