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Verso la metà del XIII sec. inizia
l’incubazione della nazione lituana intorno a Novogrudok perché è in questa
zona oggi bielorussa, più interna e protetta dalle incursioni estranee, che la
Lituania come stato a sé comincia a formarsi, quasi isolata dal resto del
mondo.
E’ bene sottolineare che bisognerà, inoltre, capire
perchè l’idea di una nazione del tutto diversa da quella degli Slavi che sono
intorno si stratifichi proprio qui e in questo XIII secolo, sebbene sia
evidente che essa abbia avuto radici molto antiche nelle aspirazioni della
nobiltà locale.
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Infatti, fino a quel tempo era esistito un solo stato nella Pianura Russa, la Rus di
Kiev, e la sua politica si era fondata soprattutto sull’unione famigliare
della città del sud con Novgorod al nord e con il possibile controllo armato
dei Carpazi per proteggere l’integrità del proprio territorio e la propria
economia. La Rus di Kiev però non era riuscita a vivere a lungo. La
rottura dei legami politici era già cominciata quando Novgorod non aveva
accettato più in modo stabile la presenza di un principe “straniero” mandato da
Kiev, senza una richiesta formale ed un contratto “d’ingaggio” da parte della
città del nord, rifiutando persino di piegarsi alle pressioni della Chiesa che
spingeva all’obbedienza al Gran Principe di Kiev.
Lo stesso atteggiamento verso Kiev era stato tenuto da Polozk e questa città ora
rappresentava la maggiore realtà politica esistente nella “regione lituana”.
La Rus di Kiev, alla fine, si era smembrata e verso la metà del XIII sec.
nella zona intorno a Polozk, dove si trovava Novogrudok fra il Nieman e la
Dvina, si fronteggiavano, quasi sempre in armi, la civiltà contadina
slavo-russa, la civiltà contadina slavo-polacca, e il feudalesimo cattolico
degli ordini cavallereschi insediatisi lungo la costa baltica, contro tutti gli
interessi degli autoctoni lituani, prussiani e finnici, impotenti contro
pressioni militari troppo potenti.
Per quanto riguarda la Rus, questa non si era attestata mai lungo le coste
baltiche. Le città russe si erano sempre insediate a metà della corrente dei
grandi fiumi del nord, forse a causa delle necessità fondamentalmente agricole
della gente slava la quale non osava superare certe latitudini sfavorevoli alle
proprie coltivazioni.
Questa situazione aveva lasciato quasi sempre in pace le genti autoctone, salvo lo
sforzo dei monaci greco-russi di cercare di convertire Baltici e Finni al
Cristianesimo Ortodosso. Ed è grosso modo fra Polozk, Minsk e Grodno che
nasce cresce e si “slavizza” Mindaugas, il primo eroe nazionale lituano.
In realtà le origini della dinastia dei principi
lituani, che ebbe come rappresentante famoso questo Mindaugas, sono avvolte nel
mistero più fitto poiché le fonti non ne dicono molto. E’ probabile che il
primo principe lituano realmente esistito sia stato un certo Lutuveras, ma non
è molto sicuro perché prima di lui, appunto!, troviamo il nostro Mindaugas.
Questo personaggio, a nostro avviso, non è però forgiato passivamente dalle culture
che ha tutt’intorno perché in fondo al suo cuore rimarrà sempre attaccato alle
sue foreste e ai suoi dèi benché battezzato una volta ortodosso e poi
cattolico. Non assimilerà mai quell’atmosfera che il cristiano di quei tempi
sentiva aleggiare intorno a sé, specialmente se apparteneva alle classi
dominanti amanti del simbolismo e dello sfarzo esteriore della chiesa medievale
in genere.
Prima di immetterci nella storia di quest’uomo, vediamo di ripetere qualche dato
sulla Lituania antica, quella cioè nominata nelle Cronache Russe.
Schematicamente essa era divisa in due parti: una alta o Lituania propriamente detta (Litvà
in russo e Lietuvos in lituano) e una parte bassa o Zhemaitia,
che indicava la Bassa (in lituano Zhemas significa appunto Bassa)
del bacino del fiume Nieman (lit. Nemunas) conosciuta nelle Cronache
tedesche col nome (latinizzato) di Samogizia.
Torniamo per un momento, e per sommi capi, ai problemi della Chiesa Cristiana Universale
e diciamo che, sebbene ci fosse una sola fede cristiana, nell’XI sec. essa
risultava separata dallo scisma fra i due grandi Patriarcati: Roma e
Costantinopoli. Gli altri tre Patriarcati di Antiochia, Gerusalemme ed
Alessandria risultavano quasi scomparsi, perché ormai sopraffatti dall’Islam.
Roma e Costantinopoli, dunque, si consideravano entrambi l’unica rappresentanza
vivente di Cristo sulla Terra e tendevano perciò a farsi concorrenza fra di
loro, quando conquistavano nuovi pagani alla fede di Cristo.
L’Europa, in grandissima parte, era ormai da secoli cristiana e quindi aveva già compiuto
il passo di accettare i riti cristiani standardizzati ormai da tanto tempo dai
due Patriarcati. Al contrario i nuovi battezzati, sia che fossero cattolici,
come chiamava i propri fedeli la Cristianità di Roma, sia ortodossi,
come li chiamava invece la Cristianità di Costantinopoli, talvolta non capivano
il messaggio pratico (oltre che spirituale) che il Cristianesimo apportava in
sconvolgimento di costumi, di rapporti fra gli uomini, di concezione
del potere e di lingua per comunicare fra popoli diversi che
avrebbero poi trasformato totalmente la loro vita.
E allora perché gli ultimi pagani europei nel nord del continente, abitanti da
sempre in luoghi difficili da attraversare o addirittura da raggiungere,
avrebbero dovuto abbandonare le loro vecchie credenze, utili fino a quel
momento, per entrare a far parte dell’una o dell’altra Chiesa? E’ un quesito
difficile e cercheremo di trovare la risposta proprio nella travagliata vicenda
di Mindaguags e dei suoi contemporanei.
In questo XII-XIII sec. il Papa di Roma, ormai esauritesi le Crociate in Terra
Santa, adotta allora la misura estrema: intraprendere nuove Crociate dirette
contro le ultime sacche di paganesimo dell’Europa! Il Patriarcato
Costantinopolitano, in piena decadenza e dominato dai cattolici romani sin dal 1204, a questo punto è impotente di fronte a queste azioni e cerca, per quanto può, di conservare
intatte almeno le proprie diocesi, specie quelle russe molto ricche, fra Kiev e
Polozk!
A far concorrenza alla Cristianità di Bisanzio in questi secoli non è solo il
Papa di Roma, ma c’è persino l’Islam, con l’avanzata dei Turchi Selgiuchidi
nell’Anatolia e dei Mongoli (Tatari) che minacciano il mondo ortodosso e russo.
In questa tenzone fra Papato di Roma, Chiesa Russa e Islam si trovano coinvolte
le genti lituane non organizzate e non ancora attratte né dall’una né
dall’altra ideologia.
D’altronde, il Patriarcato Bizantino aveva avuto una politica di propaganda della fede molto
diversa da quella del Papato di Roma. Non si faceva proselitismo missionario
intenso e ai nuovi convertiti era lasciata la loro lingua nella liturgia e le
conversioni si facevano con l’accordo del vescovo col capopopolo, più o meno
come era avvenuto a Kiev con san Vladimiro nel 988-989. Oltre questo passo non
si era andati e quei baltici che erano contrari, nella Pianura Russa, ad
assimilarsi alla cultura slava ed ortodossa, continuarono a restare pagani e a
vivere nel loro vecchio modo.
Quando arrivano i Cavalieri però la musica cambia. Il compito principale di questi
monaci crociati assegnato dal Papa è di convertire tutti gli abitanti di
questa terra al Cristianesimo Cattolico, ma soprattutto al loro modo
di vedere il mondo e la società, a qualsiasi costo e subito, anche… con
la forza!
Verso la metà del XIII sec. le città-stato in territorio lituano-bielorusso sono
ormai una trentina e di queste quasi la metà avevano un principe il cui nome
tradisce l’appartenenza alla gente lituana, ma battezzati nella religione
ortodossa.
La Rus di Kiev e i principi russi del nord, il cui unico interesse era
prettamente mercantile, videro la presenza dei Crociati come un elemento di
disturbo per una politica di mantenimento della pace, ma anche come
un’occasione per intensificare i traffici. I contatti di Polozk, Novgorod etc.
furono condotti affinché il commercio coi Cavalieri e con i loro coloni
tedeschi e i traffici locali dei russi proseguissero senza dannose
interruzioni, purchè le credenze e i costumi russi restassero intatti! Per il
resto, i Cavalieri anch’essi cristiani che facessero quel che volevano coi
pagani autoctoni ancora non convertiti…
Questo è dunque il quadro in cui si muovono i primi principi lituani.
L’unica minaccia da parte dei cattolici che questi principi vedranno come più
pericolosa è che si precluda il loro accesso alle ricchezze che hanno sfruttato
fino a questo momento insieme ai russi e solo allora cercheranno un condottiero
che li difenda dagli attacchi ai propri territori.
Non sono forse pericoli imminenti quelle presenze sempre più invadenti dei
Cavalieri di Livonia o Portaspada, dei Cavalieri Teutonici, oltre che dei
Danesi e degli Svedesi di Riga e di Tallinn?
Ogni signore locale prese tutte le precauzioni che potè e si hanno così notizie
d’alleanze temporanee fra principi krivici e lituani contro Riga oppure contro
i Polacchi. Un esempio? L’alleanza fra Izjaslav di Novogrudok con Mindaugas di
Kernovo, contro la Masovia polacca.
Ed è proprio in questo frangente che appare sulla scena attiva il nostro
personaggio: Mindaugas di Kernovo!
Chi è costui? Abbiamo già detto che di lui abbiamo notizie davvero insufficienti e
frammentarie. Sappiamo, da una fonte, che era un discendente di un certo
Rimgaudas ossia, trasposto in russo, di Ringold, un principe che era riuscito a
mettere sotto il suo potere gran parte delle tribù lettoni e lituane e che
Vladimiro Monomaco aveva punito con l’esilio a Costantinopoli (sempre che si
tratti della stessa persona!).
Mindaugas è chiamato nelle Cronache tedesche Mindowe e in quelle russe Mindovg, ma è
notevole che quest’avo o padre di nome Rimgaudas o Ringold che gli si
attribuisce, corrisponde sicuramente al nome norreno (antica lingua dei
Variaghi scandinavi) Ragnvald, l’antenato della casata che regnava a Polozk (Rogvolod
in russo) ai tempi di san Vladimiro di Kiev. Inoltre, siccome sappiamo che nel
medioevo il nome (non esistendo i cognomi) dava precise indicazioni sul
lignaggio e sulle origini dei nobili, alternandosi e ripetendosi di generazione
in generazione, è evidente che Mindaugas doveva essere un lituano assimilato
per parentela agli slavi Krivici e che la sua famiglia costituiva un ramo
cadetto dei Rogvolodidi di Polozk.
Mindaugas è menzionato in un accordo di pace fra Kernovo e i principi russi della
Volynia, registrato nel 1219 nelle Cronache di Galic’ dove si legge: Per
volontà di Dio mandarono dei principi lituani ... a proporre la pace. Ecco i nomi dei principi lituani: Il più vecchio è Zhivinbudas, Dauiomas, Dausprungas e
suo fratello Mindaugas, il fratello di Dauiomas Vilikaitis. Poi i principi
della Zhemaitia: Jerdivilas, Vikintas. Questi di Rusc’kov: Kintibudas,
Volibutas, Budvetis, Vizheikis e suo figlio Vislis, Kitenis, Plieskus. Ed ecco
i figli di Bulionis Vismuntas … (seguono altri nomi). Tutti costoro
stipularono la pace con Danilo e Vasilko e regnò la pace nelle loro terre.”
Abbiamo riportato questo brano per intero perché qualcuno di questi nomi riapparirà nella nostra
storia e naturalmente a quella data, 1219, Mindaugas è ancora un principe senza
un trono importante, visto che suo padre è ancora vivo.
Dopo la morte del padre (avvenuta verso il 1239, secondo una fonte), prende il suo posto a
Kernovo (Kernave in lituano) e continua la politica di rafforzamento del suo
piccolo stato lituano, cercando di acquisire nuovi domini. I suoi sforzi devono
essere stati coronati dal successo perché presto lo ritroviamo insediato a
Novogrudok col titolo di principe! Nelle Cronache russe è detto semplicemente
che prese il potere alla morte di suo padre e diventò un principe indipendente,
ma purtroppo non si dice come giunse a concentrare il comando nelle sue mani
sottraendolo ai suoi fratelli e agli altri pari a lui. Né si sa come arrivasse
ad esser destinato da Kernovo a Novogrudok benché, forse, ricevesse questo
dominio com’eredità di suo padre oppure perché invitato a governare su
quell’altra città da un gruppo di influentissimi bojari a lui favorevoli, come
dicono provocatoriamente alcuni storici, fra cui il bielorusso Cigrinov.
Sappiamo che ebbe almeno due mogli di cui una, Marta, di sicuro cristiana ortodossa. Già di qui
possiamo dedurre che Mindaugas stesso fosse ortodosso, benché si raccontasse
che continuava ad indulgere in pratiche e superstizioni pagane come, ad
esempio, il fatto che permettesse la cremazione dei cadaveri invece d’inumarli…
Del suo battesimo ortodosso abbiamo comunque conferma nelle Cronache di Novgorod dove è riportato per l’anno 1246 che
Mindaugas e i suoi nobili presero la fede di Cristo dell’Oriente (cioè
l’Ortodossia).
Poco prima di questi eventi, nel 1224 (lo abbiamo raccontato prima), i Tatari avevano sconfitto, intanto, sul fiume Kalka una
lega di principi russi capeggiata dal Gran Principe di Kiev e come conseguenza
di tale disfatta tutta la regione di nordest era caduta sotto il giogo di
questi invasori.
Mentre si consolida il dominio tataro sulla Rus di nordest, fra i principi russi emergono
due figure che si confronteranno col nostro Mindaugas: Alessandro figlio di
Jaroslav, principe di Novgorod nel 1228 e detto Nevskii da una parte, e Danilo
figlio di Romano, cugino d’Alessandro, che nel 1229 siede sul trono di Galic’,
capitale della cosiddetta Russia di Cerven o Volynia, rivendicata già dai
polacchi e dai cugini di Cernìgov.
Nel 1240 Kiev - anche questo lo abbiamo raccontato - cade sotto i colpi dei Tatari e benché costoro tentassero di continuare la
loro marcia invasiva verso il nord, diretti a Novgorod, arrivati al lago
Seligher alle sorgenti del Volga, sono costretti a ripiegare.
Novgorod e la parte nord-orientale della Pianura Russa è così salva.
I Tatari tentano anche di attraversare le micidiali
paludi del Pripjat per penetrare in Lituania e in Bielorussia, ma anche qui non
riescono a mantenere alcun caposaldo.
Mindaugas allora approfitta della situazione favorevole, dovuta all’allarme suscitato nella
regione dalla presenza dei Tatari, e si avventura ad entrare nelle Terre di
Novgorod. Infatti, ben sa che la conquista di quella città (insieme a Polozk
che domina già) gli consentirebbe di avere il controllo di tutto il nord e
potrebbe in questo modo cercare di contenere la foga dei Cavalieri che premono
dal Baltico. Riesce però a conquistare, e solo per breve tempo, la città minore
Pskov e a giungere al Lago Seligher, fino a Torzhok, che finalmente occupa.
I novgorodesi chiedono allora aiuto ad Alessandro Nevskii che riesce a ricacciare Mindaugas…
Non finisce, comunque, qui e addirittura si è contato che Alessandro Nevskii si scontrasse con Mindaugas o con i suoi amici
ed alleati per ben otto volte! Risultato? Mindaugas viene riconosciuto come
principe di Vitebsk, di Minsk e di Polozk, consolidando queste sue posizioni,
ma rinunciando per il momento all’area più strettamente novgorodese.
Si rivolge ora verso la Rus di sudovest, cioè verso Galic’ e la Volynia, e, comincia dapprima
una politica d’avvicinamento e di apparentamento con Danilo di Galic’ e i suoi
figli, in vista di diventare il padrone assoluto della regione carpatica.
Tuttavia, già nel 1235 si parla nelle Cronache di una Lituania unita nelle mani di Mindaugas, ma
sfortunatamente non si dice qual è l’estensione di questo dominio, né qual è la
sua capitale. Perciò è difficile sapere qual è, in realtà, l’area vera della
sua influenza, salvo che mettesse fuori gioco, quasi sempre uccidendoli (pochi
sono quelli che caccia vivi fuori dei loro domini), tutti i suoi rivali,
requisendo per sé i rispettivi possedimenti.
Nel 1242 si scontra con i Tatari nelle vicinanze di Lida (cittadina vicino all’odierna
Minsk in Bielorussia) ed è la sua più grande impresa militare contro questi
invasori della steppa perché lo consacra il vero leader dei lituani. Sette anni
dopo ottiene ancora una vittoria clamorosa sullo stesso nemico sul fiume
Netec’, sconfitta che scoraggia per sempre i Tatari da ulteriori spedizioni in
Lituania, salvando queste genti (russe e lituane) dal giogo tataro per i secoli
a venire.
Mindaugas sembra avvicinarsi sempre più al suo obiettivo di incorporare nel suo dominio quante
più terre russe è possibile e proprio mentre Alessandro Nevskii, suo antagonista,
è assente nella lontanissima Mongolia.
Ed è proprio a spese della Rus di Suzdal che il furbo lituano comincia a costruire quello che
si chiamerà il Granducato di Lituania, della Rus e della Zhemaitia negli
anni seguenti. La Rus, in questa specifica menzione, include la parte
estesa a monte del bacino del Nieman, chiamata in lituano Aukštaitia
ossia “regione alta”.
Nel 1245 aveva condotto una campagna in Curlandia con l’appoggio di suo cugino Vikintas che
controllava la Zhemaitia, ma in quell’occasione più che tentare di spaventare i
Cavalieri non si capisce bene quali obiettivi raggiungesse giacché Vikintas
rimase al suo posto e non ci fu nessun allargamento di dominio per Mindaugas.
Nel 1246 lo troviamo coinvolto indirettamente nelle beghe dei principi polacchi intorno a
Grodno, mentre nel 1248 allontana d’autorità dalla Lituania i suoi nipoti (i
figli del fratello maggiore Dausprungas) Tautvilas e Edivydas i quali sono
costretti a rifugiarsi in Volynia (a Galic’).
Il suo scopo evidente è di togliere di mezzo per sempre questi parenti, ma non è così facile
perché costoro una volta a Galic’ sono accolti da Danilo con gran benevolenza e
favore. Anche Danilo, infatti, accarezza da qualche tempo il progetto di
unificare le Terre Russe da nord a sud nelle sue mani, specialmente per
sottrarle all’influenza di suo cugino Alessandro Nevskii, autoproclamatosi
(almeno secondo l’interpretazione dei diritti di successione a quel titolo da
parte di Danilo!) Gran Principe anziano. Già nel 1250 Danilo era stato invitato
nella capitale tatara di Sarai a prestar atto di riverenza al khan
tataro per riuscire a restare, senza pericoli, sul suo trono di Galic’ e
c’erano stati dei problemi. Probabilmente, se con l’aiuto di Tautvilas e
Edivydas (cognati di Danilo perchè fratelli di sua moglie) e di Vikintas,
rifugiatosi qui anche lui, potesse riuscire a togliere di mezzo Mindaugas,
diventerebbe un signore più importante ed onnipotente e avrebbe più peso per
farsi riconoscere Gran Principe al posto d’Alessandro Nevskii! Questo è di
certo lo scopo di tenersi amici proprio questi principi lituani che ha accolto
presso di lui.
Danilo, intanto, riesce a coinvolgere i Jatvjaghi a stare dalla sua parte nel progetto contro
Mindaugas e quindi mette insieme una minacciosa coalizione armata pronta a
muovere verso nord.
Tautvilas, addirittura, viene inviato a Riga per cercare di avere un appoggio anche presso
l’Arcivescovo. Qui però, in cambio d’aiuti militari il lituano deve accettare
il battesimo cattolico, condizione fondamentale per qualsiasi alleanza o favore
politico e militare da parte di Riga. Danilo, intanto, muove e penetra nei
territori lituani devastando alcune cittadine e mettendo in crisi Mindaugas. Se
lo scontro fra i due andasse male per quest’ultimo, ciò favorirebbe di sicuro
l’attacco da parte dei Cavalieri Portaspada e la fine del sogno lituano.
Mindaugas quindi non ha scelta. Ha bisogno dell’alleanza dei Cavalieri!
Se Tautvilas ha dovuto passare attraverso la mediazione dell’arcivescovo di Riga per arrivare
ai Cavalieri ed ottenerne l’aiuto militare, Mindaugas andrà diritto da loro.
E così, preceduto da ricchi doni e da moltissime promesse, viene accolto dal Gran Maestro
dell’Ordine, fra’ Andrea di Stierland, il quale, sicuramente felice di essere
stato interpellato dal principe lituano ed essendo, in certo qual modo, in
contrasto con l’arcivescovo di Riga, offre a Mindaugas prima di tutto una
corona da vero re che sarà, nientedimeno!, benedetta dal papa Innocenzo IV,
purché si converta al Cattolicesimo Romano! Solo allora l’Ordine sarà ben lieto
di dare il suo aiuto militare…
E’ il 1251 e Mindaugas accetta e si fa battezzare.
In realtà, la sua conversione fu solo un atto compiuto al solo scopo di assicurarsi alleanze ed
opporsi allo stesso tempo alla politica espansionistica dei Cavalieri, visto
che dai suoi parenti russi non poteva aspettarsi granché. Ben lo capirono i
russi di Galic’ che scrissero nelle loro Cronache che tale conversione era solo
una maniera per proteggersi le spalle a nord contro il sud (cioè contro Galic’)
e non una vera conversione religiosa. Si legge infatti nella Cronaca di Galic’:
“Il suo battesimo era falso…(perché continuò) a fare sacrifici ai
suoi dèi, continuò a praticare l’incinerazione dei morti e all’aperto continuò
le sue cerimonie pagane.” Il cronista evidentemente lo conosceva bene!
Si racconta, infatti, che una volta una lepre gli aveva attraversato il cammino e Mindaugas,
per paura che gli accadesse qualcosa di brutto, rinunciò a percorrere oltre
quella strada! Si dice ancora che stava attento a non rompere neppur il più
piccolo ramo dei alberi sacri del bosco (le querce) e tante altre storie, tutte
contro di lui. Comunque sia, in quello stesso anno la “lega antilituana”
attacca Mindaugas e lo tiene sotto assedio in un castello chiamato Voruta.
Cerchiamo di immaginarci questo “castello” che finora gli archeologi non sanno
bene dove localizzare, ma che è descritto con tanti particolari nelle Cronache,
perché ciò contribuirà a darci un’idea della “primitività” della Lituania e
della modernizzazione che Mindaugas si sforzò di introdurre.
Dalle descrizioni di scavi d’ambienti simili sappiamo che un castello lituano doveva essere un vasto doppio recinto (spesso
ca. 3 metri) di tronchi verticali, saldamente infissi nel terreno e serrati l’uno
all’altro, come se ne vedevano a quel tempo in tutta la regione, costruiti con
sapienza anche dagli Slavi e dai Germani di tanti anni prima. Davanti ad esso
era costruito una specie di sperone, sempre di legno e alto quanto il muro,
contro gli assalti possibili della cavalleria. All’interno c’erano un centinaio
di piccole costruzioni per l’alloggiamento dei difensori, tantissimi pozzi per
spegnere gli eventuali incendi che l’assediante avrebbe continuamente cercato
di attizzare, e poi le stalle per i piccoli cavalli lituani, i canili per i
cani da combattimento e da guardia, e una costruzione un po’ più grande per
l’alloggio del principe!
I Cavalieri dell’Ordine, convenuti a Voruta per dare una mano a Mindaugas, la mattina
all’alba uscirono dal castello e fecero un vero e proprio torneo per dimostrare
la loro superiorità militare agli assedianti che, ricordiamolo!, erano le forze
di Tautvilas e di Danilo di Galic’. Fu un gran successo perché gli attaccanti
capirono che non ce l’avrebbero mai fatta e abbandonarono l’assedio.
Mindaugas dunque non viene vinto, ma naturalmente vorrebbe la sua rivincita alla prima
occasione. Così tocca a Vikintas subire l’assalto di Mindaugas nel suo castello
di Tverai, per aver appoggiato e fatto parte della lega contro di lui!
Per ragioni oscure Mindaugas, amante delle battaglie in campo aperto, rinuncia stavolta
all’assedio forse perché vede in esso un inutile consumo di risorse umane e
decide di lasciar cadere le liti in corso.
Tautvilas, però, percepisce che Mindaugas aspetta solo l’occasione per rivolgersi contro di lui
e che la sua posizione perciò è in pericolo. Abbandona la sua Polozk e si rifugia nuovamente presso Danilo di Galic’. La lega contro Mindaugas è così
disfatta e anche i Jatvjaghi e gli Zhemaiti si ritirano e si riappacificano con
lui.
Danilo di Galic’, invece, non rinuncia ancora. Sogna sempre di riprendere la posizione di Gran Principe
della Rus e di radunare tutte le Terre Russe, comprese quelle lituane, sotto il
suo potere… anche quelle che ora sono sotto il giogo tataro! Spera di mettere
insieme una grande crociata contro questi pericolosi abitanti pagani della
steppa che da sempre minacciano le Terre Russe e l’Europa intera! Attraverso la
mediazione dell’Ungheria, riesce ad avere contatti col Papa e a chiedere
l’appoggio militare contro i Tatari sotto l’egida di Roma. Solo se questo
grande progetto andrà in porto, anche lui si farà cattolico… ma solo e non
appena avrà conseguito le vittorie necessarie sui nemici pagani! Assicurato
parzialmente su questi punti, ricomincia le sue campagne annuali contro la
Lituania di Mindaugas.
Le ostilità si protrarranno per ben sei anni…
Mindaugas ricorrerà frequentemente ai Cavalieri Portaspada perché gli diano il loro aiuto
materiale contro Galic’, e nel 1253 ritorna il problema dell’incoronazione che
finora, per varie ragioni, non si è ancora fatta, benché si sia battezzato come
richiestogli.
Si racconta che Mindaugas spendesse moltissime delle sue ricchezze affinché la sua
incoronazione diventasse l’avvenimento del suo tempo.
Tutti gli orefici e gli artigiani di Riga si affaccendarono attorno alla sua corona, affinché creassero
un gioiello unico al mondo! Anche a Novogrudok fu allestita una grandiosa
festa, dove si dice, convenissero nobili e contadini da tutte le parti per
partecipare agli enormi e sontuosi banchetti quando finalmente la sua
incoronazione avvenne alla presenza dei messi del papa Innocenzo IV. Sia vero
oppure no, il Papa benedisse l’incoronazione.
Il dominio lituano di Mindaugas e Novogrudok diventò, non più una semplice città-stato come ce
n’erano tante altre nella regione, ma la capitale di un regno cattolico e così,
almeno ufficialmente, la posizione e il rango del nostro principe rispetto ai
vicini polacchi, ungheresi e russi ne uscì rafforzata.
Quanto agli Ordini dei Cavalieri, sia livone che teutonico, i rapporti con lui ora si
stabilizzano. Addirittura, sembra che Mindaugas avesse promesso (ma poi non
mantenne la promessa fatta) per tutto questo “onore” di esser diventato re che
avrebbe ceduto parte dei territori della Zhemaitia, già sottratti da lui ai
suoi cugini, all’Ordine Livone.
Dobbiamo aggiungere che insolitamente l’incoronazione di Mindaugas non avvenne in una chiesa, sebbene il primo
impegno materiale che si richiedeva al neo-convertito come prova della
sincerità dell’atto compiuto, era almeno la costruzione di un tempio consacrato
da funzionari latini dove celebrare la cerimonia.
E nelle vicinanze di chiese latine non se ne trovano…
E’ possibile dunque che si sia fatto incoronare in una qualche costruzione di legno provvisoria, lontano da Novogrudok, visto che
non vi sono tracce archeologiche contemporanee di una costruzione di pietra o
in mattoni nell’area della cittadina?
Neppure durante gli scavi condotti nella cripta della cattedrale barocca di Vilnius si sono trovati reperti che si riferiscano
a questo straordinario evento, benché ci siano le fondamenta di una chiesa
primitiva che risale proprio a quest’epoca, quando Vilnius era ancora da
fondare. E’ però poco probabile che Mindaugas abbia intrapreso una costruzione
da queste parti, dove in pratica non abitava ancora nessuno o forse già pensava
di spostare il baricentro politico qui, un po’ più a nord, prima di Ghedimino?
Probabilmente lo sapremo quando si faranno ulteriori scavi.
A parte questo mistero, nel 1254, infine, si giunge ad una trattativa di pace con Galic’. La
mediazione per questo accordo però non porta l’impronta romana…
In questi anni appare sulla scena il figlio di Mindaugas, Voiscelk (in lituano
Vaisc’vilkas o Vaiscelgas). Questi era stato mandato a trattare il matrimonio
fra sua sorella col figlio di Danilo, Sc’varn, ed il fratello di quest’ultimo,
Romano di Galic’, era andato in ostaggio reale alla corte di Novogrudok dove
gli era stata affidata parte della provincia come appannaggio personale.
Quest’ultima risultò una mossa molto azzardata,
sebbene forse senza scelta, da parte di Mindaugas che in tutti i modi non
lasciò contento Voiscelk (eventuale successore sul trono di Novogrudok). Questo
giovane aveva sempre visto la crescita del potere di suo padre e dei suoi
domini come la sua futura e degna eredità e possiamo immaginare come ci
rimanesse quando vide passare, per disposizione di suo padre, il governo di
Novogrudok nelle mani di Romano di Galic’ che da un semplice ostaggio diventava
ora pari ad un principe lituano.
Voiscelk, sappiamo dalle Cronache, non era uno stinco di santo e, come dice la tradizione, “…non era contento ogni giorno
se non avesse ucciso uno o due uomini!” Così, molto irritato per doversi accontentare di due città minori come
Volkovysk e Slonim, al posto di Novogrudok, si considerò un principe senza
dominio e in uno stranissimo slancio di fede decide di ritirarsi dalla vita
pubblica e farsi monaco… ortodosso, nel monastero di Polonin, in Volynia.
Di sicuro è un dispetto verso suo padre e le sue politiche religiose filopapali
ed un segnale al vigile Danilo!
Voiscelk era battezzato nell’Ortodossia, prima della riconversione di suo padre, ed aveva ricevuto il nome di Davide. Ora,
ribattezzato come monaco, quasi per ricordare chi l’avesse costretto al
clamoroso gesto, si fece chiamare fra’ Romano.
Suo padre, però, lo conosceva bene e aveva riso della sua improvvisa vocazione dicendo che sotto
il saio sicuramente nascondeva una spada! Tuttavia, Voiscelk è fedele al suo
abito per ben tre anni finchè, abbandonato il monastero dei Carpazi di cui
abbiamo parlato prima, decide di recarsi in eremo al Monte Athos, in Grecia!
Purtroppo, a causa di guerre nei Balcani, deve tornare in patria e dirigersi verso
Novogrudok…
Possiamo dire quindi, che il cattolicesimo di Mindaugas aveva fatto pochissima breccia nella famiglia
e che invece l’ortodossia continuava a trionfare, ormai profondamente radicata
nell’animo dei suoi figli.
Danilo stesso, preoccupato di tenere Voiscelk fuori gioco a favore di suo figlio Romano, è
contento del ritorno solo quando viene a sapere che ha fondato un monastero,
lungo il Nieman vicino a Novogrudok, dedicato a san Lorenzo a ricordo del suo
avo Rimundas-Lavrasc’ e alla Vergine Maria e vi si è rinchiuso.
Il ritiro di Voiscelk in monastero e il conseguente
suo voto al celibato perenne aveva messo in forse la continuazione del
lignaggio e Mindaugas, nel bisogno urgente di trovare una nuova moglie perché
gli generasse altri figli da porre sul trono dopo la sua morte, compie una
grossa soperchieria ai danni di Daumantas (battezzato nell’Ortodossia col nome
di Timoteo), principe di Pskov!
Di costui racconteremo più avanti, mentre ora ci interessa informare il nostro lettore che, per quanto
riguarda Tautvilas, sappiamo che era diventato intoccabile per il suo ruolo
nella pace costruita a Galic’. Per di più ritorna come principe a Polozk ed
apparentemente appare riconciliato con tutti.
Le pedine sembrano essere ferme al loro posto, mentre Mindaugas con le consulenze dei cattolici ha
il tempo, persino, di impegnarsi a costruire il suo nuovo stato sul modello dei
regni cattolici vicini. La Rus ortodossa, infatti, come un modello da imitare,
è ormai messa da parte perché risulta obsoleta. Inoltre, come re cattolico è
libero dal versamento della decima al Metropolita ortodosso di Kiev, sebbene
ora dovrà cederla per il mantenimento della Chiesa Cattolica Romana. Né basta
questo. Dovrebbe istituire ed organizzare una nuova struttura ecclesiastica per
il suo regno, accettare un vescovo straniero che cercherà di comandare nella
sua casa e fra la sua gente. In breve, Mindaugas si scontra personalmente, non
solo con il problema dei costi di tutte queste operazioni, ma anche col
pericolo di essere degradato da re a servitore del vescovo che gli verrà
destinato!
Già prima, nel 1253, da Gniezno, la centrale cattolica della Polonia, era stato nominato quale
vescovo per la nuova Lituania un certo Vito, un monaco domenicano, benedetto
dal Papa. Costui, però, non giungerà mai in Lituania per qualche ragione mai
tramandata, benché possiamo immaginare gli ostacoli che Mindaugas pose contro
l’arrivo di questo prelato nella sua terra, e quindi non si saprà più nulla
delle sue attività, salvo che, nel 1255, Vito viene destituito motu proprio
dal Papa.
Sappiamo poi che i Cavalieri ne mandarono uno in Lituania, ma anche di questo vescovo “dei
Cavalieri” esistono altrettante pochissime notizie… Anzi! Questo vescovo nel
1259 lo ritroviamo ad operare in Germania invece che nella sua sede lituana,
fino alla sua morte!
In definitiva, ci accorgiamo che l’evangelizzazione dei lituani secondo il rito latino finché ci
fu Mindaugas, fu talmente ostacolata che risultò un vero e proprio voluto
insuccesso. E tutti i patti stipulati? E gli obblighi sottoscritti?
Di certo aveva sempre creduto che il battesimo cattolico fosse solo una specie di cerimonia
obbligata per ottenere, sì!, la corona, ma soprattutto la pace con i vicini.
Mettere insieme un potere ideologico parallelo nel suo regno, che avrebbe
sconvolto le sue abitudini di sempre, invece non era immaginabile!
Per far fronte a quanto la Chiesa Latina gli richiedeva attraverso il Papa e i Cavalieri
significava imporre nuovi balzelli sui traffici, regolamentare i mercati alla
moda latina con trattati bilaterali con l’Hansa germanica e concorrere alle
spese delle crociate contro i Russi! Troppo caro…
Per farla breve, nel 1260 Mindaugas, si rimise in combutta con gli altri principi
lituani e ritornò, di fatto, al vecchio ordine pagano, dimenticando di essersi
battezzato cristiano per ben due volte!
Ciò non esclude il fatto che dal 1253 al 1260 si noti un decennio di riorganizzazione e di pace
relativa in cui vediamo i Lituani occupati ad imparare nuove tecniche agricole
e le nuove tecnologie. Una grande rivoluzione ha luogo persino nell’arte di
costruire fortezze e castelli che fino ad allora erano stati dei possenti
recinti di pali di legno, come quello di Voruta, ed ora sono in mattoni!
Anche in quest’ultimo caso c’è però il secondo fine. Più fortezze e più castelli vuol
dire riarmarsi e nella ripresa delle lotte Mindaugas ridiventa il nemico numero
uno sia dei Cavalieri Livoni sia dei Teutonici!
Nella battaglia sul Lago Durbe riesce a riprendersi la Samogizia di cui aveva perso
il controllo, sebbene poi debba spartirla con l’Ordine Livone (quel vecchio
pegno!). Se non lo facesse, senza l’appoggio di questi ultimi, vedrebbe ora
anche i Teutonici sciamare lungo il Nieman contro di lui!
Nel 1255 anche a Danilo di Galic’ viene proposta la corona di re cattolico dai
messi del Papa e persino sollecitandolo ad un’alleanza contro Mindaugas, che
non si è comportato come doveva. Danilo, però, ha un’altra spina nel fianco:
gli serve soprattutto un aiuto per liberarsi dei Tatari di Batu Khan che possiedono
avamposti ancora fin sotto i Carpazi, oltre che sul resto delle Terre Russe al
di là del Dnepr.
Danilo di Galic’ è più guardingo e malfidente di Mindaugas. Troppo tempo è passato
dalla prima promessa romana, e tergiversa. Certo lascia che entrino due frati
francescani nella sua corte, ma richiede a gran voce prima di tutto gli aiuti
militari.
E’ solo in parte d’accordo con la politica del Papa di Roma e dell’Imperatore
d’Occidente per le Terre Russe e non approva la composizione parlamentare coi
Tatari, evidentemente cercata quando si sono mandati dei legati papali a
contattare il Gran Khan fino in Mongolia, a Kara Korum.
Questa politica latina tocca persino Alessandro Nevskii che nel 1252 riceve, mentre è
a Novgorod, una legazione papale che l’invita all’alleanza con i Cavalieri e
gli offre la corona di re in cambio, ma, come abbiamo già detto in altro luogo,
l’orgoglioso principe russo rifiuta nettamente.
Tutte queste manovre però ottengono un risultato immediato: quello di mettere in
allarme l’Orda di Batu Khan che, temendo il formarsi di un fronte unico
cristiano contro di lui, dopo le lunghe trattative con Alessandro Nevskii per
il riordinamento del territorio di Suzdal e vicinanze, passa a considerare la
situazione della Galizia.
Batu Khan considera le città di Galic’, Holm (costruita come forte di vedetta dallo
stesso Danilo) e Vladimir-di-Volynia, come suo territorio (ulus)
personale e il fatto che Danilo stia negoziando alleanze e accordi con il Papa
di Roma provoca la rappresaglia.
Il khan ordina perciò una spedizione punitiva contro Galic’ con a capo Kuremsa. Costui
penetra nella Volynia intenzionato a proseguire fin dove può nel nord, ma per
delle circostanze fortuite, dopo qualche devastazione, a causa della morte di
Batu Khan deve abbandonare in fretta e in segreto tutte le operazioni militari
per tornare indietro a Sarai.
Galic’ è salva, ma non può più sottrarsi a pagare un tributo ai Tatari.
A questo punto Danilo e Mindaugas si ritrovano sullo stesso lato della barricata
e segretamente stilano un patto di non aggressione e di difesa contro i Tatari.
Quando nel 1256 arriva anche a Galic’ la notizia che Batu Khan è morto e che a
Sarai, la capitale tatara sul Volga, c’è confusione, i due si trovano subito
d’accordo a muovere verso sud per liberare i dintorni di Kiev dai Tatari lì
presenti.
Il primo a muovere è Danilo che si trova più vicino. Attacca la vicina fortezza
tatara di Vozvjaghl e così quando arriva suo figlio Romano con l’esercito
affidatogli da Mindaugas, trova ormai la campagna militare già vittoriosamente
portata a termine da suo padre. E’ chiaro che non gli tocca alcun bottino,
specie i necessari schiavi per le campagne militari perché non ha preso parte
al conflitto. Quando però si accinge a tornare, Romano è subito sospettato dai
suoi uomini, quasi tutti lituani, di essersi accordato col padre e perciò è
costretto a fermarsi a Galic’! Occorre tenerli buoni questi soldati che ha con
sé e che vogliono essere ricompensati. Così li autorizza a rivolgersi contro i
territori lituani a nord per fare bottino…
Romano però con questo suo comportamento si pone in contrasto con Mindaugas… in una
spirale senza fine!
Dopo lunghe trattative Romano si rassegna a ritornare a fare l’ostaggio a
Novogrudok, probabilmente con l’intermediazione del messo papale che fa da
paciere!
Purtroppo sono tempi duri questi anni del XIII sec. in Lituania ed ogni occasione è buona
per qualsiasi principe nel cercare di sopraffare l’altro.
Ed è proprio questo il desiderio di Tautvilas di Polozk.
Costui contatta, direttamente in convento, Voiscelk, rinchiuso al momento nel saio
monacale, come sappiamo. Al progetto di rovesciare suo padre Voiscelk aderisce subito
e nel 1258, gettato il saio alle ortiche, si mette in armi e s’impadronisce di
Novogrudok, uccidendo alfine l’odiato rivale, Romano di Galic’.
Danilo minaccia vendetta contro l’ex monaco fedifrago e colpevole di sacrilegio. Chiede
dapprima la restituzione della salma di suo figlio, ma senza grande esito.
Voiscelk, malgrado le minacce di Danilo, si insedia tranquillamente come principe assoluto a
Novogrudok. Anzi, ormai padrone del campo, abbandona l’idea di alleanze con le
forze cattoliche intorno a lui ed il riconoscimento della maggiore autorità di
Danilo e comincia a riorganizzare l’Ortodossia in terra lituana, provocando uno
scompiglio in tutti gli equilibri che suo padre fino ad allora aveva cercato di
creare.
Tuttavia, nel 1261 i tatari si affacciano di nuovo sui Carpazi e Danilo ora deve affrontare il
grosso contingente del tataro Burundai, ritornato per incassare i vecchi
crediti lasciati in sospeso da Kuremsa.
Non c’è molto da fare e Danilo deve capitolare, senza validi aiuti dalla Lituania. Un affronto
mai conosciuto è la richiesta dei Tatari ai russi di smantellare le
città-fortezze che avevano costruito durante quegli anni! Galic’ e la Volynia
passano definitivamente sotto il giogo tataro…
Quel che ci meraviglia in tutti questi eventi è che Mindaugas è rimasto immobile a
guardare gli eventi da Kernave, benché sia in grande allarme. Che cosa gli
succede? Come mai ha accettato tutto quanto Voiscelk ha fatto finora? Vuol dire
forse che approva il comportamento di suo figlio o è impedito da qualche
problema particolare?
Forse non riesce a tener sotto controllo la situazione, perché impegnato dai
Cavalieri e dalla sua idea fissa di impadronirsi di Novgorod per mettere in
crisi Alessandro Nevskii. Forse si fida troppo dell’ubbidienza di suo figlio,
nel caso dovesse imporgli delle scelte diverse…
Tuttavia, ora ha contro Tautvilas e suo fratello Gardenas e tutti gli altri parenti, fra i quali in special modo Trenjata, che
cercano di ostacolarlo in tutti i modi.
Con Trenjata il problema è ben più complicato giacché questi, dopo essersi liberato dall’oppressione dei Cavalieri
Portaspada, per mantenere la sua indipendenza in Samogizia si è segretamente
messo in lega con Daumantas, principe di Pskov. E tutti e due si sono accordati
per uccidere Mindaugas!
A questo punto ci dobbiamo chiedere: perchè mai Daumantas si lascia coinvolgere con tanto
entusiasmo in un progetto di tal portata? Che cosa vuole ottenere?
In realtà tra Daumantas e Mindaugas ci sono vecchie ruggini a causa di offese, mai lavate,
alle quali abbiamo parzialmente accennato sopra.
Tutto era nato da una storia sanguinosa accaduta nella vita coniugale, molto singolare, di
Mindaugas! Vediamo quel che accadde.
Nella Cronaca di Galic’, in cui viene nominato per
la prima volta il nostro eroe, dopo il nome del principe di Zhemaitia
Vismuntas, si legge: “… fu ucciso da Mindaugas il quale prese
per sé la moglie di lui e uccise anche i fratelli (di Vismuntas) Edivydas
e Sprudeikis.”
Dunque prima del 1219 Mindaugas aveva una moglie, madre di due figli e cioè di Voiscelk e di una
figlia dal nome non tramandato la quale, lo abbiamo visto, era poi andata in
sposa al figlio di Danilo, Sc’varn.
Quando Mindaugas decise che dovesse avere un’altra moglie, visto che suo figlio si era fatto monaco, furono mandati i messi
nuziali per tutti i castelli dei principi lituani e la sorte cadde sulle due
figlie, ancora minori, di un certo Ghirdianis, principe di Lepen’. I messi gli
scelsero la più grande di nome Morta (ossia Marta).
Questa bimba, aveva ancora il seno piatto e nessun pelo pubico, dice la tradizione. Tuttavia, una volta sposatasi, seppe diventare
rapidamente una pratica padrona di casa, la più severa che ci fosse mai stata! Sul
maturare della sua adolescenza, Marta diede alla luce il primo figlio Rughlias
e dopo un anno il secondo, Repekius (Rupeikis). Ambedue i ragazzi erano rossi
di capelli e con gli occhi talmente azzurri da non riuscire neanche a
distinguerne le pupille!
Intanto, la sorella di Marta, rimasta offesa per la scelta di Mindaugas, chiese ed ottenne,
di venire a Voruta per trovar un marito degno, proprio usando delle amicizie di
Mindaugas. L’accompagnava suo padre e quando Mindaugas la rivide, subito gli si
infiammò il cuore giacché Gheborda (questo era probabilmente il suo nome) era
diventata una splendida biondina, alta e ben fatta! Marta notò tutti i
cambiamenti del modo di comportarsi di suo marito verso la sorella e si accese
di gelosia. Dopo i due parti purtroppo si era ingrassata e non attraeva più il
suo uomo come prima. Anzi! Mindaugas appena poteva, se ne andava nella sua
nativa Kernave con la scusa di riunioni ed assemblee ed invece aveva saputo che
si sollazzava con le contadine del luogo…
Mindaugas, tuttavia, non volle fare colpi di testa inutili e fu molto prudente. Cominciò a
cercare per davvero un marito per Gheborda nel circolo dei suoi conoscenti. Per
primo le propose il suo cortigiano Kobris, che fu subito rifiutato perché zoppo
e ubriacone. Poi entrò in lizza Pilipenis, principe della vicina Pinsk. Si
parlò anche di Danilo di Galic’ e di Ottocaro II Premislide e, perché no?, le
propose persino Bela, il re ungherese col quale aveva una buona amicizia…
Gheborda continuava a rifiutare tutti con varie scuse. Quello era calvo, quell’altro
aveva la voce chioccia, quell’altro ancora vestiva in modo strano… E Mindaugas?
Il nostro cominciava ad accorgersi che Gheborda era entrata nella sua casa
perché si era innamorata proprio di lui! Giudicando però pericoloso scivolare
in una tale situazione adulterina, decise che Gheborda sposasse Daumantas,
principe di Pskov! In questo modo la ragazza gli sarebbe stata vicina e chissà
che un giorno un incontro non potesse aver luogo…
Lo sposalizio fu dunque celebrato e sarebbe finito tutto lì, se nel 1263 non fosse mancata
Marta.
Immediatamente dopo la cremazione della moglie, Mindaugas mandò a chiedere a Daumantas di rescindere il suo matrimonio poiché…
Marta, prima di morire, gli aveva chiesto come pegno d’amore di sposare sua
sorella. Solo costei poteva comportarsi con i suoi figli, ancora piccoli, come
una vera madre e poi perché solo Gheborda aveva lo stesso sangue dei ragazzi!
Daumantas naturalmente non avrebbe voluto subire un tale affronto, ma temeva Mindaugas e
la sua potenza e ingoiando veleno accettò per vera la scusa addotta e ripudiò
sua moglie.
Ecco quindi da dove scaturiva tutto il rancore accumulato da Daumantas ed anche
spiegato il suo entusiasmo per il progetto di uccidere Mindaugas.
Tuttavia, ci sono ancora altri legami famigliari da mettere in evidenza per poter meglio
capire il resto delle vicende che racconteremo.
Vikintas era il marito della sorella di Mindaugas e i figli del fratello Dausprungas,
Tautvilas e Edivydas, erano suoi cugini affezionati. E Tautvilas, principe
della città più importante di tutta la regione, Polozk, era una persona molto
nota per le sue imprese militari, come quella di Sciauliai (Saule), una cittadina
poco a nord di Vilnius, dove era riuscito, insieme a Vikintas a battere i
Cavalieri con onore nel 1236, provocando la morte di una cinquantina di
Portaspada, fra i quali il maestro provinciale Volquin.
Mindaugas temeva perciò l’influenza di Tautvilas sulle terre che considerava sue nei
progetti di espansione. Per questo motivo, quando possibile, lo aveva liquidato
mandandolo nelle Terre di Galic’! Ma non basta! E’ tramandato che Mindaugas
avesse pagato dei sicari per uccidere Tautvilas, Edivydas e Danilo! Quindi,
c’erano anche in queste altre persone forti motivi di ostilità contro
Mindaugas…
I giochi, a questo punto, divennero talmente pericolosi che Mindaugas fu
costretto a chiedere all’Ordine di Livonia di aiutarlo a venirne fuori senza
macchia, visto che il triplice assassinio non gli era riuscito e i rancori
intorno a lui si erano aggravati.
Ecco la ragione del suo abboccamento personale con Andrea di Stierland, di cui
avevamo parlato prima! Altro che conversione al cattolicesimo! Era la sua
paura di essere ucciso ad ogni possibile svista perchè temeva una congiura
contro la sua persona da un momento all’altro!
Certo, gli costò un bel po’ riuscire a parlare col Gran Maestro, visto che le Cronache affermano che per vedere il nuovo capo
dell’Ordine dovette mandare una gran quantità di oro e di argento, vasi
bellissimi e una miriade di cavalli (lituani, famosissimi) a Riga! Fu forse
anche su suggerimento di costui che Mindaugas decise di lasciar Voruta e
Novogrudok e trovare un luogo fortificato più sicuro dalle parti di Kernovo…
Mindaugas, per precauzione, nomina persino il suo successore: il figlio Rughlias…
Ormai, però, niente poteva più salvarlo. Il 12 settembre 1263 viene ucciso nel sonno
insieme ai suoi figli minori Rughlias (o Ruklys) e Renekeis (o Rupeikis) mentre
si trovava in campagna militare nella zona di Brjansk (vicino all’odierna
Mosca), proprio con coloro che avevano congiurato contro di lui. La sua guardia
del corpo, un russo di nome Ostap, figlio di Costantino e originario della
città di Rjazan’, prezzolato dai congiurati, fece da sicario.
Morto Mindaugas, ogni principe si riprende i propri territori e la costruzione del
Granducato di Lituania viene così bruscamente interrotta.
Di sicuro (ci sono accenni nelle Cronache) tutte queste beghe erano state
fomentate dall’Ordine dei Cavalieri Teutonici e dai loro agenti che avevano
tutto l’interesse di impedire la formazione di stati nuovi e solidi che non
fossero sotto il loro diretto e fidato controllo. C’erano due fini da
conseguire con questa politica: mettere in ginocchio Novgorod la Grande e
limitare il potere dei Cavalieri di Livonia!
Per uno strano destino nello stesso anno muore Alessandro Nevskii e l’anno dopo Danilo di Galic’!
Dal libro STORIE DI CAVALIERI E DI LITUANI di
Aldo C. Maturano, Ediz. Atena, 2005
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