10 Natura umana
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Il percorso umano verso l’individuazione nel pensiero di Erich Fromm

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Determinismo e libertà
Ho già esposto come le passioni umanistiche, e quelle irrazionali costituenti potenzialità ad esse secondarie, non siano determinate una volta per tutte da una natura umana fissa e immodificabile, ma si sviluppino bensì nel corso dell’evoluzione umana, come prodotto della storia che, come Fromm afferma, è creata dall’uomo.
La possibilità di percorrere la via progressiva o, rispettivamente, quella regressiva, come soluzione alla contraddizione esistenziale dell’uomo porta a considerare il problema della sua libertà.
Considerando l’uomo come determinato, costantemente in balia di influssi ambientali e di circostanze sociali sulle quali egli non ha alcun controllo, si esclude la possibilità stessa della psicoanalisi di poter contribuire, modificando la struttura psichica del paziente, ad alleviare le sue sofferenze indirizzandolo verso la guarigione.
Ciò porta Fromm a rifiutare il ‘determinismo duro’, ma nell’originale soluzione che egli propone al problema della libertà umana nondimeno egli respinge la posizione indeterministica.
Nelle opere di pensatori come Freud e Marx, verso le quali è costante il suo riferimento (sia tramite la critica che riconoscendone i meriti rispettivi), Fromm scorge una terza possibilità tra lo stretto determinismo e l’indeterminismo.
Sia Marx che Freud infatti, pur considerando l’uomo come fortemente condizionato da circostanze in linea di massima al di fuori del suo controllo, proponevano come meta una liberazione dell’umanità, o dell’individuo, che scaturisse dalla presa di coscienza di quelle forze dalle quali l’uomo è determinato. Ciò comporta la possibilità che, grazie alla raggiunta consapevolezza, tali forze potessero in qualche modo essere mutate o che si potesse in una certa misura sottrarsi al loro influsso.
Per Freud tali forze erano costituite dalle motivazioni inconsce del comportamento umano, ed egli si proponeva, tramite la terapia psicoanalitica, di rendere cosciente l’inconscio del paziente, ritenendo che in tal modo egli potesse divenire padrone di se stesso ed eludere l’influenza di quei meccanismi che condannano l’uomo ad agire entro gli stessi perpetui schemi inadattivi. “Dove c’è l’Id.” – affermava Freud – “ci sarà l’Ego.” (15)
Secondo Marx la liberazione consisteva nel prendere coscienza delle forze inerenti la struttura economica del sistema sociale, e nello sbarazzarsi della propria ‘falsa coscienza’ perpetuata per mezzo delle ideologie dominanti. Egli riteneva che “la necessità di rinunciare alle illusioni sulla propria condizione è la necessità di rinunciare a una condizione che ha bisogno di illusioni.” (16)
Essendo l’uomo innegabilmente condizionato da circostanze ambientali e sociali, sia materialmente che per mezzo dell’influenza di queste sulla sua struttura caratteriale, la posizione indeterministica risulta inaccettabile. Poiché non si può considerare la libertà come libertà in astratto, concretizzandosi comunque questa in una scelta tra opzioni disponibili in situazioni reali, l’individuo consapevole (delle forze inconsce che lo muovono; della totalità della situazione in cui si trova) potrà rendersi conto di come le possibilità concrete tra le quali effettivamente egli può scegliere non siano mai illimitate, e di come tali possibilità risultino nella maggior parte dei casi riconducibili essenzialmente alle due soluzioni che l’uomo può dare al problema della sua esistenza: quella progressiva e quella regressiva.
La vera libertà di cui si può parlare è dunque quella che pone la scelta tra l’ascoltare la voce della propria (buona) coscienza ed esprimere le proprie passioni umanistiche, ed il lasciarsi trasportare dalle passioni irrazionali conseguenti alla frustrazione della propria vitalità ed all’arresto nel processo di individuazione.
Finché nessuno dei due tipi di passione ha già sopraffatto l’altro, l’uomo è libero. Ma egli può altresì perdere questa libertà: il suo procrastinare sulla via regressiva, o lo scegliere costantemente secondo ragione condiziona infatti l’individuo e lo induce a continuare il proprio cammino nella direzione intrapresa.
Come in una partita di scacchi, nella quale le possibilità di vittoria di ciascun giocatore sono condizionate dall’esito delle mosse precedenti da lui effettuate, quanto più le persone prendono decisioni sbagliate, tanto più si faranno trascinare da passioni irrazionali, quanto più scelgono con consapevolezza, tanto più sapranno ascoltare la propria ragione e sviluppare le loro qualità più umane.
Così, risulta come Fromm non consideri la libertà di scelta come un attributo dell’individuo, come una qualità che egli possieda o non possieda, bensì come funzione della sua struttura caratteriale.
Mentre dunque per i deterministi in ogni situazione vi è una sola concreta possibilità (la consapevolezza della quale costituiva per Hegel l’unica vera libertà), e gli indeterministi contemplano un numero illimitato di possibilità concretizzabili per l’individuo, Fromm sostiene che la libertà dell’uomo sia limitata a quelle possibilità concrete effettivamente realizzabili, determinate dalla situazione totale, e che si esprima in ultima istanza come alternativa di scelta tra la soluzione progressiva e quella regressiva al problema della propria esistenza. Fromm sostiene inoltre che tale scelta vada a ripercuotersi sul sistema caratteriale, che a sua volta influisce sulla libertà dell’individuo rendendo questi più o meno determinato ad agire in conformità rispettivamente con ognuna delle due alternative.
Tale libertà, come già detto, può essere persa, ma ciò in fondo avviene solo per una ristretta minoranza di individui. Si può perdere la capacità di agire secondo coscienza per le troppe scelte già operate sulla via regressiva, così come si può perdere la capacità di errare, una volta che le passioni irrazionali risultino completamente estirpate per il costante progresso dell’individuo nel processo di individuazione. Naturalmente quest’ultima situazione risulta eticamente superiore ad ognuna delle altre due, e l’individuo che abbia perso tale libertà è in realtà l’individuo veramente libero (nel senso di attributo del suo carattere).
La maggior parte delle persone, tuttavia, sta nel mezzo tra questi due estremi, e per essi la libertà di scegliere è ancora concreta: ognuna di esse può cioè regredire all’orientamento arcaico, così come affermare progressivamente la propria individualità. Ed il ruolo fondamentale che la consapevolezza può svolgere nell’affermare questa libertà sta nel rendersi conto quando essa è ancora presente, quando cioè si ha ancora la libertà di scegliere.
Sebbene diversi individui possano presentare notevoli divergenze rispetto allo schema di orientamento dominante nella società, la scelta tra l’una e l’altra alternativa è massicciamente condizionata dallo spirito della società in cui si vive. Ed è per Fromm compito della ‘psicologia sociale analitica’ identificare le condizioni in cui è favorita ognuna delle due possibilità.
Nella misura in cui lo spirito della società in cui si vive favorisce od ostacola il procedere sulla via progressiva della propria individuazione, esso influenza la libertà degli individui, e le differenze tra le diverse strutture sociali risultano pertanto essere differenze qualitative da un punto di vista etico.

(15) S. Freud, “Das Ich und das Es” (1922); trad. it. “L’Io e l’Es”, Boringhieri, Torino (1976), citato da Fromm in “Beyond the Chains of Illusion” (1962); trad. it. “Marx e Freud”, Il Saggiatore, Milano (1968), pag. 5 della trad. italiana.
(16) K. Marx, “Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophy” (1843), trad. it. “Per la critica della filosofia del diritto in Hegel”, Editori Riuniti, Roma (1966), pag. 58.

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Andrea Ciacci - Tesi di Laurea in Psicologia - Anno Accademico 2003/2004
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Ultimo aggiornamento: 04-dic-2004.