LA SVOLTA DI GIOTTO
LA NASCITA BORGHESE DELL'ARTE MODERNA

DIBATTITO SU GIOTTO

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Io e te abbiamo due concezioni opposte dell'arte. Per te l'arte è legata alla creatività geniale innata dell'artista, di cui egli deve prendere consapevolezza, cercando di esprimerla nel migliore dei modi, che possono non essere quelli che il pubblico si aspetta.

Per me arte è ciò che l'artista deve rappresentare, indipendentemente in un certo senso dalla sua particolare creatività. Un artista è tale, per me, solo nella misura in cui nella sua opera sa riflettere un sentimento comune, di una comune tradizione, cioè solo in quanto è capace di porsi in rappresentanza di un sentire popolare.

La tecnica è un aspetto secondario, anche se non marginale, poiché è evidente che maggiore è la padronanza della materia, maggiori sono le possibilità che il sentire comune venga espresso nella maniera più adeguata. Sebbene su questo voglio essere chiaro: escludo a priori che una maggiore padronanza della materia implichi di per sé, cioè in maniera necessaria, una migliore rappresentazione del sentire comune. Un artista può essere geniale quanto vuole, grandissimo esperto sul piano tecnico, ma se vive in maniera isolata, inevitabilmente le sue opere avranno un'importanza molto relativa (a prescindere dal valore commerciale che possono avere in un mercato borghese).

L'artista deve far parte di una tradizione di popolo, altrimenti non può pretendere d'essere capito. Tu dici che questo è "realismo socialista". Io dico che il "realismo socialista" sbagliò nel voler imporre dei canoni. L'appartenenza a un ideale o a una tradizione deve essere sentita, non può essere imposta, perché quando lo è non c'è alcuna possibilità di creazione libera. (1)

D'altra parte non c'è alcuna possibilità di creazione libera neppure se l'artista procede per conto proprio, senza tener conto della realtà. Una produzione artistica del tutto soggettiva sarà arbitraria e quindi inutile ai fini della valorizzazione dell'esistente. O forse tu vuoi considerare artistiche "Le scatolette" di Piero Manzoni o l’orinatoio di Duchamp? Queste son solo delle provocazioni intorno al tema della "morte dell'arte".

Il sistema socialista avrebbe dovuto sapere che di fronte a un'espressione artistica meramente individuale non occorrono direttive di governo, forme di censura, restrizioni amministrative (come d'altra parte fece il nazismo qualificando col termine "degenerata" l'arte non conforme all'ideologia del superuomo). E' il popolo stesso che, spontaneamente, rifiuta un'arte che non gli appartiene, che non sente come sua. Con questo ovviamente non voglio dire che sia arte solo un ex-voto...

Se una tradizione è viva, essa saprà comprendere il valore di ogni opera d'arte, sia il valore negativo che quello positivo. Sarebbe una pretesa totalitaria quella d'impedire una manifestazione artistica soggettiva col pretesto ch'essa non è conforme a una tradizione dominante. Un governo o uno Stato che volesse stabilire d'ufficio una determinata tradizione popolare, la violerebbe ipso facto.

Le tradizioni popolari devono potersi autorappresentare, cioè decidere autonomamente come devono essere interpretate, anche sul piano artistico. Che poi tu mi venga a dire che tali tradizioni non esistono più (almeno in occidente), che il capitalismo ha posto in essere il valore del singolo e che l'artista non fa che riflettere questo stato di cose, io naturalmente ne prendo atto, perché non posso negare che sia così (anzi, secondo quanto ti ho già scritto, l'individualismo nasce, sul piano politico, con l'affermazione del potere temporale del papato, che ha spezzato la tradizione cristiana dei primi sette concili ecumenici). E tuttavia non posso non aggiungere che questa situazione di fatto va superata, certamente in maniera democratica, ma con assoluta convinzione, poiché il percorso finale della produzione artistica borghese è, come già si è verificato con Nietzsche in campo filosofico e col nazifascismo in campo politico, la follia, l'autodistruzione dell'io, che è tale anche quando si vuole ridurre l'arte a una sorta di spot commerciale.

Sotto questo aspetto non capisco il motivo per cui tu consideri "artigianale" l'arte che vuole rispecchiare le tradizioni popolari. Anch'io allora potrei dire che l'arte di Van Gogh o di Michelangelo, essendo del tutto soggettiva, non è arte, ma esercitazione arbitraria di individui che hanno vissuto la loro esistenza odiando il mondo intero. Perché devo considerare "artistica" l'opera di un folle, di un suicida, di un violento, di un maschilista che nei confronti delle donne aveva un milione di complessi freudiani?

Perché vuoi concedere così tanto spazio all'individualismo dell'artista quando tu stesso dici che questo individualismo è frutto di un'alienazione sociale, quella borghese, che lo stesso artista è costretto a subire?

E' forse bello ciò che piace? No, secondo me è bello ciò che è bello, e in tal senso sono un hegeliano contro Kant. E, aggiungo, ciò che è bello non può non piacere. Non esiste un canone ufficiale per stabilire la bellezza (anche se comunque penso che la bellezza debba esprimersi in forma armonica), ma se valesse solo la regola soggettiva secondo cui è bello ciò che piace, l'arte non potrebbe comunicare alcunché di veramente significativo e l'artista non si sforzerebbe di rendere la propria arte conforme al sentire comune.


(1) Realismo vuol dire "ascoltare la realtà", cioè mettersi dal punto di vista dell'umanità dell'uomo, il che non può essere definito una volta per tutte. E neanche due, tre, cento volte, poiché ogni definizione è una negazione.
Semplicemente "realismo" vuol dire interpretare la realtà mettendo al centro di questa il rapporto dell'uomo coi propri simili, e con la natura, poiché l'uomo è sostanza sociale e naturale.
L'interpretazione deve essere intelligibile, cioè non può contenere aspetti talmente ambigui o astratti da impedire una qualsivoglia comprensione sufficientemente oggettiva.
E' evidente infatti che quando c'è di mezzo la libertà umana che agisce nella storia e nei processi di natura, non può esistere un'interpretazione univoca, assoluta, delle azioni umane, dei pensieri umani.
Ogni cosa, azione o pensiero, è soggetta ad ambiguità e quindi a interpretazioni opposte o comunque diversificate, non identiche.
Ma è anche vero che un barlume di verità deve esserci nelle interpretazioni, altrimenti il realismo sarebbe assoluto, il che è un controsenso. Anche il relativismo è relativo, poiché esistono interpretazioni della realtà più oggettive di altre.
Facciamo un esempio. Quando Trotsky diceva che il comunismo in Russia non avrebbe potuto resistere senza una contestuale rivoluzione socialista anche negli altri paesi europei avanzati, aveva torto o ragione rispetto all'idea di Stalin di creare il socialismo in un unico paese?
Aveva torto, perché Stalin dimostrò che il socialismo poteva andare avanti anche in presenza del capitalismo delle altre nazioni.
Eppure il socialismo di Stalin è crollato. Dunque aveva ragione Trotsky?
Nel momento del dibattito aveva ragione Stalin, ma poiché il socialismo di Stalin fu in realtà una dittatura, la storia sembra aver dato ragione a Trotsky.
In realtà Trotsky continua ad aver torto e se il socialismo di Stalin non fosse stato una dittatura, a quest'ora sarebbe ancora in piedi.
Anzi, oggi si deve addirittura arrivare a dire che senza il socialismo est-europeo, molto difficilmente l'Europa occidentale riuscirà a realizzarne uno proprio. (torna su)

Enrico Galavotti


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 11/09/2014