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La Ciociara - Dato e processo: genesi del romanzo1. L'avantesto - 2. Genesi del romanzo - 3. Tesi della letteratura critica - 4. La realtà, la memoria, i simboli: complessità della fase avantestuale de La ciociara - 5. Parafrasi riassuntiva dei capitoli - 6. Aspetti della struttura del romanzo: il "parallelismo antitetico" - 7. La categoria dell'autore implicito La letteratura critica non ha prestato molta attenzione alla genesi del romanzo: i pochi tentativi di misurarsi con tale problematica appaiono piuttosto parziali e discutibili.
La tesi di Del Buono non convince perché i racconti de L'epidemia non erano una "prova letteraria in corso": furono pubblicati in raccolta nel 1944, ed erano stati scritti e pubblicati in modo sparso già prima (2). Del tutto insignificante è poi quanto Del Buono (ivi: p. 62) sostiene a proposito del passaggio da Il disprezzo a La ciociara:
Pandini parafrasa, senza peraltro indicare con chiarezza la fonte, quanto Moravia disse in un'intervista concessa a Giuliano Manacorda nel 1957 (4). Vedremo in seguito però come ben più profonde implicazioni siano presenti in quell'intervista. - Sui motivi della ripresa, dopo quasi dieci anni, del romanzo Pandini non si pronuncia. Tessari [5] ritiene che la data della "prima stesura" sia importante per spiegare "le soluzioni artistiche dell'opera, molto attardate rispetto alle prove de Il disprezzo e anche, in una certa misura, del Conformista". Sembra che il critico consideri "attardate" le soluzioni del romanzo perché "La ciociara ripete tutti gli schemi fondamentali della Romana, dalla narrazione in prima persona alla regressione del narratore in un personaggio popolare". Questi schemi tuttavia risulterebbero arricchiti "di una scaltrezza stilistica e di una consapevolezza ideologica che mancavano nel romanzo del 1947", perché Moravia, secondo Tessari, può utilizzare ne La ciociara sia "i dati realistici di un'esperienza personale", sia "i dati acquisiti dalla stagione del neorealismo". Un segno di tale scaltrezza sarebbe, per es., il fatto che "mentre ne La romana [l'autore] non si preoccupava delle incongruenze che nascevano dal suo identificarsi nel personaggio di Adriana, ora si nasconde molto più accortamente dietro la maschera di Cesira." Si rimane francamente molto perplessi di fronte a tale impostazione del problema: qui non abbiamo un tentativo di inquadrare ed interpretare i dati filologici, abbiamo solo una serie di giudizi di valore assolutamente gratuiti e per di più fondati su un ragionamento molto approssimativo e superficiale. Tessari parla di una "prima stesura", ma in realtà non si tratta di una prima stesura, bensì della stesura delle prime cinquanta pagine, e non mi sembra possibile affermare che tutto il romanzo, ripreso e scritto per la maggior parte intorno al 1954, contenga soluzioni artistiche "attardate" perché le prime cinquanta pagine furono scritte nel 1946. D'altra parte, che cosa significa "attardate"? In che senso il regresso dello scrittore in un personaggio popolare costituisce una soluzione "attardata"? E poi: anche se così fosse, perché Moravia sceglie nel 1954 una soluzione artistica "attardata"? È proprio vero che La ciociara "ripete tutti gli schemi fondamentali" de La romana? La "narrazione in prima persona" e la "regressione del narratore in un personaggio popolare", questi sarebbero gli "schemi fondamentali" dei due romanzi? Ancora: in che senso l'autore si nasconde "dietro la maschera di Cesira"? E soprattutto: che Moravia utilizzi i dati acquisiti dalla stagione del neorealismo, può sembrare addirittura pacifico; il nodo da sciogliere è come mai egli utilizzi questi dati nel momento in cui il neorealismo è in esaurimento, in che modo utilizzi questi dati, che significato assuma l'utilizzo di questi dati. La questione della genesi de La ciociara non è affrontata né da Sanguineti [6], né da Limentani [1962], né da Longobardi [1969]. (1) Del Buono, Oreste, Moravia, Feltrinelli, Milano 1962, p. 49. (torna su)(2) Il fatto è che Del Buono sembra credere che Moravia cominciò a lavorare a La ciociara già nel 1944, ed è da questa premessa (sbagliata) che deriva la sua ipotesi. (torna su)(3) Pandini, Giancarlo, Invito alla lettura di Moravia, Mursia Milano 1973, seconda edizione aumentata: 1985, p. 89. (torna su)(4) Manacorda, Giuliano, Clandestino in Ciociaria, in "Contemporaneo", anno IV, Serie II, n. 1, 18 maggio 1957, p. 6. (torna su)(5) Tessari, Roberto, Alberto Moravia. Introduzione e guida allo studio dell'opera moraviana. Storia e antologia della critica, Le Monnier, Firenze 1975, p. 78. (torna su)(6) Sanguineti, Edoardo, Alberto Moravia, Mursia, Milano 1962 (quarta edizione, identica alla prima a parte l'aggiornamento della bibliografia: 1977). (torna su)(7) Limentani, Alberto, Alberto Moravia tra esistenza e realtà, Neri Pozza, Venezia 1962. (torna su)(8) Longobardi, Fulvio, Moravia, La Nuova Italia, Firenze 1969. Longobardi accenna alla genesi del romanzo, ma non da un punto di vista filologico-interpretativo, bensì da un punto di vista, in un certo senso, di sociologia della letteratura: è la figura di Moravia quale scrittore di professione, che dopo Il disprezzo non sa cosa scrivere e riprende le prime pagine de La ciociara, ad essere al centro dell'attenzione del critico (cfr. pp. 69-70). (torna su)Stampa pagina |
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