DALLA CREAZIONE ALLA CADUTA. ANALISI DEL GENESI


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QUATTRO FONTI ANTICOTESTAMENTARIE

Creazione di Adamo, San Marco, Venezia, sec. XIII
Creazione di Adamo, San Marco, Venezia, sec. XIII

A) La fonte jahvista (dal nome Jahvè, usato per indicare Dio), rinvenibile principalmente in Genesi, Esodo e Numeri, sarebbe stata elaborata per iscritto nel secolo X-IX a. C. in Giudea, forse sotto Salomone o subito dopo la sua morte, per mettere in risalto la tribù di Giuda, che aveva un ruolo preminente nella parte meridionale del regno. Essa ha uno stile vivo, colorito, con ricchezza di immagini simboliche, e al suo interno i critici han creduto di individuare correnti diverse, anche più arcaiche, come p.es. quella “laica” e quella “nomadica”. Idealmente è favorevole all'universalismo della salvezza (Dio, che è visto a volte in maniera antropomorfica, ama gratuitamente tutti i popoli, anche se in modo particolare quello d'Israele). Presenta l'uomo in tutte le sue potenzialità e miserie.

B) La fonte elohista (da Elohim, nome per indicare una pluralità di dèi o un Dio collettivo: “coloro che hanno vita in se stessi”, “coloro che sono in alto”, “i signori di sopra”; nel primo versetto della Genesi si usa Elohim) sarebbe stata scritta un po' più tardi nel nord, della Palestina, dopo la divisione del regno d'Israele (il tentativo di unificazione delle due tradizioni fallì definitivamente con lo scisma di Geroboamo I del 922 a.C.), per controbilanciare le pretese della Giudea, e sarebbe stata fusa dalla tradizione sacerdotale, sempre in Giudea, con quella jahvista, nei racconti della Genesi e dell'Esodo, dopo la rovina del regno del nord (722 a.C.), sottomesso dal re assiro Sargon II.

La fonte elohista ha uno stile più sobrio e più piatto, una morale più esigente; per essa, Dio, la cui trascendenza è assoluta, ha un solo popolo prediletto: Israele, e i rapporti con questo popolo sono visti come un'alleanza bilaterale (“teologia del patto”). Alcuni esegeti sostengono ch'essa voglia esaltare il tempo mitico di Israele nel deserto, quando esisteva una migliore fedeltà alla tradizione. Entrambe le fonti comunque contengono pochissimi testi legislativi.1

C) Dopo i Numeri e fino agli ultimi capitoli del Deuteronomio, ivi inclusa tutta l'opera storica dei Libri dei Re, queste correnti vengono sostituite da una fonte chiamata appunto deuteronomista, dallo stile ampio e oratorio, che si sviluppò nel secolo VII a.C., praticamente a partire dall'epoca del re Giosia (631-609 a.C.) fino all'esilio in Babilonia. In 2 Re 22,8 si parla di “fortuito ritrovamento”, da parte del sommo sacerdote Chelkia, presso il Tempio, di un manoscritto andato perduto. La fonte (che include anche il libro di Giosuè) considera l'ebraico un popolo “eletto”, che tale può rimanere solo rispettando la legge divina. La storia dei rapporti fra Jahvè e Israele viene divisa in quattro tempi: Patto - Trasgressione - Punizione - Pentimento. Un posto di rilievo è assegnato alle punizioni in caso di infedeltà (cfr Dt 28,32; 28,49; 29,21; 30,1s).

Il suddetto “ritrovamento” del Libro della Legge, rimasto del tutto sconosciuto a coloro che avevano frequentato il Tempio per almeno 300 anni, anzi per oltre 800, se si calcola il tempo dalla morte di Mosè, tornò comodo al ceto dirigente dello Stato e all'alto clero giudaico, entrambi intenzionati a fare una riforma autoritaria. Infatti l'idea fondamentale del rotolo era quella di centralizzare il culto in un Tempio unico per tutto il paese, ponendo fine a tutti i santuari locali e obbligando tutti a fare pellegrinaggi e sacrifici nella sola Gerusalemme. E anche se dopo appena 30 anni lo Stato giudaico fu conquistato dai babilonesi, di fatto il manoscritto entrò a far parte del Pentateuco.

D) Il Priestercodex risale invece alla prigionia babilonese (il regno di Giuda finisce col secondo assedio di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor, nel 587 a.C.) e s'impose solo dopo il ritorno in patria, allorché Ciro, re di Persia, accordò la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. L'intellighenzia giudaica sopravvissuta volle dare al nuovo Tempio un'importanza eccezionale per l'unità del popolo ebraico. E in maniera contestuale, a partire dalla direzione dello scriba Esdra – detto il “secondo Mosè”, perché condusse il ritorno del secondo contingente di ebrei dall'esilio babilonese nel 459 a.C. –, si prese a ricompilare la Torah, sino alla metà del IV sec. a.C., con la preoccupazione di riorganizzare definitivamente in una unità tutto il materiale biblico, anche con l'aiuto di un'altra trentina di fonti (il Libro di Yasher, le Profezie di Ahiza, gli Atti di David, gli Atti di Mosè, i Libri dell'Eden etc.), di cui poco o nulla sappiamo. Un ruolo rilevante lo svolse anche Neemia.

Questa fonte, di natura ottimista, in quanto aspira al ritorno in patria, ha voluto essere presente sin dalle prime pagine della Genesi. Ad essa vanno attribuiti l'intero Levitico, importanti passi della Genesi e dell'Esodo e gran parte dei Numeri. Le sue idee centrali sono i diritti e i doveri dei sacerdoti, nonché le norme cultuali e di purità (di rilievo il divieto, anche retroattivo, dei matrimoni misti, nonché le minuziose norme alimentari).


1) Da notare che lo studioso Hupfeld individuò un “secondo elohista” risalente al periodo della schiavitù babilonese.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Antico Testamento - Genesi
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