STORIA DELL'INGHILTERRA, DAI NORMANNI ALLA RIVOLUZIONE INGLESE


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Le classi sociali

Tessitrice del Seicento al telaio
Tessitrice del Seicento al telaio

Premessa

Il giurista inglese sir Thomas Smith, nel suo The Commonwealth of England (1583), divideva la società del suo regno in quattro ceti:

al vertice la nobilitas maior (una famiglia media comprendeva almeno una quarantina di persone e con un reddito superiore di almeno dieci volte rispetto alle categorie inferiori);1

più sotto la nobilitas minor, suddivisa in knights (cavalieri), squires o esquires2 e gentlemen;

al terzo livello i cittadini e gli yeomen (piccoli proprietari terrieri non nobili, che potevano suddividersi in copyholders e freeholders);

infine quelli che non avevano alcun potere.

William Harrison però, nella sua Description of England (1587), proponeva una diversa classificazione, di tipo più "borghese" che "aristocratico":

al primo posto metteva i gentlemen (cioè tutta la nobiltà);

poi i citizens o burgesses (borghesi di città);

poi gli yeomen (proprietari terrieri non nobili);

infine i laborers (salariati giornalieri) o artificers (artigiani e operai).

A loro volta i gentlemen venivano suddivisi in tre gruppi distinti: una nobiltà maggiore, che includeva lo stesso re, il figlio maggiore (cui era riservato il titolo di principe di Galles) e tutti i lords (duchi, marchesi, conti, visconti e baroni3, dei quali gli ultimi non sempre erano peers, cioè pari, appartenenti alla Camera dei Lord); vi era poi una nobiltà media, formata da knights ed esquires; infine i semplici gentiluomini.4

Un altro autore ancora, Thomas Wilson, in The State of England (1600), fa importanti precisazioni sul significato di certe categorie sociali. P.es. secondo lui i lords veri e propri, sino alla fine del XV sec., non superavano il numero di 61 (solo alla fine del XVIII sec. saranno 182), mentre i knights arrivavano a 500 e gli esquires a 16mila.

Tuttavia, siccome Wilson poneva tra i gentiluomini anche i principali giudici e avvocati del regno, gli storici si chiedono se i gentiluomini non titolati (detti gentry) vadano considerati nobili o borghesi. Anche Harrison sostiene che se uno svolgeva un qualche mestiere giuridico o fosse un medico o esercitasse un arte liberale o una docenza universitaria o fosse un ufficiale nell'esercito o un funzionario statale, poteva essere considerato un gentleman, cioè uno che non necessariamente veniva riconosciuto per il suo sangue o la sua famiglia, ma piuttosto per la sua posizione sociale di prestigio, che gli permetteva di non svolgere un lavoro manuale e di acquistare uno stemma araldico.

È probabile che molta della confusione terminologica sia dovuta al fatto che col termine gentleman col passar del tempo s'intesero delle figure sociali abbastanza diverse tra loro. P.es. nel XIV sec. sicuramente s'intendevano i figli minori dei nobili, che non godevano del titolo e non sedevano nella Camera dei Lord. Ma nel XV sec. cominciavano a essere chiamati così i proprietari terrieri inferiori ai knights ma superiori agli yeomen.

Secondo i calcoli statistici (tra i primi apparsi in Europa) di Gregory King, in Natural and political observations upon the state and conditions of England (1696), alla fine del XVII sec. la nobiltà esistente in Inghilterra poteva essere schematizzata nella seguente tabella:

Categoria

Famiglie

Persone

Lords laici

160

6.450

Lords ecclesiastici

25

520

Baronetti

800

12.800

Cavalieri

600

7.800

Esquires

3.000

30.000

Gentlemen

12.000

96.000

Nella sua stessa tabella, basata su una popolazione complessiva di circa 5,5 milioni di abitanti, vi sono dati molto significativi sulla composizione dei ceti più bassi:

Categoria

Famiglie

Persone

Marinai semplici

50.000

150.000

Manovali e uomini di fatica

364.000

1.275.000

Contadini poveri e nullatenenti

400.000

1.300.000

Soldati semplici

35.000

70.000

Mendicanti vagabondi ladri


30.000

Praticamente il totale di questi ceti inferiori era oltre la metà di tutta la popolazione del regno.5 Altri dati significativi riguardano due tipologie di gruppi sociali: gli ecclesiastici e la borghesia mercantile, rurale e professionale (civile e militare). Vediamo anzitutto i primi, riportando di nuovo i dati delle alte gerarchie di origine nobile:

Categoria

Famiglie

Persone

Lords spirituali nobili

25

520

Ecclesiastici eminenti non nobili

2.000

12.000

Ecclesiastici minori

8.000

40.000

E ora il secondo gruppo:

Categoria

Famiglie

Persone

Mercanti e commercianti marittimi eminenti

2.000

16.000

Mercanti e commercianti minori

8.000

48.000

Proprietari terrieri non nobili benestanti

40.000

280.000

Piccoli proprietari terrieri non nobili

140.000

700.000

Detentori di uffici elevati

5.000

40.000

Detentori di uffici minori

5.000

30.000

Legali

10.000

70.000

Fattori

150.000

750.000

Scienziati, persone dedite a professioni libere

16.000

80.000

Ufficiali di marina

5.000

20.000

Ufficiali dell'esercito

4.000

16.000

Nella successiva tabella gli artigiani e gli operai vengono messi sullo stesso piano e però hanno entrate superiori ai fattori. Val la pena associarli, sulla base del reddito, alla piccola-borghesia:

Categoria

Famiglie

Persone

Artigiani e operai

60.000

240.000

Bottegai e commercianti al minuto

40.000

180.000

In sintesi

Oggi gli storici tendono a fare delle generalizzazioni più semplici. La società inglese viene suddivisa in tre strati sociali fondamentali: il clero, la nobiltà e il terzo stato (cioè l'intero popolo lavoratore). Esattamente come in Francia, salvo il fatto che questi strati sociali non erano chiusi e isolati, in quanto il passaggio da uno all'altro avveniva più facilmente. Quanto alla nobiltà, essa comprendeva il re, i pari (peers) e la gentry.

L'élite della nobiltà aristocratica inglese (landlord o peer) era molto ristretta e si basava sul diritto di maggiorasco (il primogenito ereditava tutto il patrimonio familiare6). I figli minori dei pari, cioè dei lord titolati, ricevevano dal re unicamente il titolo di cavaliere (il cognome era preceduto dal titolo di sir) ed entravano formalmente a far parte della nobiltà bassa (gentry), senza poter far parte della Camera dei Lord. Costoro, insieme alla borghesia vera e propria, furono i protagonisti della rivoluzione inglese; potevano infatti diventare nobili-imprenditori, simili ai borghesi (nel XVII sec. venivano chiamati gentlemen), perché, pur continuando a far parte della classe dei proprietari terrieri, in parte utilizzavano la loro proprietà fondiaria per trarne profitto capitalistico.

Il titolo nobiliare non impediva al gentleman intraprendente di commerciare lana o formaggio, di fare la birra e di fondere metalli, di estrarre salnitro o carbon fossile; nessun affare in questi ambienti veniva considerato sconveniente, purché assicurasse alti profitti. Tale disinvoltura nel comportamento sociale risultava impensabile presso le aristocrazie francesi o tedesche, e portava la popolazione inglese a ritenere "nobile" anche chi non lo fosse dalla nascita.

D'altra parte i borghesi cittadini, i ricchi mercanti e gli uomini della finanza, anche dopo aver ottenuto titoli nobiliari e stemmi attraverso l'acquisto di possedimenti terrieri (grazie ai quali entravano a far parte della classe dei gentlemen), continuavano la loro attività nel settore capitalistico della produzione. Già nel 1600 le entrate dei gentlemen inglesi superavano di gran lunga quelle di tutti i più grandi latifondisti messi insieme. Essi intervenivano attivamente sul mercato in qualità di compratori delle terre della Corona e dei possedimenti della nobiltà impoverita.

Insomma la nobiltà inglese, pur essendo unita come stato, risultava divisa in vari strati sociali, sostanzialmente diversi, che durante la rivoluzione si vennero a trovare in campi opposti.

La borghesia e la nobiltà imborghesita si scontravano continuamente col regime assolutistico (soprattutto sotto i primi Stuart), che voleva esercitare un controllo feudale sempre più oppressivo, in primis ovviamente a livello fiscale.

Alla vigilia della rivoluzione, al programma agrario delle masse contadine, che consisteva nel voler sopprimere tutti i diritti dei landlord sui fondi contadini, trasformando il copyholder (l'usufruttuario legato a un contratto ereditario, a vita o a termine) in freeholder (proprietario terriero libero), si contrapponeva il programma agrario della nuova nobiltà, la quale mirava a distruggere i diritti feudali della Corona sulle proprie terre e, nel contempo, a liquidare i tradizionali diritti del contadino sulla terra.

La maggior parte dei grandi nobili delle contee settentrionali e occidentali restava del tutto feudale, soprattutto per il modo di riscuotere le rendite sulle proprie terre. Questi patrizi, le cui condizioni economiche erano tutt'altro che floride, dato che i tradizionali redditi non erano in grado di soddisfare la loro insaziabile sete di lusso, guardavano con disprezzo i nobili affaristi ed erano ben lontani dal dividere con loro potere e privilegi. La tendenza allo sfarzo esteriore, le enormi folle di servitori e di parassiti di cui si circondavano, la predilezione per la vita nella capitale, l'infatuazione per gli intrighi di corte, sono tutti aspetti che avrebbero potuto portare questa classe alla completa rovina, se essa non avesse ricevuto continue sovvenzioni da parte della Corona sotto forma di pensioni e di benefici, di generosi regali in denaro e di donazioni di terre.

Lo strato superiore della borghesia era composto da alcune centinaia di affaristi di Londra e della provincia, che avevano raccolto i frutti della politica di protezione dei Tudor nei confronti dell'industria e del commercio nazionali e che quindi erano strettamente legati alla Corona, in qualità di appaltatori e finanziatori, possessori di monopoli e licenze reali, e all'aristocrazia feudale come creditori, e in parte compartecipi delle compagnie commerciali privilegiate.

Alla massa principale della borghesia appartenevano i mercanti medi e l'élite dei maestri delle corporazioni, che lottavano contro l'oppressione fiscale, gli arbitri dell'assolutismo e lo strapotere dell'aristocrazia di corte, quantunque vedessero nella Corona il sostegno e la difesa dei loro privilegi corporativi medievali, con cui continuavano a sfruttare indiscriminatamente gli apprendisti e i garzoni.

Lo strato della borghesia più ostile alla Corona era formato dagli imprenditori non legati alle corporazioni, cioè quegli organizzatori delle manifatture accentrate e decentrate, gli iniziatori delle imprese coloniali. La loro attività era ovviamente ostacolata dalla struttura corporativistica dei mestieri e dalla politica dei monopoli reali. Anche l'attività mercantile in generale incontrava sulla sua strada, sia nel commercio interno che in quello d'oltremare, i possessori delle licenze reali.

La massa dei lavoratori, i piccoli artigiani delle città e i piccoli agricoltori della campagna, come pure uno strato piuttosto numeroso di operai salariati delle città e delle campagne, formavano la parte più numerosa della popolazione nazionale. Costoro, pur essendo produttori di tutti i valori materiali del regno, erano privi di ogni diritto politico e i loro interessi non erano rappresentati né in Parlamento né nelle amministrazioni locali.

Soltanto appoggiandosi al movimento popolare e sfruttandolo per i propri interessi, la borghesia e la nuova nobiltà furono in grado di abbattere il feudalesimo e l'assolutismo, giungendo al potere.

Nel periodo 1640-48 la gentry in ascesa, cioè il "partito della campagna" trasformatosi in senso borghese, scatenerà la guerra civile contro il partito nobiliare della corte e della rendita feudale, esautorandolo di una fetta considerevole di potere, sia economico che politico.


1) Questa nobiltà, semidistrutta al tempo delle guerre contro la Francia di Giovanna d'Arco e, internamente, a causa di quella delle Due Rose, verso il 1640 non avrà più quasi nessuna preparazione militare, pur essendo stata per vari secoli una delle aristocrazie più guerriere d'Europa. Praticamente dopo la prima metà del XVI sec. la monarchia inglese, per quasi due secoli, non intraprenderà più azioni di guerra sul continente europeo.

2) Gli esquires venivano da lui definiti "gentiluomini i cui antenati erano stati cavalieri o eredi e figli primogeniti di una data famiglia; quindi disponevano di una qualche rendita che li metteva in condizione di occupare una determinata carica pubblica e di rivestire una certa autorità nella contea". La cifra che offre è così alta che probabilmente in essa vanno inclusi anche tutti i figli cadetti dei nobili, cui i padri non lasciavano nulla, per non frazionare i loro patrimoni.

3) Il titolo nobiliare ereditario di "baronetto" fu creato dal re Giacomo I nel 1611.

4) Da notare che in Inghilterra i costi della Corte reale gravavano anche sulla piccola nobiltà rurale, a differenza che in Francia, dove tutta la nobiltà era esente dalle tasse: questo spiega perché a favore della rivoluzione inglese si posero anche ampi settori della classe nobiliare.

5) G. Boquet sostiene che intorno al 1589 i poveri regolarmente assistiti in Inghilterra erano circa 250mila (L'età di Shakespeare, in "Storia e Dossier" n. 45/1990): un numero enorme rispetto al totale della popolazione.

6) In Italia la pratica della primogenitura appare per la prima volta nel Ducato di Milano nel 1601-1609. Nel 1648 la adotta anche il duca di Savoia Carlo Emanuele II.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sez. Storia - Storia moderna - Monarchie nazionali
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