DALLA CREAZIONE ALLA CADUTA. ANALISI DEL GENESI


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I RACCONTI DELLA CREAZIONE 1 - 2

E si accorsero di essere nudi, Duomo di Monreale
E si accorsero di essere nudi, Duomo di Monreale

(Fonte jahvista)

B) Il secondo racconto (2,4b - 3,24), che si reputa più antico (sec. X-IX a.C.), è attribuito alla tradizione jahvista, così chiamata perché designa Dio con il nome di Jahvè. I biblisti qui parlano di una “creazione asciutta”, in cui Dio deve far piovere per dar vita alla terra, e l'uomo viene creato con la polvere.

Il racconto risale presumibilmente al periodo salomonico, o immediatamente successivo, epoca in cui le relazioni diplomatiche e i matrimoni del sovrano creavano un clima di intensi scambi con le altre culture, anche quelle del Vicino Oriente. Ma pur essendo nato in Israele, esso utilizza anche simboli e materiale mitologico delle culture vicine.

Il racconto appare più concreto dell'altro semplicemente perché cerca di focalizzare il momento in cui è avvenuta la separazione all'interno della comunità primitiva tra la proprietà collettiva dei beni e quella individuale, fonte di tutti gli antagonismi sociali. In tal senso vuol essere anche una critica alle illusioni della fase monarchica del popolo d'Israele.

Quello sacerdotale invece vuol far capire, pur nella sua inevitabile astrattezza, che, prima di questa separazione, gli esseri umani vivevano “felici” sulla Terra, in quanto non condizionati da conflitti di ceti o di classi. È ancora più mitologico dell'altro in quanto il redattore s'illude di poter far rivivere al popolo ebraico una nuova epopea, che riprenda i temi dell'antichità, attraverso la mediazione dell'alto clero, che si ritiene, autonomamente, l'unico ceto in grado di ridimensionare le ambizioni della monarchia giudaica.

Quando viene detto che furono creati “il cielo e la terra” si vuole appunto intendere qualcosa di positivo, che non comprende certo gli “inferi”. Insomma mentre in un racconto si vuol far sognare una primordiale età dell'oro; nell'altro invece si fa chiaramente capire che la perdita di questa felicità, con tutti i suoi prezzi da pagare, non può essere attribuita al caso o a qualche evento naturale, bensì allo stesso genere umano. I miti di creazione che provengono dal mondo extra-biblico spesso presentano una concezione negativa dell'uomo, considerato schiavo degli dèi, quindi non libero, non responsabile del male che compie.

La Bibbia, in sostanza, comincia a occuparsi della creazione in un'epoca relativamente recente, nel periodo post-esilico, quando i popoli che abitavano nella Mezzaluna fertile e in Egitto, da secoli si erano già interrogati su questo tema e avevano prodotto opere considerevoli. Questo ritardo può forse essere spiegato col fatto che l'ebraico era un popolo molto concreto, con un forte senso “storico” delle proprie tradizioni (basate prevalentemente sull'Esodo), poco avvezzo a porsi domande cui non era per nulla facile trovare risposte plausibili. Solo quando si trovò a dover riflettere su esperienze particolarmente negative, il genio creativo e culturale di questo popolo si cimentò anche in tale impresa.

Infine va detto che, benché le copie esistenti del più antico testo ebraico (almeno fino alle scoperte di Qûmran) risalivano solo al X secolo d.C., il confronto con la traduzione greca dei “Settanta” o “Septuaginta” (scritta dal 200 a.C. al 150 a.C. circa; i manoscritti più vecchi, ancora esistenti, risalgono al 325 d.C.), depone a favore di una trascrizione fedele da parte dei copisti e traduttori. Cosa confermata peraltro anche dalla scoperta, negli anni 1947-56, dei rotoli del mar Morto (manoscritti datati al periodo 200-100 a.C.): sono alcune piccole varianti sono state rilevate e nessuna cambia il significato di un brano.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Antico Testamento - Genesi
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