LA SVOLTA DI GIOTTO
|
|
|
DIBATTITO SU GIOTTOI - II - III - IV - V - VI - VII - VIII - IX - X - XI - XII - XIII - XIV - XV - XVI - XVII - XVIII - XIX - XX - XXI - XXII - XXIII - XXIV - XXV - XXVI - XXVII - XXVIII - XXIX - XXX - XXXI Rileggendo il tuo intervento sul Muralismo mexicano, debbo dirti che non ricordo proprio d'aver mai visto qualcosa di simile o di vagamente equivalente nel nostro paese, almeno non in campo pittorico. Ma la mia memoria dei tempi liceali e universitari può far difetto. Certo, anche noi abbiamo avuto pittori per così dire "di sinistra", come Pellizza da Volpedo, Guttuso, che partecipò all'esperienza "Corrente", soppressa dal fascismo, ma sono stati casi isolati, che non hanno generato correnti artistiche vere e proprie. Tu dirai che questo è stato un bene per l'Italia, in quanto un'arte troppo "schierata" alla fine produce solo obbrobri. Ebbene, su questo vorrei fare alcune precisazioni. A me non piace un'arte esplicitamente schierata, come in genere non piace nulla che sia per così dire "esplicito" o "diretto". Siamo troppo complicati, come esseri umani, per non apprezzare le sfumature e le ambiguità. Guarda il futurismo italiano: la maggioranza degli artisti italiani è finita a destra, eppure quel modo di dipingere è stato rivoluzionario, e sicuramente piaceva anche a chi era di sinistra (primo fra tutti Gramsci), non foss'altro che per la novità che esprimeva (e comunque in Russia la maggior parte dei futuristi furono di sinistra). Tuttavia ci sarebbe da discutere all'infinito su questo: se dovessi scegliere tra il movimento interiore dello sguardo russo del Cristo di Rublev e il movimento esteriore della Materia di Boccioni, quale dei due pensi mi dia più serenità e meno angoscia? E non ti sto contrapponendo un dipinto superficiale con uno impegnativo, ma due autentici capolavori. Quale dei due pensi mi metterei in casa senza stancarmi di guardarlo? La funzione dell'arte, secondo me, sta proprio in questo, che non deve essere troppo esplicita, altrimenti ridurrebbe le capacità oniriche, fantastiche, rappresentative, ma non deve neppure essere banale, perché dopo un po' verrebbe a noia. Un'opera d'arte deve potermi interpellare continuamente e se non lo fa è perché io sono distratto. Ma per poterlo fare, l'artista deve concentrarsi sui movimenti interiori dell'anima, quelli per i quali il movimento esteriore delle cose, delle persone stesse non ha molta importanza. Il Cristo di Rublev non ti guarda come i soliti Cristi occidentali, che ti schiacciano con la loro divinità, ma sembra guardarti da uomo a uomo, senza giudicarti, anzi invitandoti a realizzare l'umanità che è in te. Ecco perché secondo me un ateo non può non apprezzare un dipinto del genere. Voglio dirti insomma che l'arte non deve stupirmi con effetti speciali, non deve avere troppo movimento, ma non deve neppure essere statica, come quando si dipingono i paesaggi senza figure umane, a meno che gli elementi della natura non siano trasposizioni di un sentire interiore, ma in questo caso bisogna stare attenti a non cadere in una simbologia artificiosa. Il ritratto per me è la cosa più bella, perché quando lo guardo gli posso parlare, come fossi una sorta di "moderno animista". Con questo ovviamente non voglio dire che non mi piacerebbe avere in casa un dipinto che mi ricordasse il valore della natura (i Girasoli di van Gogh), la bellezza e la forza degli animali (le Tigri di Ligabue) o la dignità e le lotte dei lavoratori (sul Quarto Stato di Pellizza ho fatto persino un ipertesto). Una persona non è sempre la stessa: cambiano i gusti, le idee, i modi di porsi; è normale che si passi dall'apprezzamento per il figurativo a quello per il simbolico. Quello che non mi piace è il fare dell'arte uno strumento di evasione o di giustificazione dei poteri dominanti. L'esplicito e il banale sono gli estremi in cui l'artista dovrebbe evitare di cadere. |