LA SVOLTA DI GIOTTO
LA NASCITA BORGHESE DELL'ARTE MODERNA

DIBATTITO SU GIOTTO

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Quello che mi hai mandato ha per me il significato di una conferma: o l'arte per l'arte o l'arte per la vita. Tertium non datur.

L'arte di van Gogh in che campo rientra? Apparentemente nella seconda, e comunque con una precisazione: la vita dell'ultimo van Gogh è follia, è l'arte di un disperato per una vita senza senso. Negativamente merita ogni rispetto, perché di sicuro è un'arte sofferta, sentita, in cui l'artista non si risparmia. Ma la vita resta un'altra cosa, deve necessariamente essere un'altra cosa, se vogliamo che sia "vivibile", che sia per tutti.

Altrimenti, e questo è paradossale ma significativo, un'arte per una vita negativa finisce col diventare un'arte fine a se stessa, incapace di comunicare, se non per chiedere aiuto, e van Gogh infatti lo chiedeva, solo che la follia gli impediva di riceverlo.

Quindi al Campo di grano, che mi fa paura, preferisco i Mangiatori di patate, anche se qui non c'è la stessa padronanza del colore, la stessa maestria nell'uso agitato del pennello.

Guarda le facce dei due contadini: il ritratto di Patience Escalier ha dei colori bellissimi, eppure lo sguardo è quello di un uomo distrutto, sfinito da una vita senza senso, e l'artista quasi se ne compiace, perché in quel volto, in quegli occhi cerchiati di vuoto si riflette la sua stessa vita.

Patience Escalier, 1888, van Gogh

Ora guarda il ritratto di Gordina de Groot; lo so è scuro, ma il volto non è disperato, anzi, sembra dominare una composta fierezza, la consapevolezza di una fatica da assumere come scopo della vita.

Gordina de Groot, 1885, van Googh

Per quale motivo dovrei premiare la forma? Perché devo preferire dei contenuti negativi? Per quale ragione devo accettare dei disvalori che hanno portato il volto umano di una donna povera a trasformarsi nella maschera di un contadino agiato e totalmente rassegnato? Per quale ragione dovrei giustificare l'iter artistico di van Gogh, facendo di questo pittore uno dei più grandi di tutti i tempi? Per quale motivo dovrei dar ragione a uno che in fondo non credeva ad altra ragione di vita che non fosse la sua stessa pittura?

Perché devo sentirmi in colpa se non mi esprimo secondo i canoni della critica artistica occidentale? Che colpa ne ho se, dopo l'avvento del cristianesimo, la concezione dell'arte per l'arte si presenta ogniqualvolta nell'artista subentrano delusioni e frustrazioni per la mancata realizzazione di determinati ideali?

Prima del cristianesimo in fondo tutto era ammissibile, in quanto "la coscienza del peccato" era quasi inesistente. I greci sono sempre stati troppo ingenui per poter capire che il vero male non è frutto di ignoranza ma di volontà consapevole.

Queste sono le ragioni per cui, in campo filosofico, ho sempre preferito il Kierkegaard della tesi di laurea sull'Ironia rispetto a quello maturo del trattato sulla Disperazione, o il giovane Nietzsche quando si cimentava sulla Tragedia greca al Nietzsche maturo che parla di "superuomo", o il Marx politico della Sinistra Hegeliana e del Manifesto a quello economista del Capitale, o l'Hegel esistenziale della Fenomenologia a quello accademico dell'Enciclopedia, o il Kant ateo della Ragion pura a quello moralista e individualista delle altre Critiche.

Ma non voglio tediarti su questo, perché la tua ultima merita senza dubbio un commento a parte. Qui posso solo anticiparti che fare arte ovviamente non è come fare propaganda politica, anche se in entrambe le attività occorre metterci passione per ottenere buoni risultati. L'arte è un sentire interiore che non può essere dettato da regole esterne prefissate. E' la vita che deve regolare l'arte, ispirandola. Su questo siamo perfettamente d'accordo.

Enrico Galavotti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 11/09/2014