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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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Primi riscontri nella storiografia dell'epoca

La fonte non cristiana cui dobbiamo appellarci è “Antichità giudaiche” dello storico Giuseppe Flavio, già utilizzato per approfondire gli anni in cui visse Cristo (cfr. STORIA - Dai regnanti Asmonei a Erode il Grande ). E' questo testo che ci permette di comprendere molti eventi del Nuovo Testamento, cominciando dal presunto autore del martirio di Giacomo, Giulio Agrippa I. A questo re Giuseppe Flavio dedica diverse pagine della sua opera, oltre che alcune in "Guerra giudaica", dipingendolo come "uno spirito naturalmente nobile e munifico", [1] "degno della più grande ammirazione", [2] che sperimentò e uscì da provanti vicissitudini e "pervenne al grado più alto della dignità e del potere". [3] Quest'uomo visse e crebbe inizialmente alla corte di Roma, ma non fece un parsimonioso uso delle proprie ricchezze e finì in carcere perseguitato dai suoi creditori. Grazie però alla protezione degli imperatori Gaio e Claudio la sua fortuna migliorò ed egli raggiunse l'apice del prestigio. Il suo atteggiamento verso i Giudei fu molto benevolo:

Entrato a Gerusalemme, offrì sacrifici di ringraziamento senza trascurare cosa alcuna prescritta dalla legge. [4] […] premiò gli abitanti di Gerusalemme per la loro benevolenza verso di lui, condonando loro il tributo su ogni casa, giudicando corretto ripagare con amore fraterno, l'affetto dei suoi sudditi. [5] […] aveva una disposizione indulgente ed era benefico ugualmente verso tutti: era benevolo verso quelli di altre nazioni e mostrava loro la sua generosità; ma verso i suoi compatrioti era più generoso e indulgente. Risiedeva volentieri in Gerusalemme; vi abitò in modo costante; scrupolosamente osservava le tradizioni del suo popolo; non trascurava alcun rito di purificazione, e per lui non passava giorno senza il sacrificio prescritto. [6]

Giuseppe Flavio, che spesso apostrofa Agrippa come "il Grande", racconta come questo re perdonò un tal Simone che lo aveva offeso pubblicamente delle opere circensi erette a Beirut, e dei malfattori che punì facendoli scendere come gladiatori nell'anfiteatro. Di un simile re lo storico non cita alcuna esecuzione di ribelli sulla croce, né pare che il suo regno sia stato infestato da rivolte di alcun genere. Per renderci conto di come sia stato travisato il passo storico della morte di Agrippa dall'autore degli Atti conviene riportare i racconti così come tramandatici dai due scrittori:

(Da [Antichità giudaiche]) Alla fine del terzo anno di regno su tutta la Giudea, Agrippa si recò nella città di Cesarea, che precedentemente si chiamava Torre di Stratone; e qui celebrò spettacoli in onore di Cesare, sapendo che erano stati istituiti come una festa per la salute di Cesare; in questa occasione aveva luogo un ampio raduno di persone che svolgevano uffici importanti o erano state promosse di grado nel regno. Nel secondo giorno degli spettacoli, egli andò nel teatro indossando un manto meraviglioso intessuto interamente d'argento. L'argento, illuminato dai primi raggi del sole nascente, sprigionava scintille meravigliose il cui lampeggiamento incuteva timore e paura in coloro che lo fissavano. Gli adulatori, da varie parti, alzarono subito voci, piuttosto di malaugurio, indirizzandosi a lui come a un dio: "Sii a noi propizio!" e, aggiungevano "finora ti abbiamo temuto come un uomo, ma d'ora in avanti concordiamo nel tenerti al di sopra di un (semplice) mortale". Il re non li rimproverò e non respinse, come empia, la loro adulazione; ma di lì a poco guardò in alto e vide un gufo posarsi su una fune al di sopra della sua testa. Subito lo riconobbe come nunzio di tristi presagi, come un'altra volta lo fu di liete notizie, e sentì una fitta al cuore. Sopraggiunse anche un dolore allo stomaco che subito si diffuse dappertutto, acutissimo fin dall'inizio. Sussultando, prese a dire ai suoi amici "Io, 'il vostro dio', ora sono costretto ad abbandonare la vita, poiché il fato respinge in modo immediato le parole bugiarde dette, or ora, da voi. Da voi sono detto immortale, ed eccomi ora condannato a morire. Io, però, debbo accettare la mia sorte come Dio vuole. In realtà non ho vissuto un'esistenza ordinaria, ma un'esistenza in grande stile, salutata come una vera benedizione". […] Straziato dal dolore al ventre, dopo cinque giorni morì. [7]

(Dagli Atti degli Apostoli) [Erode] scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa. Egli era infuriato contro i cittadini di Tiro e Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver tratto alla loro causa Blasto, ciambellano del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal paese del re. Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso. Il popolo acclamava: «Parola di un dio e non di un uomo!». Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; e roso, dai vermi, spirò. (Atti 12:19-23)

Le differenze sono ben più marcate rispetto alle presunte somiglianze:

- Prima di tutto Giuseppe Flavio non chiama mai Agrippa "Erode" come troviamo negli Atti

- L'ambientazione del fatto avviene in contesti diversi: secondo gli Atti ad un ricevimento pubblico seguito ad un malanimo del re nei confronti di alcuni cittadini, mentre per Flavio Giuseppe questa contesa sarebbe assente e Agrippa stava solo celebrando "spettacoli in onore di Cesare"

- Mentre per Giuseppe è il re che interpreta l'arrivo dell'uccello come un segnale di malaugurio a causa delle adulazioni del pubblico, gli Atti fanno intervenire "un angelo del Signore" che lo castiga per il suo proprio comportamento

- Negli Atti la morte viene giustificata dal fatto che Agrippa non "aveva dato gloria a Dio", cosa che sembra contraddetta dal discorso riportato in Antichità

- Nelle Antichità Agrippa muore dopo 5 giorni mentre negli Atti sembra spirare immediatamente.


[1] Cfr. 18:6.1(144).

[2] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 18:5.3(128).

[3] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 18:5.4(141).

[4] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 19:6.1(294).

[5] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 19:6.2(299).

[6] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 19:7.3(330-331).

[7] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, nota a 19:8.2(343-350).


ultima modifica 07/08/04 © 2001 Mac - www.deiricchi.it

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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