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Sistemi di orientamento e devozione ed esperienza x
E’ la stessa disarmonia esistenziale dell’uomo, di cui si è parlato nei
primi paragrafi, che genera in lui bisogni che vanno ben oltre a quelli comuni a
tutti gli animali. L’espressione principale di questi è, come si è visto, la
tendenza a perseguire costantemente il raggiungimento di un equilibrio e di
un’unità con il resto della natura.
Ciò può manifestarsi nella creazione o nell’adesione ad uno schema di
pensiero che possa costituire un utile riferimento per orientarsi rispetto alla
propria situazione, e che sarà costituito, oltre che di elementi intellettuali,
anche di elementi di senso e sentimento, che possano esprimersi attraverso
l’azione in ogni campo del comportamento umano.
Le risposte scaturite dal bisogno di orientamento e devozione possono
differire nella forma e nel contenuto. Esse possono consistere nell’elaborazione
o nell’adesione a sistemi di pensiero sia teistici che non teistici o persino
ateistici, accomunati tuttavia dal tentativo, operato per mezzo di essi, di dare
un senso alla propria esistenza.
Mentre il bisogno di un sistema di orientamento e devozione può considerarsi
universale per quanto riguarda la specie umana, il contenuto di ognuno di questi
sistemi può variare e secondo Fromm tali differenze di contenuto comportano
differenze di valore: essi costituiscono una risposta autentica al nostro
bisogno di equilibrio e di armonia con il mondo nella misura in cui conducono al
completo sviluppo delle nostre potenzialità.
Naturalmente, non tutti i sistemi di pensiero cui gli individui possono
aderire sono utili a spingere l’individuo in tale direzione. Al contrario, ve ne
sono molti l’accettazione dei quali, pur fornendo risposta apparente al problema
dell’esistenza umana, hanno semmai l’effetto di indurre l’individuo a
retrocedere nel processo di individuazione, ancorandolo a vincoli incestuosi,
oppure inducendolo a partecipare ad espressioni del narcisismo collettivo, o
spingendolo verso soluzioni distruttive e necrofile.
Prescindendo completamente dal contenuto teistico o non teistico dei vari
sistemi di pensiero, essendo tali differenze di contenuto ascrivibili
semplicemente ad una diversa concettualizzazione dell’esperienza e non al
significato esperienziale delle varie concettualizzazioni, Fromm individua in
quella che egli definisce esperienza x l’elemento comune che sta alla base di
quelle diverse concettualizzazioni che costituiscono una risposta autentica alla
contraddizione esistenziale di base della vita umana.
Fromm ritiene che, affinché si possa parlare della possibilità di tale forma
di esperienza nel contesto di un particolare sistema filosofico o religioso, sia
necessaria la presenza in esso di alcuni tratti essenziali, elementi che
accomunano ogni pensiero o religione umanistica, dal socialismo di carattere
marxista ed anarchico alle forme originarie e non ancora distorte del giudaismo
e del cristianesimo, ma anche dell’islamismo, del buddismo e del taoismo.
Affinché l’esperienza x possa definirsi è necessario che questa conduca ad
una diminuzione, e nel migliore dei casi all’estinzione, del narcisismo,
all’abbandono delle diverse forme di fissazione incestuosa, e che renda
possibile il superamento delle tendenze distruttive e necrofile.
Poco importa, secondo Fromm, che si parli di tempo messianico, nirvana, Tao
o rivoluzione sociale, ciò che importa è che tali diverse concettualizzazioni di
una medesima forma di esperienza possano condurre l’individuo ad aspirare al
proprio miglioramento ed a quello dell’umanità, a procedere oltre nel cammino
verso l’individuazione, sviluppando amore per la vita, per se stessi e per il
mondo, e irrobustendo le proprie aspirazioni alla libertà.
Coloro che sperimentano tale esperienza sentono la vita come un problema cui
dar risposta e si interrogano sul significato della propria esistenza; al
contrario l’individuo non-x ne trova comodamente il senso nelle mete e nei
prodotti materiali, nel successo, nella ricchezza, nel prestigio sociale, nella
gloria e nel potere.
Il superamento del proprio narcisismo, che una tale esperienza comporta, è
fonte della capacità di trascendere il proprio egoismo, di abbandonare ogni
tentazione di isolamento dai propri simili, e della disposizione a svuotarsi del
proprio io per aprirsi al mondo. Chi abbraccia questo tipo di esperienza
riconosce l’uomo come un fine in se stesso e mai come un mezzo per raggiungere
altri fini, e pone al vertice della sua gerarchia di valori lo sviluppo ottimale
delle potenzialità umane e tutto quanto sia utile al perseguimento
dell’autentica felicità dell’uomo.
Fromm auspica lo sviluppo di una antropologia psicologica che studi
l’esperienza x e non-x come fenomeno esperienziale umano, a prescindere dalle
sue diverse concettualizzazioni. In essa la psicoanalisi non potrà non ricoprire
un ruolo fondamentale, in quanto strumento d’elezione nella scoperta di
‘passioni’ non corrispondenti a quanto sperimentato dall’individuo a livello
cosciente; tuttavia, per poter raggiungere tale scopo, dovrà inevitabilmente
spingersi oltre le linee tracciate da Freud.
Secondo Fromm, la psicoanalisi potrà allora rendersi estremamente utile nel
differenziare tra falsa esperienza x, originata dall’isteria e da altre forme di
malattia mentale, ed esperienza non patologica di amore e di unione.
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