LA SVOLTA DI GIOTTO
LA NASCITA BORGHESE DELL'ARTE MODERNA

DIBATTITO SU GIOTTO

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Guardiamo la storia dell'artista, almeno sino all'impressionismo. Là dove l'etica statale ha dominato in maniera forte (sto pensando al mondo romano ma anche all'alto Medioevo, dove l'etica veniva gestita dalla chiesa), non si può certo dire che l'artista godesse di particolari riconoscimenti ufficiali.

L'artista era parte di un collettivo molto più vasto, trovava la sua ragion d'essere in questo collettivo e s'atteneva scrupolosamente a norme tradizionali, che poteva variare solo in minima parte. Il suo anonimato era una regola.

Ovviamente i contenuti artistici erano completamente diversi: il mondo romano ha sempre esaltato la forza, il dominio ecc. L'alto Medioevo, essendo un sistema basato prevalentemente sull'autoconsumo, non poteva avere questi valori.

Certo, nella Grecia classica ed ellenistica la situazione era più favorevole al riconoscimento sociale dell'artista come persona, ma va detto che la Grecia fu sempre uno Stato di città in un certo senso federate, tra loro autonome. Un'etica statale, valida per tutte, non è mai esistita.

Non a caso la situazione della Grecia classica si è ripetuta nell'Italia rinascimentale, divisa in tanti staterelli, anche se il primo che pretese un riconoscimento sociale (ed economico) come artista individuale fu proprio Giotto.

Ma come mai in Italia si verificò un'esplosione artistica senza precedenti proprio nel corso del Rinascimento? Cercherò di spiegarlo in poche battute, esemplificando al massimo dei processi molto complessi e di lunga durata.

Quando si consumò la separazione tra cattolicesimo-romano e ortodossia greco-bizantina, in Europa occidentale la situazione si poneva a un duplice livello: 1) sul piano politico la chiesa latina voleva dominare il mondo (rifiutava p.es. il concetto di "diarchia"), 2) sul piano sociale veniva emergendo una nuova classe: quella borghese.

Dal 1054 alla svolta di Giotto occorsero quasi 300 anni prima che la borghesia riuscisse a imporre la propria concezione di vita in campo artistico. Questo perché, mentre la teologia era patrimonio degli intellettuali, l'iconografia era patrimonio delle masse e fino a quando non si è riusciti a contrapporre in maniera vincente i ceti borghesi alle masse contadine, non si poteva fare un'operazione culturale di quella portata rivoluzionaria.

In questi 300 anni abbiamo avuto numerosi movimenti ereticali che, se si fossero sviluppati sino in fondo, avrebbero sicuramente portato a una riforma di tipo protestante.

Così però non è stato, poiché la repressione politica, sempre molto dura, li ha bloccati sul nascere. La borghesia poteva espandersi sul piano economico-sociale, senza però rivendicare una vera autonomia culturale né, tanto meno, un potere politico.

La prima forma di autonomia culturale la raggiunse in campo artistico con Giotto. Questa rivoluzione artistica porterà poi all'Umanesimo e al Rinascimento, ma non a una rivoluzione politica vera e propria, che permettesse p.es. l'unificazione nazionale o l'affermazione di una monarchia centralizzata, che subordinasse a sé la chiesa, ecc.

La borghesia in Italia è sempre stata una classe politicamente debole. Ma ormai non si poteva più tornare indietro. Le basi di una rivoluzione culturale (in senso laico-umanistico) erano state poste.

Ora, perché si parla di "follia creativa" dell'artista rinascimentale? Semplicemente perché l'arte era diventata l'unico sbocco possibile per un intellettuale borghese che non volesse vivere una vita completamente alienata, cioè scissa tra contenuto e forma, tra teoria e prassi, tra pubblico e privato, tra istanza di rinnovamento e poteri obsoleti.

Quando la politica è feudale e la società è borghese o si tenta la rivoluzione politica, oppure si cercano delle soluzioni culturali intermedie, nella speranza che siano transitorie. Ed è appunto questa seconda cosa che fecero gli artisti del Quattrocento e del Cinquecento.

E' difficile dire quanto sarebbe potuta durare questa scelta di compromesso, se in Germania non fosse scoppiato il luteranesimo. Il terrore della chiesa romana di veder la Riforma stringere un patto col Rinascimento e l'Umanesimo fu la molla che la costrinse a fare marcia indietro, abolendo tutte le più avanzate conquiste culturali ottenute sino a quel momento.

Questo per dirti che l'artista rinascimentale pretese un riconoscimento sociale come individuo singolo, proprio perché non era stato capace di porsi alla guida di un movimento popolare avente finalità politico-eversiva. Nel 1435 l'Alberti, nel suo De pictura, decreta la nascita del mito dell'artista come "genio solitario" (poi si dirà: "ispirato come un veggente o un profeta"), raccomandando peraltro alle donne di limitarsi alla castità e al focolare domestico.

Nota che già l'Alberti chiedeva all'artista non solo di "imitare" l'arte, ma addirittura di "migliorarla" in virtù di effetti scenici prodotti da prospettive geometrico-spaziali. Era l'inizio dell'arte per l'arte, dell'illusionismo.

L'individualismo rinascimentale in campo artistico non poteva più essere tollerato da una chiesa feudale che promuoveva soltanto il proprio individualismo sul piano politico (il papa è in fondo un monarca assoluto), mentre sul piano sociale voleva la massificazione, il conformismo più piatto. La chiesa è rimasta a guardare, concedendo, obtorto collo, spazi di manovra sempre più ampi per i traffici commerciali, finché non è accaduto l'irreparabile, e cioè che la borghesia rivendicasse un'autonomia anche politica.

L'artista geniale, sregolato e un po' folle (alla Caravaggio, per intenderci) rappresenta uno dei due poli (molto minoritario) del modo di fare arte sotto l'egida della Controriforma; l'altro è quello convenzionale, astratto, sicuramente superficiale voluto dai poteri dominanti (pensa solo al manierismo, al barocco, al rococò). Un artista, quest'ultimo, che avrà assai poco da dire, almeno sino alla svolta impressionista.

Enrico Galavotti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 11/09/2014