LA SVOLTA DI GIOTTO
LA NASCITA BORGHESE DELL'ARTE MODERNA

DIBATTITO SU GIOTTO

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E.G.) Dunque che significa "pittura obbligata"? Gli iconografi appartenevano a una tradizione che condividevano nei suoi ideali di fondo...

G.N.) Questo in realtà non lo sappiamo, sia perchè ci troviamo in epoche di regimi dispotici teocentristici, sia perché bisogna ricordare che uno dei pittori più ‘apparentemente religiosi, se lo giudichiamo dalle sue pitture’, del nostro Rinascimento fu il Perugino, che era ateo.

E.G.) Giotto aveva per soggetto temi religiosi, ma nella sua vita pratica era un borghese, anzi uno sfruttatore: era capo di una bottega vastissima, con molti esecutori al suo servizio, aveva case a Firenze e in campagna, persino telai per la tessitura affittati a poveri a prezzi non certo di favore. Voleva che il suo nome risuonasse seguito dall'attributo di "proprietario". Eppure di questi aspetti nulla si dice quando si esalta - come p.es. fa Sgarbi - la sua pittura "umanistica", la sua "immanenza" che finalmente ha messo al centro dell'attenzione la "condizione umana". Perché non dire che tutto questo "umanesimo" altro non era che quello di una specifica classe sociale? Giotto ha inventato la prima vera illusione della forma e dello spazio, al servizio di una fantasia inesauribile, ma bisogna dire che i maggiori successi li ha ottenuti sulla critica, che spaccia per verità universale solo un'illusione particolare.

G.N.) Senza dubbio hai ragione, ma trattandosi di un grande artista ciò che importa alla critica non è il personaggio Giotto come uomo, ma l’importanza e la trascendenza della sua opera. Nessuno si preoccupa se Michelangelo era avaro e irascibile, ma è giudicato per l’opera che ci ha lasciato. Nessuno si preoccupa realmente se Omero esistette o meno, se fu lui (o altri) il primo che narrò il nucleo principale della storia-leggenda degli achei, l’importanza per gli antichi greci (e per noi) è quella di aver l’Iliade e l’Odissea.

E.G.) Ma con questo cosa voglio dirti? Che l'Italia non doveva abbandonare la tradizione bizantina? Certo che doveva farlo, ma il modo borghese di farlo...

G.N.) L’artista è figlio della sua epoca, del cambio sociale in cui vive o che sente avvicinarsi e preannuncia. Io interpreto le tue parole nel senso che fu Giotto, e solo lui, che per genialità o capriccio o interesse personale cambiò la pittura e tutti gli altri furono costretti ad accettare il cambio da lui imposto contro la loro volontà, gusto o desiderio. A parte il fatto che l’arte non cambia mai radicalmente ma per gradi, infatti Giotto ebbe i suoi precursori che cominciarono a demolire, o a cambiare, a poco a poco l’arte bizantina, quindi lui continuò il cammino, in maniera più evidente, poi la prima generazione di pittori rinascimentali completò e perfezionò il cambio.

Se Giotto lo riuscì a fare, e lo fece il quel modo, fu perché la società in fondo lo voleva e lo voleva (consapevolmente o inconsapevolmente) in quel modo. Affermare che fu Giotto che cambiò la mentalità, il gusto e l’indirizzo culturale di tutta un’epoca, e delle epoche seguenti, significherebbe aumentare l’importanza e il merito dello stesso Giotto fino al parossismo; ora nessun critico si è mai azzardato di esprimere tali concetti, dato che la storia non ha mai registrato l’esistenza di artisti, per quanto geniali, che abbiano preteso e siano riusciti a cambiar la cultura, la mentalità e il gusto d’un’epoca. Nel caso è successo l’inverso, oppure il caso di artisti rivoluzionari che, col passar degli anni, sono ritornati al punto dal quale erano partiti, ad un'arte che già era considerata retrograda e ‘passatista’, come dicevano i futuristi.

Io credo che ci sono due tipi di grandi artisti: quelli che non apportano niente di nuovo, nel senso rivoluzionario, ma portano alla perfezione ciò che trovano, mentre altri anticipano i tempi, apportano soluzioni nuove, rivoluzionarie, perché lo sentono, ma a volte anche senza sentirlo, lo captano per pura intuizione.

E.G.) ... per me non può esserci superamento di una tradizione condivisa quando quella che si vuol porre in alternativa è in realtà solo il genio dell'artista...

G.N.) Come spiegheresti il cambio dall’arte greco arcaico a quello classico? Se non grazie al genio di Fidia, Mirone ed altri, grazie al clima democratico, risultato delle nuove idee social-politiche e filosofiche?

E.G.) Non c'è mortificazione quando ci si sente legati a una tradizione comune, anzi l'artista convinto del valore di questa tradizione farà di tutto per rispettarla...

G.N.) Qui non andiamo d’accordo. L’artista non è, o non può essere soltanto, un portavoce della tradizione. La libertà creativa dell’artista va molto più in là. Se fosse così l’arte si sarebbe fermata al realismo dell’epoca rupestre.

E.G.) Un iconografo rispetta la tradizione proprio perché ha il senso della storia...

G.N.) Mettiamo pure che sia così: non viviamo forse in un'epoca di solitudine e disperazione, di macchine e computer, di egoismi, del dio dollaro, di milioni di persone che muoiono di fame o assassinate? E' ‘Il grido’ di Munch! La tradizione se ne è andata al diavolo.

E.G.) Certo, m'incanto a guardare Van Gogh, ma se avessi in casa tutti Van Gogh mi sentirei a disagio, perché i suoi quadri mettono ansia...

G.N.) Hai ragione, ma è anche parte essenziale della nostra cultura e tradizione culturale, da van Gogh sorge l‘espressionismo in pittura, in letteratura, nel cinema. Quindi si scatenano le avanguardie del secolo XX, che sfrecciano in varie direzioni sia creando, sia distruggendo, sia ritornando al caos iniziale per ricominciare dal nulla a percorrere nuovi cammini. E' il ‘secolo maledetto’ in cui ci toccò vivere, Che cosa ci vuoi fare?

E.G.) Perché dunque dici che un iconografo non era un "pittore"?

G.N.) Non lo dico io; è la critica accettata attualmente ad affermare che non era un pittore (artista), ma un artigiano. L’artigiano sa dipingere, ma non crea nulla che non sia stato già fatto, il suo lavoro è premeditato, dettato dall’esigenza del compratore o del mercato.

Io do un senso e un significato diverso all’opera d’arte.

E.G.) Un'icona è un'opera d'arte già nel momento in cui si deve preparare il legno su cui fare il dipinto. Se un iconografo non sapeva dipingere la trasfigurazione, era meglio per lui cambiare mestiere.

G.N.) Non credo che si possa generalizzare su questo punto. Inoltre io credo che la tecnica è solo un mezzo per l’artista, il fine è un altro, mentre per l’artigiano è un mezzo fine a se stesso.

E.G.) Mi sai spiegare il motivo per cui non dobbiamo considerare "arte" l'iconografia russa...

G.N.) A parte il fatto che Rublev visse cent’anni dopo Giotto, ti dirò che non è un giudizio mio (in tal caso avrebbe un valore relativo), forse perché anche l’arte ha i suoi misteri o meglio i suoi feticci. Quello che ti dissi fu che le icone non si considerarono opere d’arte nemmeno tra i russi, ma solo immagini popolari religiose.

Ed oggi non lo sono perché non obbediscono alle norme e considerazioni artistiche accettate, ma obbediscono esclusivamente alle regole tecniche artigianali. Ora che si cerchino, che piacciano, che si collezionino è un’altra faccenda che si deve più alla loro antichità, alla scarsezza di quelle originali ed autentiche e anche, per noi occidentali, alla loro esoticità…

E.G.) Anche la pittura bizantina prese le mosse dall'arte parietale egizia del tempo dei faraoni, ma qui lo sviluppo fu enormemente positivo...

G.N.) Io direi che s'è umanizzata, riappare la natura, anche se schematica e in una prospettiva incipiente, quasi come un telone in secondo piano, ma le persone sono esseri umani, riappaiono i sentimenti nei loro volti, espressioni, gesti.

E.G.) ... nella pittura è successo la stessa cosa: il volto bizantino che ti guarda con quegli occhi grandi è stato giudicato freddo, vuoto, inespressivo; invece le donne che piangono ai piedi della croce sono altamente espressive...

G.N.) Anche qui forse non hai torto, dal tuo punto di vista. Ma la storia dell'arte è quella che è, e non quella che sarebbe stata o avrebbe dovuto essere.

E.G.) Se accettiamo Giotto come alternativa unica al mondo bizantino, noi alla fine dovremmo ammettere che il feudalesimo non poteva evolvere che verso il capitalismo...

G.N.) In tal caso la 'colpa' non è di Giotto, ma dell'epoca nella quale nacque e visse.

E.G.) E tuttavia questo non toglie che qualcuno debba assumersi le colpe del proprio tempo e che, nel farlo, lo faccia liberamente...

G.N.) Credo che la critica debba registrare e giudicare le persone e i fatti di un'epoca nel contesto specifico ed esclusivo dell'epoca analizzata, e non d'accordo con le norme dell'epoca del critico.

Giancarlo Nacher


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 11/09/2014