AKI KAURISMAKI, Sono un eremita

lunedì 03 luglio 2006
Sguardo torvo, basso, incupito. Aki Kaurismaki, a Fiesole per
ricevere il Premio ai Maestri del Cinema, svela di essere un uomo dallo stile
gelido e silenzioso, come la sua Finlandia. Autore di un cinema che si dedica
all’emarginazione sociale e interiore, il regista di Juha e L’uomo
senza passato è stato incoronato Maestro dall’attore Silvio
Orlando, nella cornice del Teatro Romano: “E' la prima volta nella storia
che un lupo consegna un premio ad una volpe” commenta sarcastico
Kaurismaki. Il riferimento è all’attore feticcio di Nanni Moretti, con cui
il regista finlandese ha un conto in sospeso da Cannes 2001. Non lo vede di buon
occhio.
E' buio ormai. La condizione perfetta per un uomo come lui, che dell’umorismo
nero ha fatto una cifra stilistica: “Ho passato la vita nei bar ad ascoltare
storie – racconta – e lì si impara l’humour nero. Il cielo è nero, no?
Perchè io non dovrei esserlo? Sono talmente spaventato dal destino dell’umanità
che non posso fare a meno di rappresentare con le immagini il mio orrore”.
Uno stile gelido, appunto. Non trova?
L’uomo non ha altro da perdere che il proprio stile. Se lo perde, perde anche la
dignità. Per questo ho continuato ostinatamente sulla mia linea non commerciale.
E il prezzo della libertà è stato avere bassi budget di produzione, che comunque
tutto sommato non mi dispiacciono.
La libertà...
Mi sento libero di rompere tutte le convenzioni cinematografiche, che comunque
non ho mai imparato. E questo naturalmente comporta una certa solitudine, che
comincia già per strada, quando la gente cambia marciapiede per non incontrarmi.
Succedeva la stessa cosa anche a Fellini, di cui tutti però avevano
timore.
Lei ha 50 anni. E' ancora giovane come regista. E ha tanti film ancora davanti
a sé. Come vede il futuro del cinema?
Sinceramente sono molto preoccupato per il futuro del cinema. Futuro che non
vedo. Con il digitale la magia del cinema è destinata a scomparire. L’unica
risposta a questa tendenza rimangono i cineclub e le cineteche. Il cinema per me
è morto nel 1962, lo ha rovinato la televisione.
Ma lei ha continuato. Anzi, ha cominciato dopo, nel ’62 aveva 5 anni...
Dopo ogni film provo una grande vergogna. Allora vado a girare un po’ per i
boschi, raccolgo funghi, e mi dico: meglio non potevo fare. E basta.
Diciamo che non sono vanitoso come molti miei colleghi registi.
Il suo è un cinema degli invisibili e degli emarginati. Ma lo sguardo di un
finlandese su questi temi è diverso da quello di un americano o di un europeo
del sud...
Nella colonna sonora non ci sono violini lacrimosi, tanto per cominciare. E
nemmeno orpelli. Credo che ognuno si debba prendere le proprie responsabilità
nei confronti della società. In Finlandia c’è poca inclusione sociale e poca
assistenza e sensibilità, al di sotto della media europea, credo. Non ci sono
cittadini di serie A e serie B, ma di serie A e di serie C.
Molti suoi personaggi sono degli uomini soli. Che rapporto ha con la
solitudine?
Sono un eremita. Sempre di più. Lo sono e mi ci sento. Non
sopporto più i rumori e le voci. Sto spesso con me stesso, quando vado per
boschi a funghi. Oppure a pescare. Ultimamente ho cominciato a parlare con gli
alberi, ma loro non rispondono.
Che ruolo ha l’ironia nel suo cinema?
L’ironia nasce nel montaggio, gli attori non ne sono coscenti al momento delle
riprese. Quando giro parlo a bassa voce e sono serio.
Il silenzio e la musica prendono spesso il posto dei dialoghi nei suoi
lavori. Crede in un cinema in cui è solo l’immagine a contare, a parlare, e non
c’è spazio per la parola?
Ci credevo quando ho realizzato Juha, che è un film muto. C’è una grande
differenza tra un film muto e uno con pochi dialoghi, come “L’uomo senza
passato”, dove si parla moltissimo ma nessuno se ne accorge.
Quindi il silenzio è una caratteristica della sua vita?
Kaurismaki pone il dito indice davanti alle labbra serrate: Shhhht
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