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Storicamente col termine "crociata" occorre intendere quelle spedizioni militari a
scopo commerciale, o comunque di espansione territoriale in nome di interessi
materiali legittimati da una copertura ideologica, che può andare dalla lotta di
civiltà che il cristianesimo latino si sentiva in dovere di sostenere contro il
paganesimo,
alla liberazione della Terrasanta dal dominio musulmano, sino alla soppressione
di confessioni cristiane rivali a quella cattolico-romana.
Va tuttavia detto che gli stessi musulmani, partiti dalla terra d'Arabia, arrivarono
in Europa sino alle porte dei Pirenei e di Vienna. Anche questa in fondo era per
loro una sorta di "crociata", forse con una differenza, se si vuole: che, mentre
gli islamici erano consapevoli di non avere una cultura superiore a quella
cristiana, e si limitavano ad assoggettare politicamente ed economicamente i
cristiani, quest'ultimi invece pretendevano una sottomissione completa da ogni
punto di vista.
Generalmente i manuali scolastici parlano di
otto crociate che si svolsero
nell'arco di 200 anni e furono dirette tutte verso il Medio oriente, il
Mediterraneo orientale, ivi incluso il saccheggio di Costantinopoli nel corso
della quarta crociata (ma non dobbiamo dimenticare l'atteggiamento che assunsero
Portogallo e Spagna all'interno dei loro paesi nei confronti degli islamici e
degli ebrei). Protagonisti principali delle crociate anti-islamiche i francesi, gli italiani e i
tedeschi, ma vi furono significative presenze degli inglesi
(1) e nella quinta degli
austro-ungheresi.
In realtà le crociate furono molte di più e l'idea stessa di crociata non
riguardò unicamente la guerra anti-islamica.
Qualunque provvedimento poliziesco o militare a carico di un movimento di
persone aggregato attorno a un ideale di vita, che si protrae nel tempo fino
alla completa sottomissione di tale compagine o fino al suo annientamento, in
caso di resistenza attiva, può essere definito col termine di "crociata". Che
poi l'ideale di vita sia di tipo religioso o laico, la sostanza non cambia.
Dunque vanno considerate "crociate" non solo le spedizioni militari contro
gli arabi, ma anche quelle contro i turchi, che avvennero molti secoli dopo
quelli classici del basso Medioevo, e sono state vere e proprie "crociate" tutte
quelle compiute contro le popolazioni di religione "pagana", cioè "non
cristiana", come appunto i germani e gli slavi confinanti con il sacro romano
impero (senza dimenticare quelle compiute contro le popolazioni americane,
africane e asiatiche), e persino quelle compiute dai cattolici-romani contro gli
ortodossi-bizantini o quelle tra cattolici-romani e protestanti, per motivi di
rivalità su un ideale comune di cristianità.
Sotto questo aspetto debbono essere considerate "crociate" non solo le
spedizioni militari compiute all'esterno di un determinato paese, contro altri
paesi, ma anche tutti quei provvedimenti repressivi, interni a un determinato
paese, intrapresi contro i cosiddetti "eretici", i nemici dell'ordine pubblico,
delle autorità costituite e così via. Le crociate si fanno sempre in nome di un
ideale religioso, che oggi - quando si ripetono - ovviamente risulta di molto
laicizzato, almeno nell'ambito occidentale.
Nel corso della storia medievale le crociate contro i movimenti ereticali e
pauperistici sono state un'infinità e tutte molto cruenti. Quanto, in queste
decisioni così unilaterali, abbia pesato la trasformazione del beneficio
vitalizio della terra in possesso ereditario, è facile capirlo. Allorquando in
Francia le terre passarono in proprietà dal padre al primogenito (maggiorasco),
si rese relativamente difficile la vita agli altri figli, che come alternativa
avevano o la carriera ecclesiastica o appunto quella militare in terre da
conquistare.
Molti storici tendono ad attribuire l'esplosione delle crociate verso est
(contro l'islam o contro il paganesimo o il cristianesimo ortodosso) al forte
aumento complessivo della popolazione euroccidentale. Ma è assai raro trovare uno storico che, oltre a chiedersi le motivazioni di
questa improvvisa crescita demografica, nonché il fatto che ad un certo
punto risultava essere incompatibile con le risorse disponibili, spieghino anche in
maniera esauriente in che misura sarebbe stato possibile evitare che lo scarto
tra popolazione e risorse si trasformasse in una guerra di conquista verso
popolazioni pacifiche.
Gli aumenti progressivi della popolazione si verificano, in genere, quando
sussiste un trend economico favorevole per un periodo relativamente lungo. Ma
questo di per sé non può essere motivo sufficiente per spiegare l'esigenza di
conquiste militari o di esodi di massa verso terre da colonizzare.
Il colonialismo è sempre l'effetto di rapporti economici iniqui vissuti
anzitutto all'interno della regione da cui parte la conquista militare e l'esodo
di massa. Se questa regione ha conosciuto un trend economico favorevole di lunga
durata e poi improvvisamente si vede costretta a favorire processi di conquista
militare e coloniale, ciò significa che di quel trend avevano potuto trarre i
migliori vantaggi solo alcune categorie sociali e non la grande maggioranza dei
lavoratori.
E' noto che nella fase iniziale del trend economico favorevole l'intera
società ha l'impressione ch'esso debba durare in maniera indefinita; la stessa
classe sociale che l'ha favorito è interessata a che le masse credano in tale
illusione: di qui lo sviluppo impetuoso della popolazione.
Quando poi, ad un certo punto, ci si accorge che i veri beneficiari del
progresso economico sono in realtà gli stessi ceti particolari che l'hanno
promosso, al fine di potersi arricchire privatamente, ecco che diventa
improrogabile, in mancanza di alternative, la necessità di un esodo di massa.
Tale esigenza, che è sempre di carattere militare, è altresì l'inevitabile
conseguenza di una sconfitta politica da parte di quelle forze sociali che,
subìto l'inganno del benessere facile e incessante, non hanno poi saputo reagire
con la dovuta fermezza contro i proprietari privati. Costoro, in particolare,
riescono di nuovo a ingannare le masse contadine, artigiane, proletarie...
assicurando loro la soluzione dei problemi economici proprio in virtù del
colonialismo.
Non a caso il colonialismo europeo in grande stile (verso la Terrasanta e le
terre slave) si verificò proprio nel momento in cui, sul piano economico, aveva
cominciato a farsi strada il cosiddetto "capitalismo commerciale".
(1) Si può qui notare che gli inglesi non furono mai
tagliati fuori dall'area baltica, anzi dopo il 1200 essi poterono sviluppare
intensi traffici in questa regione. Negli anni successivi al 1230 Enrico III
accordò un privilegio speciale all'associazione dei commercianti del Baltico
(una di quelle Compagnie che fino a tutto il XVIII sec. costituiranno un fattore
essenziale della storia europea e coloniale). Lo stesso re diede anche una
pensione ai cavalieri teutonici che si erano imbarcati alla conquista della
Prussia, mentre negli stessi anni un vescovo inglese guidò gli svedesi a
battezzare e ad annettersi le popolazioni della Finlandia centrale. Peraltro tra
il 1329 e il 1408 diverse centinaia di inglesi servirono sotto l'Ordine
Teutonico nella crociata contro la Lituania, e nel 1399 uno di loro, Enrico
Bolingbroke, divenne persino re d'Inghilterra col nome di Enrico IV. Infine per
tutto il XV sec. si susseguirono gli scontri e i trattati tra i re inglesi, la
Lega Anseatica, l'Ordine Teutonico in Prussia e i sovrani scandinavi. (torna
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