LA SVOLTA DI GIOTTO
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DIBATTITO SU GIOTTOI - II - III - IV - V - VI - VII - VIII - IX - X - XI - XII - XIII - XIV - XV - XVI - XVII - XVIII - XIX - XX - XXI - XXII - XXIII - XXIV - XXV - XXVI - XXVII - XXVIII - XXIX - XXX - XXXI Se non mi fai dare all'arte uno scopo non artistico, per me l'arte diventa qualcosa di autoreferenziale, diventa fine a se stessa, proprio perché per me una persona priva di riferimenti sociali, di tradizioni... (in questo caso l'artista) è una semplice astrazione, e chi ha legami con realtà sociali non può sentirsi libero di dipingere come vuole, perché questo modo di porsi sarebbe arbitrario, in contrasto con l'appartenenza a un collettivo. Un artista deve tener conto del contesto in cui vive, non solo come ambito accidentale, inevitabile, ma come metro di misura della validità della sua opera; s'egli pensa di poter vivere senza contesto, non può poi pretendere un riconoscimento sociale. Per quale ragione se io fossi un amministratore locale tenderei a fare dei privilegi ingiustificati scegliendo tra due forme artistiche quella più vicina alle tradizioni popolari, al sentire comune? Perché mai una politica culturale dovrebbe premiare uno sradicato, un individualista, un antisistema? Certo, si può andare controcorrente, si può e anzi, quando occorre, si deve contestare il sistema e anche rovesciarlo, ma che senso ha farlo individualmente? E' possibile che l'etica si formalizzi, si svuoti di contenuti veri, e quindi è naturale che l'estetica svolga una funzione critica, demolitrice, ma chi darà all'etica la forza di riprendersi se non se stessa? L'etica che accetta le proprie sconfitte e la necessità di una propria riforma verso il meglio, è un'etica che saprà accettare anche le ironie, il sarcasmo, la satira persino di quell'estetica impietosa che cerca sempre di farsi strada approfittando delle debolezze dell'etica. La democrazia ha sempre dei prezzi da pagare, ma questo non significa che la società non debba sentirsi in dovere di dire all'artista che cosa è "arte" e che cosa non lo è. Non per imporre delle regole, ma per chiarire dei limiti oltre i quali non si fa "arte" ma qualcos'altro. In ogni caso io non riesco a guardare le cose in maniera neutra. Qualunque apprezzamento meramente estetico dell'arte per me vuol dire optare per un'arte fine a se stessa. E anche questa - me ne rendo conto - è una concezione partigiana dell'arte, come è vero che la libertà sta nel saper assumere i condizionamenti, senza illudersi di poterne fare a meno. Con questo non voglio dire che se fossi un politico non mi sforzerei di valorizzare un individuo isolato, cui riconosco del talento artistico, ma lo farei invitandolo a far parte di una tradizione, di un collettivo, misurando il proprio talento in un confronto con le esigenze popolari. Perché mai una persona di talento dovrebbe disperdere le proprie energie nei mille rivoli del libero arbitrio e pretendere, nel contempo, una considerazione pubblica non meno grande di quella tributata ad artisti che rispettano delle "regole comuni"? Se uno dovesse basarsi esclusivamente sulle proprie tendenze, inclinazioni, interessi momentanei... sarebbe una persona dispersiva, geniale sì ma incapace di fare scuola, di avere discepoli, di fare della sua arte uno strumento al servizio delle esigenze della gente comune. Picasso, secondo me, un po' è stato così. La storia dell'arte non può essere una storia separata dalle altre storie, cioè dalla politica, dall'economia, dalla cultura in generale. Chi è l'artista? Uno che comunica solo con altri artisti e che contatta la gente comune solo per cercare di vendere le proprie opere? uno che vuol mettersi in luce nella speranza di ottenere un contratto da parte di qualche committente? o forse uno che fa l'artista a tempo perso, quando non lavora? Dalla concezione di "artista" che un critico ha si comprendere quale sia la sua concezione di "arte". L'arte non deve essere un'eccessiva astrazione, un gioco intellettualistico (alla Kandinsky), non deve essere troppo sperimentale, perché se lascio libero l'artista di esercitare la propria creatività al di fuori di qualunque regola, convenzione... alla fine avrò un'arte che solo lui riuscirà a capire, anzi, un'arte che neppure lui riuscirà a capire, perché la creatività gli sarà sfuggita di mano. Si finirà coll'incollare i tubetti del colore sulla stessa tela (Arman) o col tagliarla nel mezzo con un coltello (Fontana), facendo passare queste azioni istintive per gesti dettati da una profonda ispirazione. |