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II - III
L'Italia e le Fiandre, verso gli inizi del Basso Medioevo, erano riuscite a imporre a tutto il sacro romano
impero d'occidente un'impressionante svolta verso i consumi e i consumi di
qualità, in virtù dei loro commerci internazionali, che poi porteranno, alla
fine del Medioevo, alle prime forme di "capitalismo manifatturiero", mediante
cui si assisterà a una progressiva trasformazione dell'artigiano in operaio
salariato.
L'esigenza di poter acquistare, col denaro, prodotti costosi, di qualità,
pregiati, rari, indusse quanti per tradizione se lo potevano permettere (le
classi nobiliari o comunque possidenti), ad acuire le contraddizioni del
servaggio e della dipendenza personale, che fino a quel momento erano rimaste
nei limiti della capacità di consumo degli stessi proprietari feudali.
Ad un certo punto il servo della gleba rischiava di vedersi trasformato in
una sorta di schiavo in veste feudale, la cui unica alternativa era diventata quella di fuggire dal feudo e
di trasformarsi o in un operaio salariato o in carne da cannone per qualche esercito
di ventura, oppure appunto in un emigrante in terre lontane, in cerca di fortuna. Non a caso le crociate vengono fatte da contadini rovinati dai
debiti e da operai il cui salario non era sufficiente a mantenere una famiglia.
Gli storici spesso mettono in risalto il fatto che in Europa occidentale
esistessero tecniche rurali di coltivazione della terra molto più avanzate che
tra le popolazioni slave: p.es. l'aratro a versoio in ferro che consentiva di
lavorare i terreni pesanti; il collare di spalla per i cavalli, che non
strozzava l'animale durante lo sforzo; la rotazione triennale delle colture, che
forniva avena per le bestie; le tecniche di bonifica dei terreni paludosi; il
prosciugamento dei nuovi campi da coltivare; la costruzione di dighe...
Eppure tutti questi progressi non indicano affatto, di per sé, un sicuro
indice di benessere economico generale, per tutti i lavoratori; infatti, se al
progresso tecnologico non segue un'equa ripartizione delle ricchezze, la
tecnologia finisce col procurare vantaggi solo ai ceti possidenti, portando col
tempo alla rovina tutti gli altri. E' sintomatico, in tal senso, che le crociate vengano fatte proprio
nel momento in cui l'Europa rurale aveva conosciuto le innovazioni tecnologiche
più significative. Fu ad es. sufficiente la carestia del 1144-47 per far
scatenare alcuni esodi di massa.
La stragrande maggioranza dei coloni nord-europei proveniva da Sassonia,
Franconia, Renania, Turingia, Olanda e Fiandre (quest'ultime due le più
fittamente popolate di tutta Europa), ma anche dalla Danimarca e dai paesi
scandinavi, per non parlare di quelle formazioni militari trasversali quali
furono gli ordini monastico-cavallereschi. Se consideriamo che inglesi, francesi
e italiani parteciparono in maniera massiccia anche alle crociate anti-islamiche
in oriente, e che spagnoli e portoghesi erano impegnati con medesime crociate
all'interno dei loro rispettivi paesi, si può tranquillamente sostenere che non
ci fu popolazione europea che non intraprese guerre di tipo coloniale a partire
dalla nascita dell'impero carolingio.
Per quanto riguarda la conquista delle terre slave, gli storici sono spesso
costretti a cadere in taluni inevitabili controsensi, proprio in virtù del fatto
che tali popolazioni, siano esse di religione pagana o di religione ortodossa,
non condussero mai guerre preventive di conquista o di colonizzazione nei
confronti dell'occidente europeo. Studiosi e ricercatori infatti da un lato sostengono che il
colonialismo arrecò grandi benefici alle popolazioni slave, in quanto insegnò
loro nuove metodiche rurali e commerciali; dall'altro però cercano di attenuare
al massimo il fatto che l'introduzione di tali metodiche fu accompagnato da una
sistematica distruzione di culture autoctone e da assoggettamenti durissimi di
popolazioni "straniere".
Nelle terre colonizzate gli europei riprodussero le stesse forme di rapporti
di potere politico e di proprietà economica che vivevano nelle loro terre
d'origine (la cosiddetta "madrepatria"), per cui, in definitiva, di tutto il
progresso tecnologico esportato solo loro stessi ebbero modo di beneficiarne al
massimo, e non certo le popolazioni slave sottomesse.
Questo poi senza considerare che oggi uno storico dovrebbe mettere in
discussione non solo lo sfruttamento della manodopera altrui, ma, in virtù di
una certa coscienza ambientale, anche lo sfruttamento indiscriminato delle
risorse naturali. L'uso di metodiche invasive nei confronti della natura porta
questa a impoverirsi, inesorabilmente, cioè a trasformarsi in qualcosa di
artificioso, che col tempo si rivela poco produttivo, anzi soggetto a
desertificazione.
La crociata è dunque l'antesignana, a sfondo più che altro religioso, del
moderno colonialismo europeo, che si è imposto sulla scena mondiale in nome di
una presunta superiorità politica (i concetti di "stato", "democrazia",
"burocrazia" ecc.),
economica (i concetti di "profitto", "interesse", "mercato" ecc.) e culturale (i concetti di
"teologia", "scienza", "tecnologia" ecc.).
Il termine "crociata" cominciò a entrare in disuso, nel linguaggio europeo,
quando gli illuministi francesi lo vollero applicare solo alle conquiste
compiute in nome di un'ideale religioso: in tal modo essi potevano evitare di
considerare "crociate" le spedizioni colonialistiche della borghesia nei
paesi di quello che oggi viene chiamato "terzo mondo".
Nei manuali scolastici di storia non appaiono le cosiddette "crociate
baltiche", che pur durarono dai tempi dei Merovingi-Carolingi sino al XVI
secolo, perché è quasi impossibile trovare una giustificazione ideologica ai
massacri compiuti dai franchi e dai sassoni convertiti al cattolicesimo latino.
Infatti, proprio mentre si svolgevano queste carneficine a carico degli
slavi pagani, la chiesa romana decideva di appoggiare senza riserve i franchi,
al punto che nell'800 accettò la proposta di Carlo Magno di incoronarlo
imperatore del sacro romano impero, violando l'integrità territoriale di tale
impero rappresentata dal basileus bizantino.
Come meravigliarsi dunque dell'analogo silenzio che i medesimi manuali
riservano alla dura ostilità che i cattolici-romani hanno sempre nutrito nei
confronti dei bizantini di
religione ortodossa? Ancora oggi quest'ultimi vengono definiti col termine
di "scismatici", mentre nella realtà fu la chiesa romana che, proprio con quella
incoronazione e con l'inserimento del
Filioque nel Credo (la madre di tutte le eresie latine), aveva posto
le basi per la separazione del 1054, che, come noto, riguardò molti altri
aspetti della tradizione (dall'uso del pane azzimo nell'eucaristia alla
questione del "primato petrino" fino al diverso modo di amministrare i
sacramenti). [Per uno studio della storia della chiesa medievale
clicca qui]
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