LA SVOLTA DI GIOTTO
LA NASCITA BORGHESE DELL'ARTE MODERNA

DIBATTITO SU GIOTTO

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E.G.) ... la vita dell'ultimo van Gogh è follia, è l'arte di un disperato per una vita senza senso.

G.N.) Eppure bisogna ammettere che quando era realmente 'matto da legare' non dipingeva. Ma lo faceva solo quando era consapevole di ciò che stava dipingendo.

E.G.) ... preferisco i "Mangiatori di patate", anche se qui non c'è la stessa padronanza del colore, la stessa maestria nell'uso agitato del pennello.

G.N.) "I mangiatori di patate" non è un van Gogh; è un van Gogh legato ancora alla tradizione pittorica olandese.

E.G.) Per quale ragione dovrei giustificare l'iter artistico di van Gogh, facendo di questo pittore uno dei più grandi di tutti i tempi? Per quale motivo dovrei dar ragione a uno che in fondo non credeva ad altra ragione di vita che non fosse la sua stessa pittura?

G.N.) Beh, questi sono affari suoi. Non si è obbligati a giustificare o ad accettare nulla, tranne l'incanto e la 'bellezza' della sua pittura.

E.G.) Perché devo sentirmi in colpa se non mi esprimo secondo i canoni della critica artistica occidentale?

G.N.) No, tu sei libero di preferire questo o quello. La faccenda è che in arte non esiste il negativo o il positivo, il bello o il brutto, quando si penetra nel mondo dell'arte tutto si trasforma in una armonia che riesce a far vibrare e palpitare gli spiriti che riescono a captarla.

E.G.) Se il popolo non avverte l'arte come propria, significa che quell'arte non è "popolare", è un'arte élitaria, destinata a un pubblico selezionato, ad acquirenti danarosi...

G.N.) Io credo che elitaria non è una determinata arte perché non è compresa dal popolo, ma è il popolo che la respinge come elitaria perché non riesce a comprenderla, e non riesce a comprenderla perché non ne ha la preparazione sufficiente. Comprendere l'arte non è cosa facile, perché è formata da elementi soggettivi ed oggettivi, quelli oggettivi (la tecnica) bisogna studiarli per poterli giudicare, quelli soggettivi dipendono basicamente da una certa sensibilità personale, che poi bisogna coltivare, sviluppare, affinare, studiando, conoscendo. In poche parole tu vorresti un'arte per il popolo che non sarebbe altro che pacchianeria commerciale. E vorresti obbligare gli artisti a produrla in serie come oggetti kitsch, come se il nostro mondo non ne fosse già pieno zeppo. Nemmeno i muralisti messicani, con le loro idee e intenzioni sincere, riuscirono nell'intento.

Forse il popolo romano e i papi compresero l'importanza e la bellezza del Colosseo quando presero a distruggerlo (in gran parte)? Forse i popoli del romanico e del gotico comprendevano l'importanza e la bellezza delle loro cattedrali? Quando cambiava uno stile, o un'epoca, si distruggevano le opere del passato o si adattavano al nuovo stile.

L'unica cosa che ci salva dalla pacchianeria è l'arte, quella vera, autentica, non quella eccentrica, fatta per chiamar l'attenzione, e tanto meno quella di propaganda popolare voluta e diretta dal 'maestro di musica di turno'.

John Ruskin disse: "Le grandi nazioni scrivono le loro autobiografie su tre manoscritti: il libro dei fatti, quello delle parole e quello dell'arte. Non possiamo comprendere nessuno di questi libri senza leggerne gli altri due, ma dei tre l'unico che merita fiducia è quello dell'arte".

E Benedetto Croce: "Molte volte è stato ripetuto che la pittura è un linguaggio che tutti capiamo, contrariamente a ciò che succede con la poesia. Per fortuna non sono necessari studi complicati per renderci conto che i quadri, le poesie e ogni opera d'arte in generale producono degli effetti solo sugli animi preparati".

E Freud: "La forza creatrice dell'artista non segue sempre, disgraziatamente, la sua volontà, l'opera nasce come può e si 'scontra' spesso col suo autore, come qualcosa di indipendente, come qualcosa di estraneo".

E.G.) In realtà se c'è una cosa che non ha senso è proprio quella d'imporre per legge o con la forza della politica un criterio definitivo per stabilire che cosa sia "arte" e che cosa no.

G.N.) Il processo del 'criterio definitivo' è lungo e complicato, bisogna aspettare che passi del tempo, a volte anche molti lustri; per poter giudicare serenamente, in una prospettiva storica, è necessario che siano passate le mode effimere del momento, occorre essere entrati in nuove situazioni socio-culturali, o in altre non nuove, ma che abbiano una certa relazione con quelle passate che produssero quelle determinate opere da esaminare e giudicare oggettivamente, ecc.

E.G.) E' il popolo che, spontaneamente, deve arrivare a dire, consapevolmente, se un'opera d'arte è utile al bene comune o no.

G.N.) Dammi degli esempi di un popolo colto che abbia deciso che era arte per lui e che non lo era. L'arte, quella vera, presto o tardi viene riconosciuta, molte volte anche dopo la morte dell'artista. Il fatto è che quello che oggi, criticamente, può essere considerato un obbrobrio o un errore, domani potrebbe essere considerato come un'innovazione valida, una qualità. Mentre quello che oggi consideriamo criticamente un successo, domani potrebbe essere considerato come una moda effimera del momento. La maggioranza dei critici, che erano contrari all'impressionismo (e la quasi totalità del popolo francese), aveva ragione perché la sua critica si basava su norme tradizionali universalmente accettate da tutti, in quell'epoca, ma grazie agli impressionisti la visione del mondo e dell'arte stava cambiando, e a poco a poco i critici e il popolo si resero conto che effettivamente non erano stati ugualmente lungimiranti e profeti (cosa del resto quasi impossibile e assurda per persone che vivono in un determinato ambiente culturale). Solo poche persone, tra le quali i grandi artisti, posseggono tali doni. E allora vorresti tu distruggere questi doni che anticipano i tempi e cambiano le regole stabilite (in arte), obbligandoli a produrre, non a creare, merce tradizionale che si vende, ma che non apporta nessun cambio radicale, soprattutto quando l'arte comincia a fossilizzarsi, a ripetersi, a diventare un prodotto artigianale di consumo?

E.G.) ... una persona priva di riferimenti sociali, di tradizioni... (in questo caso l'artista) è una semplice astrazione, e chi ha legami con realtà sociali non può sentirsi libero di dipingere come vuole, perché questo modo di porsi sarebbe arbitrario, in contrasto con l'appartenenza a un collettivo.

G.N.) E se non lo sente? Se gli interessano altre cose, non sociali, ma ugualmente umane, vitali, che tutti sentiamo, ma che non sappiamo esprimere? Se ci fa vedere cose che noi non vediamo, ma che poi le sentiamo nostre e le apprezziamo? No, l'artista non deve necessariamente legarsi al "sociale" (in tal caso finirebbe d'essere artista), né gli interessa un riconoscimento mondiale. In tal caso si dovrebbero giustificare gli artisti del realismo fotografico dittatoriale e condannare tutta l'arte che i nazisti classificarono come 'degenerata' e che i comunisti proibirono perfino a Malevich.

E.G.) Per quale ragione se io fossi un amministratore locale tenderei a fare dei privilegi ingiustificati scegliendo tra due forme artistiche quella più vicina alle tradizioni popolari, al sentire comune? Perché mai una politica culturale dovrebbe premiare uno sradicato, un individualista, un antisistema?

G.N.) Francamente credo che sbagli di grosso. Lascia vivere e creare anche chi non è d'accordo con le tue idee. L'artista non è un politico, un propagandista, uno scrittore socio-politico, uno storiografo, né un sociologo, e tanto meno uno psicologo, è semplicemente e solo un artista, che se le sente intensamente, può aver anche idee extra-artistiche e le può e deve esprimere, sempre e quando le assimili e le trasformi in termini estetici.

E.G.) La democrazia ha sempre dei prezzi da pagare, ma questo non significa che la società non debba sentirsi in dovere di dire all'artista che cosa è "arte" e che cosa non lo è. Non per imporre delle regole, ma per chiarire dei limiti oltre i quali non si fa "arte" ma qualcos'altro.

G.N.) Giusto, ma non è la società che lo stabilisce a priori, ma la critica filosofica, l'estetica, e la prospettiva storica, che viene e si consolida col passar del tempo.

E.G.) Perché mai una persona di talento dovrebbe disperdere le proprie energie nei mille rivoli del libero arbitrio e pretendere, nel contempo, una considerazione pubblica non meno grande di quella tributata ad artisti che rispettano delle "regole comuni"?

G.N.) Perché per l'artista l'arte non è un mestiere, o una professione, non è neppure un titolo nobiliare, è un'autentica vocazione, è una benedizione o una maledizione della sua esistenza, alla quale non può sottrarsi, salvo che con la morte. O, come succede spesse volte, con la fine della vocazione, che si esaurisce con gli anni, che lo obbliga a ripetersi, a copiarsi, a tornare indietro nel tempo.

E.G.) Se uno dovesse basarsi esclusivamente sulle proprie tendenze, inclinazioni, interessi momentanei... sarebbe una persona dispersiva, geniale sì ma incapace di fare scuola, di avere discepoli, di fare della sua arte uno strumento al servizio delle esigenze della gente comune.

G.N.) Al contrario, i grandi artisti dei secoli XIX e XX hanno fatto scuola presto o tardi, hanno avuto discepoli tra i giovani, mentre i conformisti, i 'pompier' del secolo XIX hanno avuto un successo momentaneo, esaltati dall'accademia ufficiale e perfino da Napoleone III, ma molto presto sparirono dalla circolazione. Chi apporta idee nuove, valide, trionferà col passar del tempo, malgrado l'opposizione conservatrice quasi generale. I casi di Manet, degli impressionisti e poi di van Gogh, Gauguin, Cézanne, ecc., senza parlare dei pittori delle avanguardie del secolo XX, sono stati degli esempi tipici. Per molti il successo venne post-mortem. Ciò significa che solo col tempo si cominciò a comprendere la loro arte, il loro valore, le loro idee.

E.G.) Chi è l'artista? Uno che comunica solo con altri artisti e che contatta la gente comune solo per cercare di vendere le proprie opere? uno che vuol mettersi in luce nella speranza di ottenere un contratto da parte di qualche committente? o forse uno che fa l'artista a tempo perso, quando non lavora?

G.N.) Né l'uno né l'altro, è solo colui che si sente artista e lo è realmente, fregandosene, se può, delle opinioni di tutti gli altri, in caso contrario ingegnandosi di giungere a qualche compromesso.

E.G.) L'arte non deve essere un'eccessiva astrazione, un gioco intellettualistico (alla Kandinsky), non deve essere troppo sperimentale, perché se lascio libero l'artista di esercitare la propria creatività al di fuori di qualunque regola, convenzione... alla fine avrò un'arte che solo lui riuscirà a capire, anzi, un'arte che neppure lui riuscirà a capire, perché la creatività gli sarà sfuggita di mano. Si finirà coll'incollare i tubetti del colore sulla stessa tela o col tagliarla nel mezzo con un coltello, facendo passare queste azioni istintive per gesti dettati da una profonda ispirazione.

G.N.) Ancora una volta i tuoi esempi non si limitano a restare nel 'giusto mezzo', ma cercano i casi estremi dell'antiarte, del para-arte (nel senso della parola greca parà), secondo il concetto errato che certi artisti avevano, per i quali arte era tutto ciò che si faceva, e non s'era mai fatto, per il semplice fatto di averlo fatto, e artista era colui che semplicemente affermava che era artista, solo per il fatto di dirlo o che un suo amico lo dicesse.

Quegli 'artisti', o pseudo tali, sono spariti dalla circolazione, e appaiono solo quando i giovani ribelli si resero conto che non potevano superare la fama dei grandi del passato, che nell'arte tradizionale tutto era stato detto e fatto, applicando le regole accademiche, che non c'erano altre vie d'uscita. a meno che s'inventassero soluzioni strampalate a-artistiche o anti-artistiche.

Ma poi tali soluzioni le dobbiamo chiamare opere d'arte? O sono solamente delle soluzioni che non sono valide in sé, ma sono solo eccentricità che servono ad altri veri artisti che, partendo da quegli esempi, come fonti d'idee, cominceranno nuovi esperimenti, prenderanno nuovi cammini, giungeranno a risultati positivi.

Esempi di queste eccentricità, non valide in sé stesse come opere d'arte, ma come esempi di tentativi di ridicolizzare l'arte o esempi come spunti per intraprendere nuove ricerche e cammini, sono l'urinario di Duchamp o la testa di toro di Picasso.

All'artista il riconoscimento sociale non importa affatto. Gli importa la sua arte.

Secondo te anche il musicista dovrebbe comporre musica esaltando la cultura e le tradizioni popolari? I grandi geni della musica sarebbero allora soltanto i compositori di canzoni popolari, di inni patriottici e di musiche religiose.

E.G.) E se la nuova arte è rifiuto di pennello e colori, chi meglio degli Stati Uniti può rappresentarla? Dall'Arte informale alla Pop-art, dall'arte in celluloide a quella in digitale, gli Usa sono dei campioni nel trasformare l'arte in un effetto speciale, dove scienza e tecnica raggiungono la loro apoteosi.

G.N.) Già siamo al ritorno della pittura tradizionale, ma con effetti e temi presi dal cinema, dalla tv, dai giornali, ecc. e qualcuno, come nella nostra transavanguardia, li prende da certa tradizione culturale nazionale. Comunque l'arte oggi, avendo consumato rapidamente tutti gli -ismi, ritorna agli stili passati, aggiornati e reinterpretati, come le numerose correnti neo. E' vero comunque che gli USA volgarizzano o trasformano in pacchianeria tutto ciò che trovano.

E.G.) A questo punto è meglio acquistare una scultura africana in legno tra gli improvvisati mercatini estivi di senegalesi e kenioti. Nessuno potrà dirci che siamo pazzi, visto che lo stesso Picasso non avrebbe potuto dipingere Les Demoiselles d'Avignon (1907) senza prima aver guardato favorevolmente l'arte africana primitiva.

G.N.) Picasso negava sempre tutto, e negò che la sua epoca 'nera' fosse stata influenzata dalle sculture negre africane viste a Parigi. Certamente però un'influenza dell'arte iberica pre-romana è chiaramente visibile nelle Signorine d'Avignon.

E.G.) ... se dovessi scegliere tra il movimento interiore dello sguardo russo del Cristo di Rublev e il movimento esteriore della Materia di Boccioni, quale dei due pensi mi dia più serenità e meno angoscia?

G.N.) La scelta è una questione personalissima, e dipende inoltre dallo stato d'animo in un momento determinato; il compito del critico è quello di cercar di dimostrare se si tratta o meno d'una opera d'arte.

Anzitutto e soprattutto un'opera d'arte dev'essere una 'creazione' autentica, intensamente sentita, non prefabbricata anticipatamente dall'autore (e meno che mai imposta da altri), e di valore estetico. Altrimenti apparterrebbe ad altre categorie: artigianato, propaganda, pubblicità, disegno grafico, disegno industriale, divertimento, pornografia, ecc. Si potrebbe dire, per esempio, che il cartello americano, della prima guerra mondiale, con lo zio Sam che, con l'indice teso verso lo spettatore, dice I want you! possa produrre un effetto persino più grande di quello della Gioconda, ma stiamo parlando di due opere che appartengono a categorie diverse ed hanno logicamente scopi diversi. Un'opera d'arte, come scrisse Werner Jaeger, deve essere una specie di paideia, una forma di conoscenza, una forma di educazione e inoltre deve produrre una fruizione alla persona che abbia 'affinato' la sua sensibilità e ne abbia avuto una preparazione adeguata.

E.G.) Voglio dirti insomma che l'arte non deve stupirmi con effetti speciali, non deve avere troppo movimento, ma non deve neppure essere statica, come quando si dipingono i paesaggi senza figure umane, a meno che gli elementi della natura non siano trasposizioni di un sentire interiore, ma in questo caso bisogna stare attenti a non cadere in una simbologia artificiosa.

G.N.) 'Deve, non deve', non ci sono regole o leggi prestabilite, neppure per l'autore: ogni opera d'arte ha le sue norme, che nascono con essa ed esclusivamente con essa, in quel determinato e irrepetibile momento. Logicamente tu puoi dire a me piace di più o di meno, ma il tuo è solo un punto di vista esclusivamente personale che può anche esser condiviso da altri, ma ciò non cambia il giudizio critico generale che s'è formato attraverso l'universalità di una prospettiva storica.

E.G.) Il ritratto per me è la cosa più bella, perché quando lo guardo gli posso parlare, come fossi una sorta di "moderno animista".

G.N.) E pensare che i nostri futuristi dicevano che il ritratto poteva ancora (dopo la scoperta della fotografia, usata anche dagli artisti) essere valido, sempre e quando non somigliasse affatto al modello. In generale questi effetti che tu dici non sono che abili 'virtuosismi' di pittori moderni, con l'aiuto di mezzi tecnici attuali, in particolare del pantografo e della fotografia.

Giancarlo Nacher


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 11/09/2014