L'idea di crociata 2

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I - II - III

Storicamente col termine "crociata" occorre intendere quelle spedizioni militari a scopo commerciale, o comunque di espansione territoriale in nome di interessi materiali legittimati da una copertura ideologica, che può andare dalla lotta di civiltà che il cristianesimo latino si sentiva in dovere di sostenere contro il paganesimo, alla liberazione della Terrasanta dal dominio musulmano, sino alla soppressione di confessioni cristiane rivali a quella cattolico-romana.
Va tuttavia detto che gli stessi musulmani, partiti dalla terra d'Arabia, arrivarono in Europa sino alle porte dei Pirenei e di Vienna. Anche questa in fondo era per loro una sorta di "crociata", forse con una differenza, se si vuole: che, mentre gli islamici erano consapevoli di non avere una cultura superiore a quella cristiana, e si limitavano ad assoggettare politicamente ed economicamente i cristiani, quest'ultimi invece pretendevano una sottomissione completa da ogni punto di vista.
Generalmente i manuali scolastici parlano di otto crociate che si svolsero nell'arco di 200 anni e furono dirette tutte verso il Medio oriente, il Mediterraneo orientale, ivi incluso il saccheggio di Costantinopoli nel corso della quarta crociata (ma non dobbiamo dimenticare l'atteggiamento che assunsero Portogallo e Spagna all'interno dei loro paesi nei confronti degli islamici e degli ebrei). Protagonisti principali delle crociate anti-islamiche i francesi, gli italiani e i tedeschi, ma vi furono significative presenze degli inglesi (1) e nella quinta degli austro-ungheresi.
In realtà le crociate furono molte di più e l'idea stessa di crociata non riguardò unicamente la guerra anti-islamica.
Qualunque provvedimento poliziesco o militare a carico di un movimento di persone aggregato attorno a un ideale di vita, che si protrae nel tempo fino alla completa sottomissione di tale compagine o fino al suo annientamento, in caso di resistenza attiva, può essere definito col termine di "crociata". Che poi l'ideale di vita sia di tipo religioso o laico, la sostanza non cambia.
Dunque vanno considerate "crociate" non solo le spedizioni militari contro gli arabi, ma anche quelle contro i turchi, che avvennero molti secoli dopo quelli classici del basso Medioevo, e sono state vere e proprie "crociate" tutte quelle compiute contro le popolazioni di religione "pagana", cioè "non cristiana", come appunto i germani e gli slavi confinanti con il sacro romano impero (senza dimenticare quelle compiute contro le popolazioni americane, africane e asiatiche), e persino quelle compiute dai cattolici-romani contro gli ortodossi-bizantini o quelle tra cattolici-romani e protestanti, per motivi di rivalità su un ideale comune di cristianità.
Sotto questo aspetto debbono essere considerate "crociate" non solo le spedizioni militari compiute all'esterno di un determinato paese, contro altri paesi, ma anche tutti quei provvedimenti repressivi, interni a un determinato paese, intrapresi contro i cosiddetti "eretici", i nemici dell'ordine pubblico, delle autorità costituite e così via. Le crociate si fanno sempre in nome di un ideale religioso, che oggi - quando si ripetono - ovviamente risulta di molto laicizzato, almeno nell'ambito occidentale.
Nel corso della storia medievale le crociate contro i movimenti ereticali e pauperistici sono state un'infinità e tutte molto cruenti. Quanto, in queste decisioni così unilaterali, abbia pesato la trasformazione del beneficio vitalizio della terra in possesso ereditario, è facile capirlo. Allorquando in Francia le terre passarono in proprietà dal padre al primogenito (maggiorasco), si rese relativamente difficile la vita agli altri figli, che come alternativa avevano o la carriera ecclesiastica o appunto quella militare in terre da conquistare.
Molti storici tendono ad attribuire l'esplosione delle crociate verso est (contro l'islam o contro il paganesimo o il cristianesimo ortodosso) al forte aumento complessivo della popolazione euroccidentale. Ma è assai raro trovare uno storico che, oltre a chiedersi le motivazioni di questa improvvisa crescita demografica, nonché il fatto che ad un certo punto risultava essere incompatibile con le risorse disponibili, spieghino anche in maniera esauriente in che misura sarebbe stato possibile evitare che lo scarto tra popolazione e risorse si trasformasse in una guerra di conquista verso popolazioni pacifiche.
Gli aumenti progressivi della popolazione si verificano, in genere, quando sussiste un trend economico favorevole per un periodo relativamente lungo. Ma questo di per sé non può essere motivo sufficiente per spiegare l'esigenza di conquiste militari o di esodi di massa verso terre da colonizzare.
Il colonialismo è sempre l'effetto di rapporti economici iniqui vissuti anzitutto all'interno della regione da cui parte la conquista militare e l'esodo di massa. Se questa regione ha conosciuto un trend economico favorevole di lunga durata e poi improvvisamente si vede costretta a favorire processi di conquista militare e coloniale, ciò significa che di quel trend avevano potuto trarre i migliori vantaggi solo alcune categorie sociali e non la grande maggioranza dei lavoratori.
E' noto che nella fase iniziale del trend economico favorevole l'intera società ha l'impressione ch'esso debba durare in maniera indefinita; la stessa classe sociale che l'ha favorito è interessata a che le masse credano in tale illusione: di qui lo sviluppo impetuoso della popolazione.
Quando poi, ad un certo punto, ci si accorge che i veri beneficiari del progresso economico sono in realtà gli stessi ceti particolari che l'hanno promosso, al fine di potersi arricchire privatamente, ecco che diventa improrogabile, in mancanza di alternative, la necessità di un esodo di massa.
Tale esigenza, che è sempre di carattere militare, è altresì l'inevitabile conseguenza di una sconfitta politica da parte di quelle forze sociali che, subìto l'inganno del benessere facile e incessante, non hanno poi saputo reagire con la dovuta fermezza contro i proprietari privati. Costoro, in particolare, riescono di nuovo a ingannare le masse contadine, artigiane, proletarie... assicurando loro la soluzione dei problemi economici proprio in virtù del colonialismo.
Non a caso il colonialismo europeo in grande stile (verso la Terrasanta e le terre slave) si verificò proprio nel momento in cui, sul piano economico, aveva cominciato a farsi strada il cosiddetto "capitalismo commerciale".

(1) Si può qui notare che gli inglesi non furono mai tagliati fuori dall'area baltica, anzi dopo il 1200 essi poterono sviluppare intensi traffici in questa regione. Negli anni successivi al 1230 Enrico III accordò un privilegio speciale all'associazione dei commercianti del Baltico (una di quelle Compagnie che fino a tutto il XVIII sec. costituiranno un fattore essenziale della storia europea e coloniale). Lo stesso re diede anche una pensione ai cavalieri teutonici che si erano imbarcati alla conquista della Prussia, mentre negli stessi anni un vescovo inglese guidò gli svedesi a battezzare e ad annettersi le popolazioni della Finlandia centrale. Peraltro tra il 1329 e il 1408 diverse centinaia di inglesi servirono sotto l'Ordine Teutonico nella crociata contro la Lituania, e nel 1399 uno di loro, Enrico Bolingbroke, divenne persino re d'Inghilterra col nome di Enrico IV. Infine per tutto il XV sec. si susseguirono gli scontri e i trattati tra i re inglesi, la Lega Anseatica, l'Ordine Teutonico in Prussia e i sovrani scandinavi. (torna su)

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Ultimo aggiornamento: 02-set-2011