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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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L'entrata in scena di Paolo di Tarso

- Una volta terminata la guerra, quanto accadde in Palestina e agli Ebrei in particolare sembra avvolto nel più profondo mistero e le nostre ricerche devono avvalersi dei riscontri desumibili dalla letteratura biblica incrociata con le notizie ricevute dallo storico Giuseppe Flavio

- La voglia di riscatto dei superstiti e dei fomentatori della guerra giudaica non deve essere venuta meno, ma essi finirono per lo più nelle mani degli schiavisti romani. Tra queste persone un personaggio spicca sopra tutti: un tale Saulo, parente di Agrippa II, sfuggito all'inizio della guerra e messosi sotto la protezione degli imperatori romani

- Le sue prime azioni furono di brutale repressione di ogni sentimento nazionalista, fino all'abiura delle più importanti idee della tradizione ebraica. Costringendo in questo modo la popolazione alla completa sottomissione al nuovo Imperatore, il "Dio che viene" romano

- Mentre Paolo infieriva a forza contro gli Ebrei ridotti in schiavitù un suo coetaneo, entrato anch'esso nelle grazie dei Flavii, lo storico Giuseppe, contribuiva con metodi più "umani" a convertire i connazionali alla forza del destino, che in quegli anni sembrava essere nelle mani dei Romani

- Ma dalla prigione a vita in cui era stato mandato, un altro personaggio covava le sue smanie di rivincita e vendetta: Giovanni di Giscala

- Avendo vissuto anche lui, come Giuseppe e Saulo, le vicende della guerra in prima persona cominciò a raccontarle per alimentare nei connazionali la speranza di poter vincere contro l'oppressore, facendo ancora leva sulle attese messianiche che lui stesso riponeva in Gesù soprannominato Cristo, da identificarsi probabilmente nel sacerdote figlio di Saffia, già vincitore contro i romani nella guerra appena terminata

- Dall'isola di Patmos diffuse le sue idee in un linguaggio quasi cripitico, ma conosciuto a chi era sopravvissuto alla disfatta contro Roma

- Non appena cominciò a circolare la sua ‘Apocalisse’, probabilmente Giuseppe Flavio si premurò di contrastarla intensificando la sua predicazione a favore dei romani. Giuseppe riteneva che la Giudea non avrebbe avuto quel futuro che gli Zeloti si aspettavano e che tutto si sarebbe dovuto riporre in Roma, un grande Impero che aveva dimostrato di esser tale nei lunghi anni di dominio nel Mediterraneo e poi in Europa. Un pensiero da romano. Ma forse, da giudeo, comprendendo che la lotta contro Roma sarebbe stata persa in partenza, desiderava che la situazione si risolvesse nel modo meno sanguinario possibile agendo sulle idee della popolazione. In quest'opera pensò bene di farsi aiutare dallo schiavista Saulo, che per i suoi interessi aveva già intrapreso la caccia ai 'cristiani' che altro non erano che i rivoltosi Zeloti

- Ma se le idee di Giovanni continuavano a mietere consensi era ovvio che era controproducente perseguitare i discepoli del Messia - in questa ottica si potrebbe leggere la frase (Atti 9:4) «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Forse Paolo ebbe l’idea di contrastare da vicino quella 'filosofia' che era stata linfa vitale per la tenacia dei ribelli, ribaltando le speranze che gli Ebrei riponevano nella instaurazione di un regnante Giudeo, in quelle nell’attesa del “regno dei cieli”, preparata da un comportamento individuale e sociale basato sulla pace e la sottomissione ai "padroni"

- Paolo cambiò quindi sistema di convincimento, si "convertì" a metodi meno coercitivi grazie ad un abile uso della menzogna. Per far questo fu prima di tutto stravolta la figura di Gesù Cristo, spostando l'identificazione non sul figlio di Saffia portato in palmo di mano da Giovanni, ma su uno sconosciuto personaggio fatto giustiziare da Pilato, dipinto come uomo umile e disponibile a morire per i peccati di tutti

- Se per i rivoluzionari Gesù era il messia, l'erede al trono d'Israele, per Paolo non era che un maestro, un 'figlio di Dio' mite e morto per redimere i peccati di tutti, un essere celestiale che doveva condurre gli uomini a lui fedeli alla soddisfazione dei propri bisogni al di là della morte. Le sue storie creavano le basi per una nuova speranza di soddisfazione delle aspettative umane, che non doveva alimentare un sentimento rivoluzionario per ottenere quanto voluto nella vita terrena, ma dare spunto alla 'fede' nella risurrezione in una vita senza patimenti e tribolazioni.


ultima modifica 16/01/05 © 2001 Mac - www.deiricchi.it

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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