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Autoconservazione e tendenza allo sviluppo
L’assunzione dell’esistenza di una natura umana è servita tradizionalmente
ai pensatori autoritari per giustificare i sistemi sociali ed etici vigenti nel
loro rispettivo periodo storico.
Nell’opporsi a tale pretesa, i pensatori progressisti hanno abbracciato
l’opposta tesi dell’infinita malleabilità dell’uomo.
Entrambe le concezioni appaiono a Fromm insostenibili: rifiutando la
contrapposizione tra fattori biologici e fattori culturali, egli avversa con
eguale intensità l’innatismo di concezioni biologiche o metafisiche della natura
umana evitando al tempo stesso di cadere in quel relativismo sociologico che
vede nell’uomo il mero prodotto delle circostanze sociali.
Considerando l’uomo come in balia di fattori ambientali o di una struttura
socioeconomica sulla quale non può avere alcuna influenza, non solo si riduce
ogni scienza dell’uomo alla semplice descrizione e categorizzazione delle
modalità con cui egli è plasmato dal suo intorno sociale (compito assolto a
parer mio a suo tempo dalla sociologia funzionalista), ma si rende illegittima,
o perlomeno inutile, l’esistenza stessa della psicologia dinamica. Infatti, a
ben poco servirebbero gli sforzi della psicoanalisi nel modificare la struttura
psichica del paziente, se si assumesse che questa, così come il suo
comportamento, è comunque determinata da circostanze esterne.
E’ dunque necessario, come Fromm afferma, supporre l’esistenza di un
qualcosa che reagisce alle influenze ambientali, e che in tali reazioni sviluppa
forze in grado di incidere sul processo sociale. Questo qualcosa è ciò che
costituisce la natura umana, mentre queste forze, come vedremo più avanti, sono
alla base della formazione del carattere, individuale e sociale.
Benché sia innegabile che l’uomo subisce l’influenza della società in cui
vive, egli non è infinitamente adattabile, né si lascia plasmare
indiscriminatamente da ogni circostanza.
Vi sono, è vero, aspirazioni umane, bisogni e paure, che si sviluppano in
relazione a certe condizioni di vita, e sono soggetti a modifica nel corso del
processo storico, ma esistono altresì bisogni la cui soddisfazione è prioritaria
in ogni situazione, e che quindi possono considerarsi biologicamente intrinseci
alla natura dell’uomo. Questi bisogni imprescindibili dell’uomo sono
riconducibili alla funzione di autoconservazione, l’assolvimento della quale
costituisce il movente principale del comportamento umano (2). A parte queste
esigenze fisiologiche inerenti la stessa sopravvivenza dell’uomo, vi sono altri
bisogni intrinseci alla sua natura che, se frustrati, danno luogo ad una serie
di reazioni mentali ed emotive che, secondo Fromm, costituiscono il nucleo delle
più gravi nevrosi. (3)
Primo fra questi è l’innata tendenza a sviluppare le potenzialità umane
maturate nel corso dell’evoluzione storica ed individuale. Benché tali capacità
non siano innate, innata è la tendenza che, una volta che queste si siano
sviluppate, ne impone l’espressione, e la loro frustrazione è causa, come
vedremo, di fenomeni simbiotici e distruttivi.
L’esigenza di libertà e l’odio per l’oppressione è il primo prodotto di
questa tendenza alla crescita, e al tempo stesso ne costituisce la condizione
fondamentale che ne permette l’applicazione, non potendosi avere alcuna crescita
in assenza di libertà.
Nella lotta dell’uomo per la libertà ed il proprio sviluppo le sue armi più
potenti sono l’amore per la giustizia e per la verità. Fromm osserva come il
senso di verità e di giustizia siano particolarmente evidenti nel periodo della
fanciullezza, nella quale l’individuo più abbisogna di essi per la propria
condizione di impotenza; tali tratti sono dunque radicati nella stessa
condizione umana, e nell’individuo sano essi si sviluppano sino a divenire
qualità costanti della sua personalità adulta.
(2) A questo proposito Fromm distingue tra fenomeni psicologici di abbondanza e
di carenza: fintantoché la soddisfazione della funzione di autoconservazione non
è assicurata, non potrà parlarsi di fenomeni di abbondanza, nei quali consistono
tutte le manifestazioni più tipicamente umane. La psicologia di Freud, spiega
Fromm, sarebbe quindi essenzialmente una psicologia dei fenomeni di carenza,
definendo lo stesso piacere come conseguenza della riduzione di una tensione
dolorosa, ed individuando in tale tensione, in definitiva, il movente ultimo del
comportamento umano (E. Fromm, “Escape from freedom” , 1941, trad. italiana
“Fuga dalla libertà”, Mondadori, Milano, 1994, pag. 230).
(3) I bisogni psichici di cui qui si parla sono da Fromm riassunti in
“Psicoanalisi della società contemporanea” nei bisogni di correlazione,
radicamento, trascendenza, identità e orientamento. In questo paragrafo ed in
quelli che seguono non seguirò schematicamente questa distinzione, cosa che
peraltro Fromm non fa se non riassumendo, nell’opera citata, alcuni concetti
chiave da lui sviluppati. Ad ogni modo le passioni razionali e irrazionali di
cui si parla in questa tesi sono comunque riconducibili alle necessità psichiche
sopra elencate, espressione di soluzioni progressive, o rispettivamente
regressive, a queste stesse necessità.
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