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Il ruolo dell’educazione ed i post-strutturalisti
Affinché la maggior parte dei membri di una data società possieda quei
tratti del carattere conformi alle esigenze sociali, Fromm considera
fondamentale il ruolo dell’educazione: per tramite di essa le esigenze della
società, anche quelle contingenti, richieste da quel particolare tipo di società
in cui l’individuo vive, vengono trasformate in tratti personali che entrano a
far parte della struttura caratteriale degli individui, per mezzo della loro
interiorizzazione.
La funzione sociale dell’educazione è per Fromm quella di far sì che il
carattere dell’individuo si conformi vieppiù al carattere sociale, affinché
quelli che egli percepisce come suoi desideri giungano a coincidere con le
necessità della sua cultura. Il sistema educativo è dunque per Fromm funzione
della struttura socioeconomica della società, ed egli avverte come non si possa
spiegare una società sulla base di esso, poiché esso stesso è da essa
determinato. (25)
A parte il sistema educativo scolastico, anche i genitori trasmettono al
bambino lo spirito della società in cui vivono, essendo essi, nella maggior
parte dei casi, rappresentanti del carattere sociale o della classe di cui sono
parte; la famiglia media, come si è detto precedentemente, è considerata da
Fromm come ‘l’agente psichico della società’.
La personalità dell’individuo, ed in particolare la sua struttura
caratteriale, è dunque forgiata secondo Fromm dal particolare sistema di vita
così come gli è stato presentato fin da bambino, tramite l’educazione ed
attraverso il filtro sociale della famiglia, contenente gli elementi tipici di
una data classe o società.
A questo proposito vorrei permettermi di notare come tale idea di Fromm sia
presente anche nelle opere di quei pensatori riconducibili alle correnti
sociologiche e filosofiche dello strutturalismo e del post-strutturalismo, in
particolare in quelle di Focault e di Bordieau.
Sebbene non vi siano, per quanto mi risulta, citazioni reciproche nelle
opere di Fromm e dei due autori francesi, nondimeno ritengo che esse presentino
notevoli analogie, perlomeno in quanto esse forniscono una visione specifica di
quei meccanismi, tra i quali appunto l’educazione, di cui Fromm parla come
genesi del carattere sociale.
Partendo anch’egli dalla tradizione marxista, che definisce l’appartenenza
di classe nei termini dell’accesso al capitale economico ed al controllo dei
mezzi di produzione, Pierre Bordieau individua nel sistema educativo un ricorso
tramite il quale la società legittima le disuguaglianze sociali. Egli spiega
come le preferenze culturali della classe dominante acquistino forma
istituzionale, e come le stesse preferenze della classe dominante per tali gusti
istituzionalizzati siano considerati dimostrazione dell’evidenza della
superiorità sociale e culturale della classe dominante, in un circolo vizioso
creato ad hoc per giustificare ogni disuguaglianza tra individui e tra gruppi
sociali.
Ammettendo l’onestà e l’imparzialità degli operatori del sistema operativo
scolastico, spiega Bordieau, in esso non si discriminerà apertamente in favore
dei bambini appartenenti alle classi privilegiate, giudicando al contrario tutti
gli alunni secondo gli stessi criteri di merito; ma sono questi stessi criteri
che già portano in sé una discriminazione di valori, essendo essi derivati dalla
cultura dominante.
Ciò genera l’apprendimento di modelli di comportamento, preferenze culturali
e schemi di pensiero segnati da discriminanti di classe, che vengono
internalizzati, col risultato che saranno considerati ‘naturali’, cioè prodotti
dalla stessa natura umana: tale processo sta alla base di quello che Bordieau
definisce habitus culturale, intendendo con esso l’internalizzazione di regole,
gusti, valori e disposizioni come principio generativo che regola pensiero e
comportamento degli individui (pratiche culturali).
Secondo Bordieau questo processo è favorito dalla apparente assenza in esso
di un carattere impositivo: i valori e le disposizioni internalizzate permettono
all’individuo di rispondere ai diversi contesti culturali in una varietà di
forme, permettono cioè, come egli afferma, una certa improvvisazione; ma sono i
margini di tale possibilità di improvvisazione ad essere determinati nello
stesso processo di acquisizione dell’habitus culturale. Le forme di pensiero e
di azioni disponibili agli individui sono cioè comunque determinate dallo
spirito della società, che Bordieau definisce traiettoria culturale.
Analogamente a Fromm, per il quale le modalità di assimilazione e
socializzazione costituenti la struttura caratteriale individuale e sociale
vengono determinate attraverso il tipo di lavoro reso necessario in un dato
contesto socioeconomico, l’habitus di Bordieau si costituisce attraverso la
pratica, e si manifesta come possibilità concrete di comportamento dinanzi ad un
problema o rispetto ad una situazione particolare.
L’habitus culturale presenta la maggior efficacia nel determinare il
comportamento degli individui quando opera ad un livello incosciente: affinché
esso funzioni effettivamente, ogni membro della società (campo culturale, nella
terminologia di Bordieau) deve pensare che le possibilità tra le quali egli
ritiene di dover scegliere siano necessarie, naturali ed inevitabili,
determinate dal comune buon senso: ogni altra persona in una situazione simile
dovrebbe perciò comportarsi allo stesso modo, scegliendo cioè tra le medesime
possibilità.
Le regole e le preferenze culturali riconducibili all’ideologia dominante
giungono così ad essere inscritte in ogni membro della società, che le
considererà come parte della natura umana o come logica conseguenza di un
comportamento civilizzato, percependo invece come innaturale, incivile o
insensata (se non addirittura come impensabile) ogni modalità di azione o di
pensiero che sia esclusa da tali regole o estranea alle preferenze prescritte.
Ricalcando il concetto sviluppato nella tradizione marxista di ‘riproduzione
sociale’, Bordieau ritiene il meccanismo sovraesposto alla base della
‘riproduzione culturale’, quel processo tramite il quale il sistema educativo
rende possibile il mantenimento della cultura e del potere della classe
previlegiata e che contribuisce a perpetuare un determinato sistema sociale.
Pur fornendo una visione di come l’individuo è determinato dalla propria
cultura di appartenenza, neppure Bordieau esclude la possibilità che questi
possa sottrarsi a tale determinismo: regole, norme di comportamento, categorie
concettuali e preferenze apprese, egli spiega, funzionano effettivamente come
habitus soltanto se gli individui non si interrogano sulla loro origine, ossia
sulle condizioni culturali responsabili della loro genesi e delle strutture
socioeconomiche che ne rendono necessaria l’esistenza. (26)
Complementare alla nozione di habitus culturale è il concetto di bio-potere
introdotto da M. Focault, e credo che anche rispetto ad esso possa risultare
fecondo il confronto con le idee di Fromm.
Focault definisce il bio-potere come l’intreccio di tecnologie, di
conoscenze e di ideologie che servono ad influenzare e regolare la popolazione,
definendo i soggetti umani e controllando i loro corpi ed i loro comportamenti.
Il bio-potere, spiega Focault, non è un qualcosa che appartenga a qualcuno in
particolare, ma funziona bensì in termini di relazioni entro diversi campi,
istituzioni e burocrazie, nelle quali risulta distribuito l’esercizio della
funzione del controllo sociale.
Durante la propria esistenza (27), e fin dal momento in cui viene al mondo,
l’individuo passa attraverso una varietà di istituzioni, ed ognuna di queste
lascia il suo marchio nella persona, ‘producendo i soggetti’, ossia modellando
gli individui ai fini del controllo sociale: famiglia, scuola, chiesa, istituti
psichiatrici, carcere, università producono i futuri padri, insegnanti,
sacerdoti e carcerieri del corpo e dello spirito di domani, determinando una
varietà di categorie di persone e di comportamenti e differenziando il sano
dall’insano, il buono dal cattivo, il normale dal ‘deviato’.
Ad ogni modo, anche la visione di Focault sembra contemplare una ‘speranza’
di poter sfuggire all’influsso del potere e del controllo: la presenza di
autorità e discorsi, cioè ideologie, differenti, possono contribuire a creare
negli individui un senso di scetticismo che può aiutare a distanziarsi dal
bio-potere; d’altra parte, lo stesso bio-potere, afferma Focault, nel definire
come deviati e anormali alcuni soggetti, contribuisce a generare soggettività
inclinate ‘naturalmente’ a pensare e ad agire contro di esso.
Una differenza di fondo è comunque da evidenziare tra la visione di Focault
e quella di Fromm, non potendosi attribuire al primo una concordanza con l’idea
del secondo che le ideologia siano accettate, come Fromm afferma, per colmare le
incongruenze generate da una incompleta comprensione della realtà sociale. E’
certo che Focault non avrebbe potuto accettare l’attribuirsi di questo ruolo
all’ideologia, in quanto egli riteneva che, in definitiva, l’uomo fosse in
completo il prodotto di essa, e che il suo influsso modellasse totalmente le
soggettività umane.
(25) Ciò non significa che il sistema educativo non abbia alcuna influenza sulla
società, ma proprio in quanto è funzione di essa la direzione di tale influenza
sarà sempre verso il suo consolidamento.
(26) Essendo l’opera di Bordieau indirizzata alla scoperta di quei meccanismi di
cui si serve la classe dominante per mantenersi in posizione di potere e di come
sfuggire alla loro influenza, non poteva essere altrimenti; in particolare tali
meccanismi sono riferiti al mantenimento del potere per mezzo dell’educazione
nel moderno stato borghese, non avendo, tra l’altro, molto senso parlare di
habitus a proposito di quei sistemi sociali che si mantengono soprattutto per
mezzo dell’apparato repressivo.
(27) Oltre a quelli alla base dei vari sistemi filosofici e religiosi vi
sarebbero secondo Fromm numerosi altri impulsi, quali quelli al consumo, la
brama di successo, di fama e di prestigio, che, sebbene siano considerati
completamente laici, nondimeno si radicano nella stessa esigenza. Essi sono però
ascrivibili a quelle razionalizzazioni socialmente schematizzate costituite
dalle ideologie e non al fenomeno dell’esperienza x di cui si parla in questo
paragrafo. Fromm ritiene che la comprensione della natura religiosa di tali
impulsi culturalmente alimentati sia la chiave per far luce sul fenomeno delle
nevrosi: mentre Freud, nel riconoscere una connessione fra nevrosi e religione,
parla di quest’ultima come di una nevrosi collettiva, in Fromm tale relazione è
ribaltata, ed egli spiega la nevrosi come una forma particolare di religione,
una sorta di religione individuale.
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