IL GRANDE LENIN

Per un socialismo democratico

- 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 -


Sul socialismo italiano

1905

“Turati è il Millerand italiano, un bernsteiniano, cui Giolitti ha offerto un portafogli nel suo ministero”.1 Con queste parole Lenin esordisce nel 1905, riprendendo le critiche che già Engels rivolgeva al dirigente socialista italiano, che, a suo dire, non riusciva a capire la differenza tra rivoluzione socialista e quella piccolo-borghese.

Turati s'illudeva di poter fare gli interessi del proletariato appoggiando i governi borghesi. Infatti nel 1901 aveva aderito al Ministero Zanardelli e quindi stabilito una sorta di tacita collaborazione con Giolitti, il quale nel 1903 gli offrirà di entrare nel suo governo, proposta che però venne rifiutata a causa dell'opposizione interna dei massimalisti.

Turati s'era orientato verso il riformismo sin dalla sconfitta dei Fasci siciliani (1894) e lo scioglimento del Partito socialista (egli aveva aderito coi socialisti milanesi alla “Lega per la difesa della libertà”, creata dal radicale Felice Cavallotti, e scritto il saggio I sobillatori, teorizzando il passaggio al socialismo come processo realizzabile solo grazie all'azione di un'élite intellettuale).

Alla sfiducia nell'azione di massa si associava in lui la persuasione che i socialisti dovessero stabilire un'intesa organica con le forze borghesi disponibili a una politica di riforme democratiche. Infatti di fronte ai tumulti del 1898, a Milano, contro il carovita, il Psi aveva reagito, cercando di dissuadere i manifestanti dalle dimostrazioni di protesta e adottando la turatiana “propaganda contro l'insurrezione”, anche dopo il sanguinoso intervento dell'esercito, l'arresto dei dirigenti socialisti e lo scioglimento del partito e della CGL, che torneranno alla legalità solo nel 1900.

Turati, pur essendosi adoperato per sedare i tumulti, era stato arrestato, condannato a dodici anni e liberato dopo un anno solo grazie all'indulto; egli, nel tentativo di trovare un compromesso col premier Rudinì, aveva attribuito la strage non al governo di quest'ultimo ma alle autorità di Milano. Dai fatti di Milano trasse anzi motivo per ribadire la necessità di rivoluzioni lente e pacifiche e di un'intesa coi liberali democratici facenti capo a Giolitti.

Il Congresso di Roma del settembre 1900 aveva sancito la vittoria di Turati e della Kuliscioff, dopo aver conquistano alle tesi riformiste la grande maggioranza del Psi, con l'appoggio di Claudio Treves, Giuseppe Modigliani e molti altri dirigenti socialisti, e quindi sconfiggendo la sinistra, da tempo rappresentata dall'amico di gioventù, Enrico Ferri, e da Costantino Lazzari, entrambi sostenuti da Lenin.

Diventò così possibile trasformare il Psi in un interlocutore privilegiato di Giolitti, che da parte sua mirava a rafforzare lo Stato liberale, integrando nel sistema di governo i socialisti riformisti e i cattolici liberali, in cambio del riconoscimento di alcuni diritti dei lavoratori e di un'attenuazione del vecchio anticlericalismo.

Secondo Turati il liberalismo giolittiano, espressione d'una moderna borghesia al passo coi tempi, poteva favorire una trasformazione democratica della società, conducendo gradualmente al socialismo.

Questa pratica collaborativa, impostasi nel Psi non senza forti resistenze della sinistra, entrò subito in crisi di fronte alla politica coloniale di Giolitti e alla guerra contro la Libia, intrapresa nel 1912. Nel Congresso di Reggio Emilia dello stesso anno Turati fu nuovamente posto in minoranza e la sua posizione s'indebolì ancor più durante la prima guerra mondiale, di fronte alla quale l'unità del partito si ricompose sulla parola d'ordine “né aderire né sabotare”, condivisa anche da lui.

Ma col procedere della guerra egli si orientò sempre più verso la solidarietà con la nazione in guerra, in contrasto con quanti condividevano la tesi di Lenin, secondo cui occorreva sfruttare la guerra imperialista per innescare il processo rivoluzionario.

Anche la recisa condanna del “terrore rivoluzionario” e del leninismo espressa da Turati e dalla Kuliscioff contribuì a far declinare l'influenza del riformismo, posto seccamente in minoranza dai massimalisti nel Congresso di Roma del 1918. Turati evitò a stento una condanna e l'espulsione per i suoi discorsi “patriottici”.

Nel Congresso di Bologna del 1919 egli si trovava ormai a capeggiare una minoranza piuttosto esigua, benché influente in parlamento, nel campo dell'opinione e nel movimento sindacale. Proprio questa influenza dei riformisti, che s'erano opposti nel 1920 al movimento di occupazione delle fabbriche, restando legati alla II Internazionale, d'indirizzo antibolscevico, aveva fatto sì che sembrasse necessaria a molti la loro espulsione dal partito, richiesta peraltro da Lenin come condizione per accogliere il Psi nella III Internazionale.

Da principio tuttavia questa domanda non venne accolta, anzi provocò una scissione a sinistra nel Congresso di Livorno del 1921, con la nascita del Partito comunista d'Italia, di orientamento leninista.

1908

Lenin, con la moglie Krupskaja, vide per la prima volta Roma e Napoli alla fine dell'aprile del 1908. A quell'epoca egli viveva forzatamente all'estero ed era noto solo a una ristretta cerchia di marxisti. In quell'occasione era diretto a Capri, dove Gor'kij l'attendeva con impazienza, dopo tre mesi di animata corrispondenza epistolare.

A differenza di Gor'kij, interessato a parlare con chiunque per trovare ispirazioni ai suoi romanzi, Lenin, memore dell'amara esperienza di emigrante a Parigi, era molto cauto nello stabilire contatti con gente poco conosciuta.

Gor'kij ricorda che Lenin gli poneva domande relative alle condizioni di vita dei pescatori di Capri e all'influenza che i preti avevano su di loro. Coi pescatori, pur non parlando l'italiano (anche se aveva cominciato a studiarlo), s'intratteneva volentieri. D'altra parte l'isola era solitamente frequentata da altri importanti russi. Lenin infatti poteva discutere di filosofia con Bogdanov, Bazarov e Lunačarskij.

Scopo del viaggio non era solo quello di andare a trovare Gor'kij per passare un po' di ferie, ma anche e soprattutto quello di organizzare la spedizione in Russia del settimanale “Proletarij”, passando appunto per il sindacato dei marittimi e una delle trattorie italiane di Odessa. La cosa riuscì perfettamente.

Lenin si teneva molto informato sulle vicende italiane. Leggeva “L'Avanti”, il “Corriere della Sera”, “La stampa”, una rivista di filosofia e un periodico fiorentino della “Società asiatica italiana”. Più tardi leggerà anche “Il soviet”, “Il comunismo” e “L'Ordine Nuovo”.

*

In questo periodo ha parole di critica per Labriola, che viene da lui inserito nella corrente antiparlamentare del “sindacalismo rivoluzionario”, analoga a quella di Lagardelle in Francia.2 Si trattava di una corrente piccolo-borghese semi-anarchica del movimento operaio, che negava la necessità della lotta politica, il ruolo dirigente del partito e la dittatura del proletariato, ritenendo che i sindacati potessero rovesciare il capitalismo senza rivoluzione, semplicemente attraverso uno sciopero generale.

A Lenin non piacevano le posizioni di Labriola anche perché questi (come Bissolati) non era contrario alle conquiste coloniali, convinto che proprio in tal modo si sarebbe potuta trovare una qualche soluzione alla miseria dei contadini. Il socialismo italiano insomma si stava, secondo lui, trasformando in nazionalismo e Labriola veniva considerato un plechanoviano. Elogiava però il socialista Morgari per aver avuto il coraggio di accusare lo zar Nicola di istigare dei pogrom anti-ebraici, di opprimere la Persia ecc.

Sulla guerra anti-turca del 1911-12 Lenin rileva la perdita di 20.000 italiani, il costo di 800 milioni di lire, il massacro di 14.800 arabi, la necessità di proseguire la guerra (poiché le tribù lontane dalla costa libica continuano a resistere), nonché le conseguenze deleterie sul piano economico (disoccupazione e stagnazione industriale).

S'accorge anche che l'Italia, dal 1880, insieme ad Austria e Russia, genera la nuova emigrazione europea diretta verso gli Stati Uniti (p.es. nello Stato di New York gli italiani sono già nel 1900 ben 182.000).

Sempre in relazione ai fatti che precedono la prima guerra mondiale, Lenin fa notare che Italia, Germania e Russia hanno acconsentito alla politica di annessione austriaca nei confronti della Bosnia-Erzegovina.

Già al VII Congresso socialista della II Internazionale, tenutosi nel 1907 a Stoccarda, Lenin era riuscito a far includere nella risoluzione finale la tesi che, in caso di scoppio della guerra imperialistica, la classe operaia avrebbe dovuto sfruttare la crisi per far cadere i governi borghesi.

1910-12

Lenin giunse a Capri per la seconda volta il 1° luglio 1910, per incontrarsi con Gor'kij, con cui ebbe molte conversazioni a proposito dei machisti, che formavano l'entourage dello scrittore. Nella terrazza di Villa Blesus fu scattata la famosa fotografia che lo ritrae mentre gioca a scacchi con Bogdanov.

Dal 28 agosto al 3 settembre del 1910 Lenin partecipa al Congresso di Copenaghen della II Internazionale, la cui risoluzione conferma quella del Congresso di Stoccarda del 1907, precisando che tutti i parlamentari socialisti dovevano difendere nei parlamenti dei rispettivi paesi: 1) l'arbitrato internazionale obbligatorio per tutti i conflitti interstatali, 2) il disarmo generale, 3) l'abolizione della diplomazia segreta, 4) l'autonomia e la garanzia di tutti i popoli contro le aggressioni militari e le persecuzioni.

L'attenzione di Lenin, in questo periodo, si concentra anche sulla lotta politica e ideologica del movimento socialista italiano alla vigilia della prima guerra mondiale. Seguiva da vicino il XIII Congresso dei socialisti italiani, tenuto a Reggio Emilia nel 1912, parteggiando per i rivoluzionari, contrari ai riformisti, che sostenevano alleanze con la borghesia e, con Bonomi e Bissolati, ne difendevano persino la politica coloniale (p.es. la guerra contro la Turchia). Quest'ultimi verranno poi espulsi.

Le correnti del partito erano quattro: una rivoluzionaria, una riformista e due estremiste (di queste, una massimalista e l'altra anarcosindacalista). I sindacalisti indulgevano alla demagogia rivoluzionaria, distruggevano la disciplina della classe operaia, respingevano l'uso della lotta parlamentare, propendevano insomma per l'anarchismo. Quando furono espulsi dal partito, molti estremisti confluirono nel fascismo.

Nel periodo che va dall'inizio del conflitto mondiale all'entrata in guerra dell'Italia, il Psi aveva avanzato la parola d'ordine: “Contro la guerra, per la neutralità”.

Lenin stava costatando la trasformazione dell'Italia da paese contadino a paese borghese aggressivo. La relativa debolezza della borghesia italiana non la rendeva meno avida né meno feroce contro la Turchia e l'Austria.

In particolare egli aveva analizzato il fatto che un paese con il 40% di analfabeti, con un colera che suscitava rivolte, con una miseria disperata, che aveva fatto passare il numero degli emigranti da un milione fino al 1881 a 5,5 milioni fino al 1910, non contribuiva affatto a fermare la borghesia nel suo proposito di porre le basi di un impero coloniale.

Lenin sosteneva che dopo aver occupato la Turchia, l'Italia si apprestava a occupare l'Albania, scontrandosi con gli interessi dell'Austria.

Il 24-25/11/1912 si tenne a Basilea un Congresso socialista internazionale (straordinario della II Internazionale), la cui risoluzione finale fu una protesta contro la guerra balcanica già iniziata e contro quella imperialistica in via di preparazione.

1914

Lenin visse nel periodo in cui l'Italia democratico-rivoluzionaria (quella di Garibaldi), che lottava contro la reazionaria Austria per la propria indipendenza, si stava trasformando in una nazione imperialista, intenzionata a depredare la Turchia, l'Albania e la stessa Austria.

Nel 1914 egli chiese (è l'unico a farlo) a tutti i socialisti europei di tenersi pronti a trasformare la guerra imperialistica (che scoppierà a luglio) in guerra civile nei loro paesi. Questo perché egli riteneva fosse del tutto irrilevante sapere chi avrebbe attaccato per primo: tutti gli Stati borghesi vi si sono preparati. Su questo polemizzava anche con Turati che, pur non avendo votato i crediti di guerra, si dichiara favorevole alla difesa della patria. Per lui infatti non aveva senso parlare di “guerra nazionale” in difesa della patria contro un oppressore esterno, politicamente reazionario: l'imperialismo vuole spadroneggiare ovunque, anche quello che parte dall'Italia. L'unica eccezione era, secondo Lenin, la lotta della Serbia contro l'Austria.

E ribadisce che il proletariato non ha patria. Il non aver capito la differenza tra “guerra di liberazione nazionale” (o patriottica) e “guerra imperialistica” (di conquista e ripartizione dei territori delle nazioni più deboli da parte di quelle più forti) è alla radice del tradimento della II Internazionale, chiaramente espresso dal rifiuto di applicare le risoluzioni di Stoccarda (1907) e di Basilea (1912), in cui si chiedeva o di ostacolare con tutti i mezzi la guerra o di approfittarne per fare cadere la borghesia al governo.

Lenin sosteneva che dopo il 1914 occorreva una decisa separazione dei partiti operai dai partiti opportunisti: prima si poteva tollerare, dopo no. E considerava l'Italia, col partito socialista, un'eccezione positiva rispetto agli altri paesi europei, in quanto il Psi aveva avuto il coraggio di espellere i riformisti.

In effetti la crisi riformista del Psi s'era trascinata dal 1908 al 1912, finché il Congresso di Reggio Emilia aveva affidato la direzione del partito alla sinistra. La corrente di Bissolati e soci – diceva Lenin – da opportunista era diventata socialsciovinista, in quanto a parole difendeva l'idea di “nazione” e nei fatti appoggiava la linea di conquista imperialistica della propria borghesia al potere. Questo era stato possibile perché tale corrente aveva avuto l'appoggio della cosiddetta “aristocrazia operaia”, che, in virtù di taluni privilegi strappati alla borghesia, s'era staccata dal proletariato. Anche Mussolini viene considerato un socialsciovinista (era stato espulso dal Psi nel dicembre 1914).3

Il 27 settembre 1914 si tenne a Lugano una conferenza socialista italo-svizzera (la prima conferenza socialista dei paesi neutrali, dopo l'inizio della guerra), la cui risoluzione finale in parte accoglie le tesi leniniane sulla guerra imperialista di rapina, rinunciando però a quelle, molto importanti, sulla trasformazione di tale guerra in guerra civile e senza pronunciarsi in maniera esplicita a favore di una decisa rottura con i socialsciovinisti, e denunciare quindi il tradimento della II Internazionale.

Tale conferenza fu in un certo senso l'inizio del movimento di Zimmerwald. Era stata promossa dai socialisti svizzeri, che temevano che un ingresso dell'Italia in guerra avrebbe potuto minacciare la neutralità del loro paese. Gli obiettivi ch'essa si poneva, di fronte al totale fallimento della II Internazionale che non riuscì neppure a tenere il suo X Congresso, erano piuttosto limitati, in quanto i partiti socialisti avrebbero dovuto fare pressioni sui governi borghesi per accelerare la fine del conflitto.

1915

Nel 1915 Lenin scriveva che l'Italia, per densità di popolazione e intensità di emigrazione, avrebbe dovuto essere la seconda potenza coloniale, dopo l'Inghilterra. Gli studi che fa sull'Italia gli servono per stendere il libro sull'Imperialismo.

Egli constata il fatto che questo paese aveva ancora il 40% di analfabeti e che prima della guerra di Tripoli (1911-12) non aveva depredato altri popoli.

L'emigrazione italiana – e su questo argomento Lenin si concentra più volte – ammontava a circa 100.000 persone l'anno verso il 1870, ma nel 1915 variava da 500.000 a un milione, ed erano tutti profughi economici.

Il numero degli italiani che viveva all'estero (salito fino a 5,5 milioni nel 1910), all'incirca andava così suddiviso, secondo questa tabella relativa ai luoghi di destinazione:



1881

1910

Francia

240.000

400.000

Svizzera

41.000

135.000

Austria

40.000

80.000

Germania

7.000

180.000

Usa

170.000

1.779.000

Brasile

82.000

1.500.000

Argentina

254.000

1.000.000


Lenin sottolinea anche il fatto che a Tunisi vivono 105.000 italiani, accanto a 35.000 francesi; dei primi, solo 1.167 sono proprietari terrieri, con 83.000 ettari, mentre dei secondi, ben 2.395 sono proprietari con 700.000 ettari. Da questi dati – egli osserva – Labriola aveva tratto la conclusione che l'Italia avesse diritto alla sua colonia a Tripoli, cui ovviamente dovevasi aggiungere il diritto a opprimere gli slavi nella Dalmazia e a partecipare alla spartizione dell'impero ottomano in Asia Minore.

Lenin cita R. Michels (L'imperialismo italiano) e T. Barboni (Internazionalismo o nazionalismo di classe?), sostenendo che in Italia esiste uno stretto legame tra imperialismo e suffragio universale, in quanto il governo Giolitti s'era deciso a concedere il suffragio (facendo passare gli elettori da 3.219.000 a 8.562.000) solo dopo aver visto che gli operai industriali avevano accettato di combattere contro i turchi con molta disciplina e sottomissione. Il suffragio cioè era stato una sorta di “premio” per il comportamento “patriottico” manifestato in Libia.

In particolare Lenin critica Barboni perché questi preferiva l'imperialismo inglese a quello austro-tedesco, invece d'essere contrario a qualunque imperialismo, incluso quello italiano, che lo stesso Barboni giustificava.

*

A titolo di riconoscimento per la decisione d'aver espulso i riformisti di destra al Congresso di Reggio Emilia del 1912, Lenin, nel giugno 1915, invitò Serrati a collaborare alla rivista “Comunista”, che i bolscevichi volevano pubblicare in Svizzera. A dir il vero spera che siano gli stessi italiani ivi residenti a pubblicare un loro giornale politico, ma è convinto che la Balabanoff non sia in grado di aiutarli.

Durante la fase preparatoria della conferenza internazionale socialista di Zimmerwald (5-8/09/1915) Lenin, Radek e Zinoviev si scontrano col socialista O. Morgari sul fatto che gli inviti secondo loro andavano spediti solo ai partiti chiaramente ostili alla guerra.

E nel corso della conferenza Lenin polemizza apertamente con Serrati quando questi aveva detto che la tattica dei bolscevichi di trasformare la guerra imperialistica in guerra civile era arrivata o troppo tardi (perché la guerra era già cominciata) o troppo presto (perché la guerra non aveva ancora generato le condizioni di una rivoluzione). Lenin gli obietta che di guerre (soprattutto coloniali) ve ne sarebbero state altre e che senza propaganda rivoluzionaria, dimostrazioni di massa, scioperi..., da farsi continuamente, non ci sarebbe mai stata alcuna rivoluzione.

Serrati insomma non aveva capito la differenza tra l'inizio di una rivoluzione e la sua preparazione (propaganda e agitazione aperte e dirette). Inoltre egli era contrario non solo allo scioglimento della II Internazionale, ma anche all'uso della violenza e in ciò non si rendeva conto che nessuno all'interno della II Internazionale – gli faceva notare Lenin – aveva mai messo in discussione l'intreccio tra lotta legale, parlamentarismo e insurrezione armata.

La posizione centrista del Psi diventerà nel maggio 1915, dopo l'entrata in guerra dell'Italia a fianco dell'Intesa, una posizione rinunciataria, basata sulla formula di compromesso, “né sabotare né aderire”, che in pratica era stata un appoggio alla guerra.

Da notare che a Zimmerwald ci fu il primo vero incontro tra socialisti italiani e bolscevichi, poiché dopo la rivoluzione russa del 1905 il movimento socialista italiano s'era interessato relativamente poco dei fatti della Russia, anche perché l'internazionalismo del Psi ruotava quasi esclusivamente attorno alla Francia e alla Germania e ci si aspettava lo scoppio della rivoluzione non in Russia, ma in Germania.

La prima volta che appare il nome di Lenin sull'Avanti! fu proprio in occasione della conferenza di Zimmerwald, e la prima notizia riportata dall'Avanti! sul movimento operaio russo porta la data dell'8 febbraio 1915! La stessa pagina del giornale che doveva riassumere le tesi di Zimmerwald uscì quasi completamente imbiancata dalla censura. L'Avanti! riuscì semplicemente a dire che per Lenin la cosa più importante era soltanto quella di abbattere lo zarismo. Il primo socialista che prese sul serio Lenin a Zimmerwald fu Terracini, che con Gramsci nel 1921 creerà il partito comunista.

Senonché l'inizio della guerra mondiale aveva di nuovo bloccato le informazioni dalla Russia. Quando nel 1916 l'Avanti! pubblicò le foto dei protagonisti dell'Internazionale Comunista, nessun russo era presente.

Dopo la conferenza di Zimmerwald il peso internazionale del Psi andò scemando progressivamente, in quanto non fu più capace di portare l'analisi politica sulle posizioni risolute del bolscevismo. Peraltro i socialisti italiani in quell'occasione mostrarono d'essere più capaci sul piano parlamentare che di conoscere le tendenze del socialismo internazionale.

1916

L'opportunismo, per Lenin, durante la prima guerra mondiale non era più soltanto un fenomeno interno ai partiti socialisti, ma si era trasformato in sciovinismo, cioè in un tradimento vero e proprio di tutti gli ideali del socialismo. A suo giudizio si poteva transigere, relativamente, con gli opportunisti durante la fase pacifica del capitalismo, ma non lo si poteva fare nella fase bellica, poiché questi opportunisti si erano esplicitamente schierati dalla parte di una borghesia guerrafondaia, che in nome dei propri profitti mandava a morire il proprio proletariato.

Gli opportunisti, trasformatisi in sciovinisti, rifiutavano soprattutto di scendere nella clandestinità, al fine di organizzare l'insurrezione armata contro la borghesia al potere nei loro paesi. Altra loro caratteristica era quella di contestare soltanto le annessioni fatte dagli Stati “nemici”, ma non quelle fatte dal proprio paese o dai suoi alleati.

Agli inizi del 1916 Lenin paragona il tradimento di Kautsky a quello del socialista italiano Treves (giudicato “riformista possibilista” dal giornale Avanti!). I primi “possibilisti” erano stati i francesi broussisti (da P. Brousse) che proponevano di limitare la lotta degli operai a quanto era “possibile”. E difende invece O. Morgari, il quale aveva intenzione di appoggiare l'idea di costituire una III Internazionale.

Il 13/05/1916 l'Avanti! pubblica le foto dei bolscevichi che alla Duma si sono rifiutati di approvare i crediti di guerra e che per questo sono stati deportati in Siberia.

Nell'ottobre 1916 Lenin invia un saluto al Congresso del Psi che si teneva a Zurigo, complimentandosi del fatto d'aver scelto una città estera, per sottrarsi alle influenze borghesi e ai condizionamenti governativi del proprio paese. Il Psi era stato il primo a comportarsi così. Nel saluto si congratula anche che il socialismo italiano abbia difeso la posizione rivoluzionaria di Liebknecht e precisa che l'unico disaccordo serio tra i socialisti italiani e i bolscevichi (emerso nelle conferenze di Zimmerwald del 1915 e di Kienthal del 1916) verteva sul fatto che secondo i bolscevichi andavano espulsi dal partito tutti i socialisti a parole e sciovinisti nei fatti.

La conferenza di Kienthal (24-29/04/1916) aveva praticamente segnato il passaggio del movimento di Zimmerwald dalla fase dell'enunciazione dei princìpi a quella dei metodi di lotta per realizzarli, al fine di affrettare la conclusione della guerra.

I socialisti italiani, rappresentati da Modigliani, si distaccarono completamente dal bolscevismo di Kienthal, mentre Serrati e la Balabanoff accettarono le tesi di Lenin, per quanto fossero convinti che si poteva fare la rivoluzione proletaria anche senza rompere definitivamente i rapporti coi socialsciovinisti. Modigliani infatti, essendo una delle principali menti politiche del partito, era in grado di condizionare Serrati.

Lenin, alla fine del 1916, scrive che in Italia, dopo Kienthal, il Psi si era adattato alla fraseologia pacifista del gruppo parlamentare guidato da Turati.

*

Nel libro sull'Imperialismo Lenin cita un Bollettino dell'Istituto Statistico Internazionale del 1912, in cui risulta che l'Italia è al settimo posto, dietro Inghilterra, Usa, Francia, Germania, Russia, Austria-Ungheria, come quota di titoli creditizi di ogni specie, emessi a livello mondiale: ciò, secondo lui, dimostrava che anche in Italia si stava verificando la supremazia del capitale finanziario su quello industriale. I primi suddetti quattro paesi possedevano l'80% del capitale finanziario mondiale.

1917

Nel gennaio 1917 Lenin prende a criticare Turati, che in un discorso parlamentare tenuto il 17/12/1916 aveva paventato la possibilità di un accordo tra le potenze belligeranti per porre fine alla guerra, tramite la mediazione degli Usa e dei paesi neutrali, invece di limitarsi a condannare la guerra imperialista come una guerra di rapina.

Il suo discorso, difeso peraltro da tutto il Psi, era stato immediatamente strumentalizzato dalla stampa borghese e Turati fu costretto a riprecisare ciò che aveva detto, tanto più ch'egli aveva addirittura ammesso che nei confronti dell'Austria era giusto che l'Italia rivendicasse “una rettifica del confine italico per ciò che è indiscutibilmente italiano e risponde a garanzie di carattere strategico”. Col che in pratica Turati riportava la questione della guerra imperialistica (ch'era di rapina) alla questione della guerra nazionale, patriottica, a difesa del diritto all'unità nazionale.

Contro le sue stesse migliori intenzioni, Turati – osservava Lenin – era finito su posizioni guerrafondaie, in quanto la cosiddetta “liberazione” delle terre italiane appartenenti all'Austria sarebbe stata di fatto una ricompensa concessa alla borghesia italiana per aver partecipato alla guerra imperialistica, a fianco dell'Intesa (e questo senza considerare che l'Italia aveva già occupato la Libia e nel giugno 1917 l'Albania, imponendole il proprio protettorato, dopo averla resa indipendente dai turchi).

Lenin se la prende con Turati perché, invece di dire quelle cose in parlamento, sarebbe stato meglio, secondo lui, che avesse creato un'organizzazione illegale e una stampa clandestina, libera dal controllo degli enti governativi. E se la prende anche con l'Avanti!, poiché lo vede del tutto contrario alla costituzione di una nuova Internazionale.

L'alternativa per Lenin non era quella pacifista secondo cui o si fa una campagna politica riformista o si deve rinunciare alle riforme, ovvero o si rinuncia alla rivoluzione e allora si hanno le riforme, oppure niente riforme; ma era piuttosto quella radicale, secondo cui o si fa una lotta rivoluzionaria per abbattere la borghesia al governo (e nel caso di un parziale successo si sarebbero comunque ottenute delle riforme), oppure si fa una vuota fraseologia. La rivoluzione russa del 1905, seppur fallita, indicava chiaramente la via da seguire.

Lenin insomma era convinto che i socialpacifisti aspirassero a concludere al più presto la guerra proprio perché avevano paura di dover fronteggiare l'esigenza di una rivoluzione proletaria. Gli era facile pertanto paragonare i socialpacifisti ai preti cristiani, che parlavano di pace e di amore e intanto giustificavano lo schiavismo, mirando a conciliare gli oppressi con gli oppressori. E per questa ragione egli non nascondeva il proprio scetticismo nei confronti delle capacità rivoluzionarie del Psi, che praticamente ora (con Turati, Treves e Modigliani) faceva parte della destra di Zimmerwald, opponendosi alla creazione della III Internazionale.

Uniche eccezioni erano, a suo parere, il segretario del partito, Lazzari, e il direttore Serrati dell'Avanti!. Quest'ultimo, in particolare, accusava i sindacati italiani d'aver demoralizzato il partito, in quanto si dichiaravano contro ogni azione antimilitarista, e si lamentava del fatto che il Psi avesse seguito per troppo tempo i metodi legali-parlamentari, trascurando del tutto quelli rivoluzionari. L'unità interna, tanto decantata, aveva portato i socialisti su posizioni mensceviche. È vero che i deputati socialisti si erano rifiutati di votare i crediti di guerra, le leggi eccezionali e i pieni poteri, ma è anche vero che si rifiutavano di compiere azioni extra-parlamentari.

La stessa formula adottata dal Psi (“non aderire né sabotare”) s'era rivelata troppo ambigua e non ispirava intuizioni politiche particolari: aveva tenuto unite le masse prima che l'Italia entrasse in guerra, ma a livello internazionale non aveva prodotto alcunché di positivo contro la guerra. Anzi essa allontanò progressivamente le masse dal partito proprio durante lo svolgimento della guerra.

In realtà Lenin avvertiva che tutto il socialismo euro-occidentale, ad eccezione della corrente del leader Liebknecht (Spartachisti)4, era ancora lontano dal voler preparare un'insurrezione armata. Quando vede che Turati e Kautsky vorrebbero sapere in anticipo il momento in cui scoppierà la rivoluzione e quali saranno le probabilità di successo, si chiede come faccia questa gente a militare nel socialismo senza sapere che rivoluzioni del genere non sono mai esistite nella storia.

*

Nel corso della guerra Lenin aveva potuto costatare una progressiva concentrazione del capitale e la trasformazione del capitale monopolistico da privato a statale. Aveva inoltre capito che i veri vincitori del conflitto sarebbero stati gli Usa, modernamente armati e arricchitisi a spese dell'Europa.

Si preoccupava anche di sottolineare che l'Italia, come Olanda, Portogallo, Svezia e Norvegia, aveva il 99% della popolazione appartenente a una medesima nazionalità. In Francia l'1,3% della popolazione è italiana, in forza della politica annessionista di Napoleone III, mentre in Svizzera gli italiani solo l'1,8% del totale.

*

Nel marzo 1917 dichiara che intende rivelare, appena possibile, tutti i trattati segreti firmati dallo zar Nicola II con le nazioni belligeranti per la spartizione consensuale dei territori oggetto di controversia.

Il trattato segreto stipulato all'inizio del 1915 con l'Italia viene alla luce nel maggio 1917 (e fino a questa data sarà l'unico che si conoscerà: gli altri trattati verranno pubblicati nel dicembre 1917, a rivoluzione compiuta). In esso viene detto che gli alleati avrebbero garantito all'Italia il Tirolo meridionale con Trento, tutto il litorale adriatico, la zona settentrionale della Dalmazia con le città di Zara e Spalato, la zona centrale dell'Albania con la città di Valona, le isole dell'Egeo presso le coste dell'Asia Minore, una concessione ferroviaria nella Turchia asiatica.

Oltre alle regioni con una popolazione italiana (Tirolo meridionale e Trieste) di circa 600.000 unità, l'Italia avrebbe ricevuto territori con una popolazione di oltre un milione di abitanti, del tutto estranei etnograficamente e anche sul piano religioso (relativamente p.es. alla Dalmazia si può parlare di un 97% di origine serba, solo poco più del 2% è di origine italiana).

*

Dopo aver registrato i moti scoppiati a Torino nell'agosto 1917, caratterizzati da scioperi economici contro la fame e politici contro la guerra, e da barricate (23 sobborghi erano in mano agli insorti), e dopo aver visto che il governo aveva fatto ricorso alle truppe dichiarando lo stato d'assedio, Lenin, all'inizio di settembre, chiede esplicitamente a tutti i rivoluzionari internazionalisti (soprattutto a Liebknecht in Germania, Adler in Austria e MacLean in Inghilterra) di uscire da Zimmerwald e di fondare una volta per tutte la III Internazionale.

Nell'ottobre successivo registra l'arresto di numerosi capi socialisti in Italia. Ha la netta impressione che la rivoluzione sia più facile nei paesi non appartenenti alla cerchia di quelli che, in forza dello sfruttamento coloniale, sono in grado di corrompere la loro propria classe operaia.

1918

Nel luglio 1918 Lenin fa notare che il vecchio segretario del Psi, Lazzari, che pur a Zimmerwald aveva guardato i bolscevichi con diffidenza, era stato messo in prigione per aver simpatizzato per la rivoluzione d'Ottobre. E ritiene che una rivoluzione analoga sia prossima anche in Italia e in Austria.

Il mese successivo Lenin deve constatare che la guerra ha già causato 10 milioni di morti, tra contadini e operai, e 20 milioni di invalidi, mentre milioni di lavoratori sono impiegati nella produzione di strumenti di morte.

In ottobre spiega agli estremisti di sinistra che i bolscevichi erano stati costretti alla pace di Brest-Litovsk, in quanto la borghesia dell'Intesa aveva respinto la proposta della pace generale, sostenuta dalla pubblicazione dei trattati segreti dello zarismo.

La pace coi tedeschi era stato firmata nel marzo dello stesso anno e prevedeva che la Polonia, quasi tutta la zona del Baltico e una parte della Bielorussia passassero sotto il controllo di Germania e Austria-Ungheria, mentre l'Ucraina doveva essere separata dalla Russia e posta sotto protettorato tedesco; quanto alla Turchia, dovevano essere date le città di Kars, Batumi e Ardagan. Nell'agosto successivo altre clausole vessatorie erano state imposte dai tedeschi. Come noto, in virtù di quel trattato i bolscevichi poterono più facilmente lottare contro la reazione dei bianchi e l'interventismo straniero.

Turati, Kautsky e altri revisionisti volevano una pace senza annessioni e senza riparazioni, ma finché questo obiettivo non fosse stato raggiunto, i russi avrebbero dovuto restare in guerra, il che voleva dire rinunciare a togliere il potere alla borghesia che governava in Russia.

I bolscevichi invece volevano la pace ad ogni costo, immediata, anche separata (cioè con trattati bilaterali) e facevano di tutto per costringere il governo provvisorio a chiederla. E Lenin biasimava l'operato di S. Gompers che incitava gli operai italiani a continuare la guerra imperialistica, benché ovunque venisse fischiato.

Dopo il crollo della monarchia tedesca, nel novembre 1918, il trattato di Brest-Litovsk fu annullato.

1919

Nel marzo 1919 Lenin si lamenta che dall'Italia arrivano pochissimi numeri dell'Avanti!, sottoposto a censura, la quale soprattutto sequestrava le lettere provenienti dalla Russia.

E cita l'esempio di una lettera del socialista Morgari, giuntagli su pezzettini di carta, come in Russia si faceva all'epoca dello zarismo. Alla conferenza di Zimmerwald Morgari era stato assai moderato, ora invece si complimenta con Lenin per la riuscita della rivoluzione d'Ottobre.

In un numero dell'Avanti!, capitato per caso, Lenin sottolinea con piacere che a Cavriago (provincia di Reggio Emilia) gli operai hanno operato una risoluzione in cui si esprime simpatia al quotidiano per la sua intransigenza e dichiarano di approvare gli spartachisti tedeschi e i “soviettisti russi”.5

Nell'aprile 1919 i dieci paesi imperialisti che discutevano sulla pace mondiale, erano diventati quattro: Usa, Regno Unito, Francia e Italia, e Lenin ironizza dicendo che, pur essendo di meno, non riescono lo stesso a mettersi d'accordo sulla spartizione del bottino. Sicché la pace di Versailles è peggiore di quella di Brest-Litovsk; infatti, appena fatta la pace i vincitori si spartiscono la Persia, la Siria, la Turchia ecc.

Nell'agosto successivo Lenin continua a lamentarsi di sapere assai poco del movimento socialista italiano, guidato da Serrati e Lazzari, ad eccezione del fatto che i socialisti hanno rifiutato di aderire all'Internazionale gialla di Berna, i cui dirigenti sono, a suo parere, una sorta di stato maggiore senza alcun esercito (la sua funzione doveva essere quella di ripristinare la II Internazionale, ma era fallita miseramente). Le notizie dall'Italia arrivano in Russia solo attraverso giornali stranieri non comunisti.

Nell'ottobre Lenin sa con certezza che il Psi ha votato a stragrande maggioranza, al Congresso di Bologna, l'adesione alla III Internazionale, accettando il programma della dittatura del proletariato. Nello stesso mese però segnala che tra i sostenitori del controrivoluzionario A. Kolčak vi sono alcuni italiani.

Lenin plaude al fatto che il Psi abbia deciso di continuare a partecipare all'attività parlamentare. Critica infatti i revisionisti quando affermano che, prima di fare la rivoluzione, occorre avere la maggioranza parlamentare, ma dichiara anche che non è meno stupida l'idea di rifiutare per principio di partecipare al parlamentarismo o al sindacalismo, come hanno fatto – dice – sia Liebknecht che la Luxemburg.

Alla fine dell'anno Lenin scrive che la fame e il freddo che patiscono in Russia vengono sopportati meglio a motivo del fatto che in Italia, grazie ai socialisti, s'è deciso che il governo chieda agli alleati la fine totale del blocco economico e di ogni ingerenza negli affari russi.

1920

Nella primavera del 1920 Lenin pubblica L'estremismo, malattia infantile del comunismo, in cui, fra le altre cose, critica Bordiga e la sua frazione di comunisti astensionisti (rappresentata dal giornale “Il Soviet”), che boicotta la partecipazione al parlamento, senza rendersi conto che attività legale e illegale si compenetrano. Tuttavia approva le critiche di Bordiga a Turati e proprio non riesce a digerire il fatto che il Psi tolleri ancora al proprio interno dei parlamentari opportunisti come Turati, Treves, Modigliani, Dugoni...

Quando cominciò a scrivere L'estremismo Lenin s'era già reso conto, in maniera molto chiara, che la conquista del potere politico era solo il primo passo nell'edificazione del socialismo e che ne restavano da fare ancora molti altri, in quanto la cultura borghese tendeva continuamente a riemergere nei comportamenti dei rivoluzionari e nei confronti di questi rigurgiti occorreva un paziente lavoro di rieducazione, in tutti i settori della vita sociale.

Nel mese di luglio del 1920 si tiene il II Congresso della III Internazionale, ove si valutano positivamente le critiche della sezione torinese del Psi, guidata da Gramsci, Terracini e Togliatti, espresse sulla rivista “L'Ordine Nuovo”6, che vengono rivolte alla direzione del partito, accusato di non aver fornito una giusta analisi della situazione rivoluzionaria italiana, di non aver saputo unificare e coordinare le lotte delle masse e di non aver espulso dal partito i riformisti. La sezione torinese voleva la creazione dei consigli di fabbrica per il controllo della produzione industriale e agricola.

Nel corso del Congresso furono approvate le condizione di ammissione alla III Internazionale (vedi Appendice). Lenin chiedeva a più riprese che i riformisti venissero espulsi dal Psi, poiché riteneva intollerabile che si fregiassero del titolo di “terzinternazionalisti” (il Psi era entrato nella III Internazionale al Congresso di Bologna del 1920).

La situazione italiana viene giudicata grave da Lenin, in quanto i debiti di guerra ammontano al 60-70% del Pil e il denaro s'è svalutato di 2/3. In ottobre egli approva l'occupazione delle fabbriche e delle case degli industriali da parte degli operai italiani.

Tuttavia nello stesso periodo, elaborando La storia della questione della dittatura, Lenin sostiene che i socialisti (inclusi quelli italiani) accettano sì l'idea di rivoluzione ma non quella di dittatura del proletariato, mostrando così il loro sterile riformismo. Alla domanda sul perché questi socialisti, nonostante la situazione esplosiva del dopoguerra, non siano capaci di compiere alcuna rivoluzione, Lenin risponde dicendo ch'essi s'illudono che col parlamentarismo e la costituzione si possa evitare l'uso della violenza, e così si consegnano nelle mani della borghesia, che, partendo da posizioni vantaggiose, ha facilmente la meglio. È l'illusione di poter instaurare il socialismo pacificamente, col consenso della borghesia.

Negli ultimi due mesi del 1920 Lenin pubblica una dura polemica contro Serrati, in A proposito della lotta in seno al partito socialista italiano. L'articolo prende le mosse dal fatto che l'Avanti! aveva pubblicato il 5 ottobre la lettera di Lenin agli operai tedeschi e francesi in cui veniva detto che quando si giunge a una vera rivoluzione vi sono sempre dei socialisti riformisti che la ostacolano, ed egli aveva citato i nomi di Turati, Prampolini e D'Aragona.

Il direttore del giornale, Serrati, aveva commentato quella lettera dicendo tre cose:

1. Lenin non era in grado di valutare perfettamente uomini e condizioni così lontani da lui e in un ambiente così diverso dalla Russia;

2. Lenin aveva omesso di citare Modigliani, come invece prima faceva;

3. non si capiva se Lenin, quando ammetteva delle eccezioni alle condizioni “draconiane” per aderire all'Internazionale, parlasse a nome proprio o a nome del comitato esecutivo della stessa Internazionale.

Le eccezioni in effetti riguardavano il caso di taluni esponenti riformisti all'interno dell'Internazionale, ma Turati, Prampolini e D'Aragona non costituivano per Lenin delle eccezioni, ed egli risponde a Serrati dicendo d'aver omesso Modigliani per puro caso, e di aver riportato altri nomi a titolo esemplificativo. Infatti non era questione di “nomi” ma di “tendenze”, cioè di linea politica. Spiegò inoltre che la lettera era stata scritta a titolo personale, e che anche questa era una questione di secondaria importanza, usata da Serrati per non dover affrontare l'altra, quella della espulsione dei riformisti.

Lenin in realtà aveva parlato di due tendenze opposte in seno al Psi, facendo riferimento al fatto che all'interno del partito vi erano due correnti: una favorevole all'espulsione dei riformisti, dopo che il partito aveva accettato i 21 punti della III Internazionale, ed era capeggiata da Terracini, Gennari, Regent, Tuntar, Casucci, Marziale e Bellone; l'altra invece contraria, quella di Serrati, Baratono, Zannerini, Bacci e Giacomini.

L'ala sinistra del Psi voleva maggiore compattezza e unità all'interno del partito, vista la situazione rivoluzionaria e riteneva intollerabile il fatto che l'ala riformista non si attenesse alle indicazioni del partito (cioè in sostanza il fatto che, mentre a parole i riformisti dicevano di accettare le condizioni per l'ingresso nella nuova Internazionale, nei fatti tendevano ad aggiungere ulteriori distinguo relativi alla specifica situazione del paese). Secondo Lenin i riformisti stavano sabotando la rivoluzione operaia, come d'altra parte avevano già fatto durante l'occupazione delle fabbriche.

Serrati, in una lettera all'Humanité, si era difeso dicendo che al massimo si poteva espellere Turati, ma non si poteva volere una scissione netta da tutti i riformisti. Lenin invece gli ribatte che i riformisti stanno agendo in maniera autonoma rispetto all'ala sinistra e lo dimostra la convocazione a Reggio Emilia di un loro convegno (11/10/1920), ove hanno rifiutato l'accettazione incondizionata dei 21 punti, la conquista rivoluzionaria del potere e l'instaurazione della dittatura del proletariato (le sezioni rappresentate al convegno erano 200).

Serrati era preoccupato del fatto che la scissione avrebbe indebolito il partito, i sindacati, le cooperative e le amministrazioni comunali, poiché riteneva di non avere sufficienti uomini con cui sostituire gli espulsi. Lenin gli ribatte che se non espelle i riformisti, il Psi non potrà mai fare alcuna rivoluzione, né tanto meno difenderla, per cui le sue preoccupazioni non hanno alcun senso. L'esperienza in Russia e in Ungheria7 l'aveva già dimostrato. Non si potevano mettere sullo stesso piano i due problemi: gli errori amministrativi sarebbero stati inevitabili, ma almeno sarebbero stati risolti quelli relativi alla conquista del potere politico.

Lenin inoltre gli fa capire che anche in Russia, al momento della rivoluzione, vi furono forti defezioni, ma poi, fatta la rivoluzione, vi fu l'ammissione degli errori e la reintegrazione dei riformisti nel partito. Egli infatti sapeva bene che nel momento dello scoppio della rivoluzione non ci possono essere esitazioni nei quadri dirigenti. Con le epurazioni il partito si fortifica. Non si può rischiare di perdere la partita a causa delle incertezze e perplessità di alcuni dirigenti. D'altra parte Serrati – prosegue Lenin – non può nascondersi il fatto che il proletariato industriale e rurale s'è già spontaneamente sollevato in Italia. Si tratta soltanto di organizzarlo per l'insurrezione finale.

Serrati inoltre aveva espresso il timore di un blocco economico da parte delle maggiori potenze imperialiste. Lenin gli risponde ch'era assurdo, in nome di questo timore, rinunciare alla rivoluzione, anche perché l'Italia sarebbe stata sicuramente assistita dalla stessa Russia, e con la propaganda si sarebbe potuto convincere il proletariato di tutto il mondo a protestare contro l'embargo.

1921

La rottura definitiva tra socialisti e comunisti italiani avviene al XVII Congresso di Livorno (gennaio 1921), allorché i centristi, che avevano la maggioranza, si rifiutarono di rompere coi riformisti. I delegati di sinistra abbandonarono il Congresso e fondarono il Pci.

Nel marzo 1921 Lenin plaude alla scissione di Livorno, ma si rammarica che ciò non sia avvenuto prima dello scoppio della guerra. I bolscevichi avevano rotto coi menscevichi sin dal 1903 e il dirigente socialista Lazzari – osserva Lenin – non fa che arrampicarsi sugli specchi quando invoca il fatto che l'Italia è diversa dalla Russia e che i socialisti italiani conoscono la “psicologia” dei loro concittadini.

In aprile Lenin dichiara che l'Italia ha firmato un accordo con la Georgia per sfruttare le miniere di carbone del Caucaso, non avendo proprie fonti energetiche. E, considerando un altro accordo con la Germania, Lenin comincia a pensare che l'embargo contro la Russia, imposto da Usa, Gran Bretagna e Francia, stia per finire.

A maggio sostiene che chi in Italia vuole opporsi al “terrore proletario”, deve subire quello “fascista”: non c'è “terza via”. A giugno dichiara d'essere pronto a chiedere l'espulsione dei socialisti italiani dall'Internazionale, visto e considerato che non si sono epurati dagli elementi riformisti che boicottano la presa del potere. Mette anche in guardia i comunisti dal non “giocare” a fare i “sinistri”, finché non sono riusciti ad avere dalla loro parte la maggioranza degli operai serratiani.

La questione italiana viene discussa al III Congresso dell'Internazionale (22/06-12/07/1921), in seguito alla protesta del Psi di essere stato espulso e di considerare solo il Pci una sezione dell'Internazionale in Italia.

Lenin esordisce ricordando a Lazzari che Turati è un “traditore” della II Internazionale non meno di Bernstein: hanno praticamente iniziato insieme, e Turati ha potuto “disorganizzare” il Psi e il movimento operaio per vent'anni, senza che nessuno abbia mai avuto il coraggio d'impedirglielo. Eppure dopo il II Congresso dell'Internazionale s'era detto a Serrati che il Psi non poteva dirsi “comunista” se accettava gente come Turati tra le proprie file.

Lenin dice anche esplicitamente che all'Internazionale non è piaciuto né il convegno dei socialisti riformisti di Reggio Emilia, né quello della frazione centrista di Serrati, Baratono e altri, tenuto a Firenze nel novembre 1920, con cui si era negata l'esigenza di rompere coi riformisti e che aveva subordinato l'adesione ai 21 punti al fatto che coi riformisti non si voleva rompere. Tutti coloro che avevano preso parte al convegno di Reggio Emilia andavano espulsi, secondo Lenin.

D'altra parte Lenin rifiuta l'accusa di voler esportare la propria rivoluzione, sia perché i delegati russi nel comitato esecutivo dell'Internazionale sono solo cinque su venti, sia perché il problema è proprio quello di non rimasticare parole d'ordine rivoluzionarie, ma di adattare i principi rivoluzionari alle particolarità dei diversi paesi. Cosa che non è stata fatta, p.es., durante l'occupazione operaia delle fabbriche italiane. In quel periodo più che di comunismo marxista si poteva parlare al massimo di anarchia.

L'occupazione delle fabbriche era partita nel settembre 1920 su iniziativa del sindacato, a Torino e a Milano, poi si era estesa a tutto il Piemonte e nel nord Italia, coinvolgendo infine quasi tutto il paese (al sud infatti i contadini avevano cominciato ad occupare le terre). Ma i capi riformisti del Psi e dei sindacati ebbero paura del carattere politico assunto dal movimento e preferirono trattare con gli industriali.

Questa volta Lenin cita anche Modigliani tra i riformisti da espellere. E continua a chiedersi il motivo della titubanza dei socialisti marxisti, visto che hanno già la maggioranza, a differenza dei bolscevichi, che sino al febbraio 1917 erano ancora minoritari rispetto ai menscevichi.

A Livorno i centristi ebbero 98.000 voti e, nonostante fossero maggioritari, preferirono restare coi riformisti dichiarati, che ne avevano 14.000, piuttosto che espellerli creando un nuovo partito con i comunisti, che ne avevano 58.000. Tale errata decisione fu il frutto della politica di Serrati.

A Lazzari, che chiedeva a Lenin di non espellere i socialisti dalla III Internazionale, altrimenti gli operai si sarebbero disorientati, Lenin rispose che gli operai, grazie all'operato di Serrati, erano già disorientati.

All'inizio di luglio Lenin tiene un discorso in Difesa della tattica dell'Internazionale Comunista, il cui oggetto sono gli emendamenti che tre delegazioni comuniste (tedesca, austriaca e italiana) hanno posto alle tesi sulla tattica dell'Internazionale, proposte dalla delegazione russa.

Secondo Terracini era necessario cancellare la parola “maggioranza” dalla seguente espressione: “la situazione, in parecchi paesi, si è inasprita in senso rivoluzionario e si sono organizzati parecchi partiti comunisti di massa, nessuno dei quali però ha preso nelle sue mani l'effettiva direzione della maggioranza della classe operaia nella sua lotta veramente rivoluzionaria”.

L'altro emendamento è correlato a questo: mettere la parola “fini” al posto di “princìpi”. Lenin su questo è contrario perché con la parola “fini” si può procrastinare ad libitum l'avvento della rivoluzione, mentre i “princìpi” vanno rispettati subito.

Lenin risponde che neppure il Pc tedesco è seguito dalla “maggioranza” della classe operaia. Terracini, secondo lui, voleva togliere quella parola, facendo vedere che la direzione della classe operaia già esiste in Italia da parte del Pc.

In realtà, secondo Lenin, Terracini sopravvaluta l'importanza del Pci e lo fa perché è viziato da un certo estremismo (tant'è che Terracini avrebbe criticato l'Internazionale di non essere abbastanza “dura” coi centristi del Psi). Infatti un altro suo emendamento vuole la rimozione dei riferimenti alla “Lettera aperta” con cui il Pc tedesco aveva chiesto ai partiti socialista e socialdemocratico e ai sindacati, nel gennaio 1921, di creare un fronte unico contro la crescente reazione antioperaia (proposta che poi venne respinta dai partiti non comunisti).

Terracini era convinto che quella “Lettera” fosse un vergognoso compromesso, un atto di opportunismo. Lenin invece sostiene che proprio in virtù di quella “Lettera” si poteva raggiungere il controllo della maggioranza degli operai, già tutti organizzati in vari partiti e sindacati.

Lenin spiega a Terracini che i bolscevichi, pur essendo, come militanti, un piccolo partito, avevano la maggioranza dei soviet di tutto il paese russo e quasi la metà dell'esercito, che allora contava 10 milioni di uomini. Nessun paese europeo poteva vantare una situazione analoga.

Terracini insomma appare come un estremista. Egli infatti condivise anche la “teoria dell'offensiva” proclamata nel dicembre 1920 dal Pc tedesco, dopo che gli altri partiti di sinistra avevano rifiutato il fronte unico. Ma quella teoria estremista fu concausa – dice Lenin – della sconfitta dell'insurrezione del proletariato tedesco nel marzo 1921. Con essa non si riuscì a conquistare la maggioranza della classe operaia.

Terracini non riusciva a capire che, dopo aver rotto coi centristi, occorreva cercare con loro un compromesso per preparare la rivoluzione, che sarebbe stata impossibile senza avere dalla parte dei comunisti la maggioranza degli operai e dei contadini. Rompere coi riformisti serviva per muoversi più agevolmente, senza perdere tempo in sterili discussioni, ma poi bisognava passare all'azione congiunta, dimostrando che i comunisti erano in grado di realizzare il programma dei socialisti.

Invece Terracini voleva continuare a lottare contro i centristi e i riformisti, senza rendersi conto che in Russia i 9/10 dei contadini passarono in poche settimane, dopo la rivoluzione, dalla parte dei bolscevichi, proprio perché questi erano in grado di realizzare il programma dei menscevichi (espresso nel Decreto sulla terra).

Dunque la parola “maggioranza” bisognava tenerla e la richiesta di toglierla poteva essere espressa solo da un compagno che non comprendeva il concetto di “masse popolari” né la differenza tra “tattica” e “strategia”. Quando una rivoluzione è nella fase iniziale – diceva Lenin –, alcune migliaia di operai in agitazione, in una città, rappresentano già una massa; successivamente però il concetto di massa si deve per forza estendere a milioni di persone.

Per fare la rivoluzione il partito comunista, in sé, può essere anche piccolo, ma deve comunque avere il consenso di grandi masse, operaie e contadine, nonché quello delle persone sfruttate in generale. Senza l'appoggio dei contadini, che garantiscono gli approvvigionamenti alimentari, gli operai da soli non possono farcela.

Sempre a luglio Lenin ancora si chiede perché Serrati non si decida a espellere i riformisti (in primis Turati) e gli fa chiaramente capire che i militanti dell'“Ordine Nuovo” sono molto più vicini alla III Internazionale di quanto non lo siano i dirigenti del Psi. Serrati però non prende decisioni conseguenti in merito.

L'8 luglio 1921 un comizio operaio a Roma (50.000 persone), rappresentanti dei partiti comunista, socialista e repubblicano, con 5.000 ex-combattenti in uniforme militare, trova pieno consenso da parte di Lenin, il quale pensa che in Europa la situazione sia più esplosiva di quanto si fosse pensato all'ultimo Congresso dell'Internazionale.

In agosto continua a criticare Bordiga e il suo astensionismo parlamentare. Gli pare assurdo sostenere che i sindacati siano meglio del parlamento, poiché anche nei sindacati si nascondono elementi opportunisti e arretrati. Considera Bordiga un ingenuo quando sostiene di voler distruggere il parlamentarismo. Infatti per realizzare un obiettivo del genere – spiega Lenin – ci vuole molto tempo, una preparazione molto lunga; per mostrare che il parlamento è falso bisogna parteciparvi, anche in considerazione del fatto che masse ignoranti continuano a credervi. Dopo il II Congresso dell'Internazionale Bordiga dichiarerà di rinunciare all'anarchismo e all'antiparlamentarismo.

Lazzari, dal canto suo, accetterà la risoluzione sulla tattica al III Congresso dell'Internazionale. (Lazzari era stato segretario generale del Psi, su posizioni centriste, negli anni 1912-19, ma dopo la rivoluzione d'Ottobre aveva appoggiato lo Stato sovietico).

1922

Agli inizi del 1922 Lenin considera assurda la concezione di Serrati e di Turati, secondo cui occorre aspettare che tutti i contadini vengano espropriati della terra, a vantaggio degli operai e del capitalismo industriale, prima che si possa pensare di compiere la rivoluzione.

Alla fine di febbraio è durissimo con Serrati, il quale considera la Nep una sconfitta del bolscevismo e non s'avvede del pericolo del fascismo in casa propria. Considera vergognoso l'atteggiamento di Serrati che, dopo aver detto di approvare le decisioni del III Congresso dell'Internazionale (21/02-04/03/1922), ha deciso di inviarvi come rappresentante il vecchio Lazzari. In tal modo ha ingannato gli operai.

La delegazione del Pci a quel Congresso (Terracini e Ambrogi) fu contraria alla tattica del fronte unico coi socialisti, finendo così con l'indebolire tutto il movimento operaio nazionale.

Nella primavera del 1922 Francesco Misiano, a nome degli operai italiani, consegnò agli operai delle industrie statali di Tsaritsyn, 27 vagoni di viveri che i lavoratori italiani avevano raccolto rispondendo a una richiesta d'aiuto di Lenin.

Nel novembre 1922 Lenin ha l'impressione che i socialisti e i comunisti euro-occidentali non abbiano capito nulla della rivoluzione bolscevica, cioè del modo come si deve condurre una rivoluzione proletaria, per cui comincia a pensare che sarà il fascismo, indirettamente, ad aiutare la sinistra italiana a capire la propria immaturità politico-organizzativa.

Nella primavera del 1923 si formerà all'interno del Psi una corrente di sinistra, guidata da Serrati, Maffi e altri, che nell'agosto del 1924 si fonderà col Pci.


1 Come testo di riferimento si è usata l'antologia curata da M. N. Kharlamova, Lenin e l'Italia, edito dalla Progress di Mosca (senza data).

2 Nel dicembre 1897 Lenin aveva letto di Labriola i Saggi sulla concezione materialistica della storia, ritenendo il testo “serio e interessante, meritevole di traduzione”.

3 Da notare che né Lenin né Stalin avevano un giudizio negativo del Mussolini socialista. Lenin apprezzò persino la Filosofia di Marx scritto da G. Gentile.

4 Con Rosa Luxemburg, Leo Jogiches e Clara Zetkin, Liebknecht fu tra i protagonisti della sollevazione spartachista di Berlino del gennaio 1919, brutalmente repressa dal nuovo governo socialdemocratico tedesco guidato da Friedrich Ebert, con l'aiuto dell'esercito e dei Freikorps. Liebknecht fu portato all'Hotel Eden di Berlino, dove venne torturato e interrogato per diverse ore prima di venire ucciso il 15 gennaio 1919. Il corpo della Luxemburg venne invece gettato in un canale, da dove fu poi recuperato il 31 maggio.

5 Nel 1970 un busto di Lenin verrà inaugurato proprio a Cavriago. La storia di questo monumento è abbastanza singolare. Fu eseguito nel 1922 in Ucraina, nella città di di Lugansk: una delle poche immagini realizzate durante la vita di Lenin. E fu eretto davanti all'ingresso di una fabbrica di locomotive. Durante l'occupazione nazista venne trafugato e spedito in Italia come «bottino di guerra», ma venne intercettato dai partigiani italiani, che consegnarono la scultura all'ambasciata sovietica di Roma. In occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita di Lenin il governo sovietico donò il monumento al municipio di quella località, con la motivazione che i suoi operai erano stati positivamente citati da Lenin nel discorso «Sulla fondazione dell'Internazionale comunista», del 6 marzo 1919, in quanto avevano riconosciuto subito la grandezza della rivoluzione d'Ottobre, volendola prendere come esempio per l'Italia. Il busto è stato collocato nella piazza; poi, dopo una bomba negli anni Settanta, s'è deciso di lasciare solo una copia nella piazza, mentre l'originale è stato spostato nel vecchio municipio, poi sede del Centro Culturale, dove si trova attualmente. Sempre nel 1970 l'isola di Capri gli dedicherà un bassorilievo, realizzato dallo scultore Giacomo Manzù, premio internazionale Lenin «Per la promozione della pace tra i popoli».

6 Il rapporto “Per il rinnovamento del partito socialista”, presentato dal gruppo “Ordine Nuovo” al consiglio del partito, a Napoli nel maggio 1920, ricevette un particolare apprezzamento al II Congresso del Komintern. Il settimanale, pubblicato a Torino nel 1919 come organo dell'ala sinistra del Psi, divenne quotidiano nel 1921 come organo del Pci. Nell'ottobre 1922 fu soppresso dal fascismo, ma continuò a uscire clandestinamente fino al dicembre 1922. Nel 1924 riprese le pubblicazioni a Roma, ma poco dopo venne soppresso di nuovo.

7 La rivoluzione socialista ungherese del marzo 1919 ebbe un carattere pacifico, in quanto la borghesia s'era rivelata incapace di opporsi alle masse popolari. Tuttavia gli elementi socialisti riformisti non furono mai allontanati né dal partito né dal governo, sicché quando fu posto l'embargo economico e organizzato l'intervento armato da parte delle nazioni imperialiste, questi elementi tradirono, agendo in modo controrivoluzionario. La Russia in quel momento non poté far nulla perché anch'essa gravemente assediata dalle forze straniere e minacciata dalla reazione bianca.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
 - Stampa pagina
Scarica PDF

Ricerca nel libro

powered by TinyLetter

Translate:

Acquista il libro su Amazon
Il grande Lenin


Info | Note legali | Contatto | Facebook | Twitter | Youtube