Kant: l’idea di mondo

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Kant: l’idea di mondo

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Giuseppe Bailone

La cosmologia razionale, avendo per oggetto non il mondo naturale, fenomenico, di cui si occupa la scienza, ma quello metafisico, la “totalità assoluta delle cose esistenti”, trascende necessariamente l’esperienza e paga questo suo abbandono del terreno empirico con l’inconcludenza.

“Se, anziché applicare la nostra ragione esclusivamente agli oggetti dell’esperienza, secondo l’uso dei principi dell’intelletto, ci arrischiamo ad estenderla al di là dei confini dell’esperienza, spuntano allora proposizioni dogmatiche raziocinanti, che non possono trovare nell’esperienza né la speranza di una conferma né il timore di una confutazione, ciascuna, infatti, non solo è in se stessa esente da contraddizione, ma trova le ragioni della propria necessità nella natura stessa della ragione. Sfortunatamente, però, l’affermazione del contrario è surrogata da ragioni altrettanto valide e necessarie. […] Queste affermazioni raziocinanti danno dunque l’avvio a un contrasto dialettico, in cui il sopravvento è riservato alla parte a cui si concede l’attacco, mentre è destinata a soccombere quella che è costretta a tenersi sulla difensiva. Avviene in tal modo che i cavalieri in arme, sia che combattano per la buona come per la cattiva causa, sono certi di conseguire l’alloro della vittoria, pur che riescano ad assicurarsi il privilegio di sferrare l’ultimo assalto, senza dover subire un ulteriore contrattacco dell’avversario. È facile immaginare come, sin dai tempi più remoti, questo campo di lotta sia stato battuto sovente dalle schiere opposte, come molte vittorie siano state riportate da entrambe le parti e come, per lo scontro decisivo, si sia sempre posto cura affinché il difensore della buona causa tenesse da ultimo il terreno, proibendo all’avversario di impugnare ancora una volta le armi. In qualità di giudici imparziali di campo, non dobbiamo tener in nessun conto se la causa di questo o quel campione sia la buona o la cattiva, lasciando che la cosa venga sbrigata dai contendenti. Non è escluso che, dopo essersi procacciati reciprocamente più stanchezza che danni, si renderanno conto da sé della vanità della loro contesa, separandosi da buoni amici”.1

Kant chiama antinomie queste contrapposizioni di tesi che non hanno possibilità di soluzione certa. Il termine antinomie indica, infatti, nel campo della giurisprudenza, quel conflitto di norme che può verificarsi per le leggi non chiare e contraddittorie, la cui pratica applicazione nei tribunali mette in difficoltà i giudici. Se in campo giuridico, però, il legislatore può intervenire sulle leggi per eliminarne le insufficienze e le inadeguatezze, in metafisica questo non è possibile e l’inconcludenza della cosmologia razionale segnala quanto essa sia lontana dalla prudenza legislativa e, più ancora, dal rigore scientifico della matematica e della fisica.

La matematica, infatti, procede “sempre sul filo dell’intuizione pura e mediante una sintesi evidente in ogni caso”: la fisica, qualora si trovi in difficoltà a decidere quale tra le ipotesi in conflitto vada presa sul serio, può trovare nell’esperienza i mezzi per risolversi. “Le affermazioni trascendentali, invece, le quali avanzano la pretesa di pervenire a conoscenze che oltrepassano la sfera di ogni esperienza possibile, non sono tali che la loro sintesi astratta sia suscettibile di essere data in una qualsiasi intuizione a priori e che un eventuale equivoco possa esser rimosso mediante una qualche esperienza”.2 Le antinomie della cosmologia razionale non hanno possibilità di soluzione e alla filosofia critica non resta che enunciarle con chiarezza. Esse sono quattro.

  1. Tesi: “Il mondo ha un suo inizio nel tempo e, rispetto allo spazio, è chiuso entro limiti”. Antitesi: “Il mondo non ha inizio né limiti nello spazio, ma è infinito rispetto al tempo come rispetto allo spazio”.
  2. Tesi: “Nel mondo, ogni sostanza composta consta di parti semplici, e in nessun luogo esiste qualcosa che non sia o il semplice o ciò che ne risulta composto”. Antitesi: “Nel mondo, nessuna cosa composta consta di parti semplici; e in nessuna parte del mondo esiste alcunché di semplice”.
  3. Tesi: “La causalità in base a leggi della natura non è l’unica da cui sia possibile far derivare tutti fenomeni del mondo. Per la loro spiegazione si rende necessaria l’ammissione anche d’una causalità mediante libertà”. Antitesi: “Non c’è libertà alcuna, ma tutto accade esclusivamente in base a leggi di natura”.
  4. Tesi: “Del mondo fa parte qualcosa che – o come suo elemento o come sua causa – costituisce un essere assolutamente necessario”. Antitesi: “In nessun luogo – né nel mondo, né fuori del mondo – esiste un essere assolutamente necessario che ne sia la causa”.

Tra la tesi e l’antitesi di queste antinomie è impossibile decidersi perché l’idea di mondo, sulla quale si reggono, essendo al di là di ogni esperienza possibile, non offre alcun criterio decisivo.

Kant chiama “matematiche” le prime due antinomie, perché considerano il mondo dal punto di vista quantitativo e pongono la questione se il mondo sia finito o infinito, se in esso esista o no il semplice, l’indivisibile. Nella loro pretesa di pronunciarsi sulla totalità dei fenomeni esse possono considerarsi entrambe false, perché, presentano all’intelletto un concetto di mondo o troppo piccolo o troppo grande.

Se, infatti, il mondo avesse avuto inizio nel tempo, regredendo nella successione temporale, si dovrebbe incontrare un limite insuperabile, che arresterebbe il lavoro dell’intelletto. Se, al contrario, questo limite non ci fosse, il regresso dell’intelletto nel tempo, per tanto che procedesse, non potrebbe mai esaurire la durata infinta. La stessa cosa vale per la finità o infinità spaziale e per la divisibilità o indivisibilità. Sempre si arriverebbe a restringere la possibilità dell’intelletto di procedere da un termine a un altro nella serie degli eventi fenomenici o a prospettargli un campo infinito d’intervento che renderebbe insignificante il suo movimento reale.

Opposta è invece la considerazione che Kant fa a proposito della terza e della quarta antinomia, che chiama “dinamiche”: esse possono apparire entrambe vere, sia nelle tesi che nelle antitesi, purché siano rapportate le tesi al mondo noumenico e le antitesi a quello fenomenico. Le tesi, infatti, spingono l’indagine oltre l’esperienza, mentre le antitesi sostengono ciò che può essere conosciuto nel mondo fenomenico, dove effettivamente ogni cosa accade secondo leggi necessarie ed ha una causa determinata.

Di particolare interesse è il conflitto presente nella terza antinomia.

Esso propone l’eterno problema della condizione umana nel suo rapporto con l’ordine naturale: l’uomo rientra interamente in quest’ordine o può ritagliarsi uno spazio di libertà con la sua iniziativa morale? Per Kant l’uomo è sicuramente un ente naturale inserito nell’ordine rigoroso delle leggi naturali, ma, come dimostra la presenza in lui del dovere morale, non è solo natura, bensì anche soggetto autonomo, libero.

Torino 7 aprile 2015

Note

1 Kant, Critica della ragion pura, a cura di Pietro Chiodi, UTET 1967, pp. 362-63.

2 Ib. pp. 364-65.


ANNO ACCADEMICO 2014-15 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)

Fonti

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 06-09-2015