LA SVOLTA DI GIOTTO
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DIBATTITO SU GIOTTOI - II - III - IV - V - VI - VII - VIII - IX - X - XI - XII - XIII - XIV - XV - XVI - XVII - XVIII - XIX - XX - XXI - XXII - XXIII - XXIV - XXV - XXVI - XXVII - XXVIII - XXIX - XXX - XXXI Che cosa vuole il pubblico dall'arte? L'arte è forse una droga che si assume in momenti di sconforto e solitudine? Una droga per intellettuali? Come lo era per il popolo l'arte religiosa. Non a caso la pittura di Giotto venne definita dai critici col temine di "intellettuale", cioè, pur trattando temi religiosi, essa in realtà intendeva riferirsi a un pubblico abbastanza colto, quale appunto fu la borghesia del suo tempo. Oggi cosa vuole il pubblico? Condizionati come siamo dalla mentalità borghese, spesso noi chiediamo che al piacere estetico sia associata la possibilità di fare un investimento. E' raro che una persona comune, avendone la possibilità, pensi di acquistare un dipinto costoso solo per il gusto di tenerlo in casa: uno pensa di fare anche un affare. Anche perché tenere i soldi in banca o giocarli in borsa è pura follia. Dunque siamo disposti a comprare non solo perché una determinata opera ci piace, ma anche perché chi ce la vende ci assicura che aumenterà di valore. E se il piazzista dell'arte arriva persino a dirci che sarebbe meglio per noi acquistare un quadro non tanto perché ci piace quanto piuttosto perché ci sono buone possibilità di fare un affare, forse alla fine ci lasciamo addirittura convincere e sacrifichiamo il nostro amore per l'arte sull'altare del probabile business, nella speranza o nell'illusione di poter un giorno rivendere il quadro a prezzi decuplicati. Oggi non solo non esiste più un'arte per il popolo, ma non esiste neppure un'arte per l'arte. Oggi l'unica arte che esiste è quella che si deve vendere, quella recensita dai critici, quella catalogata, quella raccolta nei musei prestigiosi, quella esposta nelle gallerie appositamente per essere venduta, quella trattata nelle Case d'Aste. Certo, non è possibile sostenere che l'individualismo estetico degli artisti, a partire da Giotto, abbia portato alla mera strumentalizzazione dell'arte a fini commerciali, ma è altresì vero che questo individualismo non ha saputo opporsi al modo di vita borghese, e anzi oggi non fa che giustificarlo ulteriormente. Come sai, non ho commentato solo le opere di Giotto o di van Gogh, ma anche quelle di Otto Nagel e della Kollwitz, che sono pittori per il popolo e che oggi, se esistessero, morirebbero di fame, perché il popolo stesso non li riconoscerebbe come propri. Oggi siamo talmente condizionati dalla mentalità borghese che ci piacciono soprattutto gli effetti speciali, ci piace illuderci su ciò che non c'è, sull'apparenza. E non a caso al dipinto abbiamo preferito la cinematografia, l'arte digitale. Quest'ultima tipologia di arte ci ha addirittura illuso che sia sufficiente possedere una qualche tecnologia avanzata per diventare artisti in poco tempo, come se l'arte non fosse che il risultato di logaritmi e di pixel. La tecnologia digitale ci illude di poter trasformare in qualcosa di artistico un prodotto artigianale, un prodotto privo di particolare ispirazione ma dotato di know how tecno-scientifico. La concezione di artista che hai te è superata dal fatto che tutta l'arte oggi è inesorabilmente un prodotto commerciale e artisti come van Gogh (maledetti romantici) non potranno mai più esistere, a meno che sconvolgimenti storici epocali non rimettano tutto in discussione. Ma in tal caso la futura arte dovrebbe contribuire alla diffusione dei valori umani e sociali, che impediscano appunto dei capovolgimenti del genere, sempre molto dolorosi e distruttivi. Oggi l'arte che rifiuta il sistema borghese non entra in nessun circuito, non fa tendenza, non fa scuola e non dà da mangiare all'artista. Ecco perché preferivo l'artista anonimo dei tempi classici, quello che lavorava in un'équipe per la realizzazione di un'opera comune, il cui significato andava ben oltre qualunque talento individuale. |