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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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Paolo di Tarso, soldato e vescovo

L'ambiente in cui operò Paolo sarebbe stato quello di una comunità di servi e schiavi ma anche deportati giudei, contro i quali usa la più ferma volontà per raddrizzarne il comportamento:

Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato: […] Vi sono infatti, soprattutto fra quelli che provengono dalla circoncisione, molti spiriti insubordinati, chiacchieroni e ingannatori della gente. A questi tali bisogna chiudere la bocca, perché mettono in scompiglio intere famiglie, insegnando per amore di un guadagno disonesto cose che non si devono insegnare. […] Perciò correggili con fermezza, perché rimangano nella sana dottrina e non diano più retta a favole giudaiche e a precetti di uomini che rifiutano la verità. […] Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, abominevoli come sono, ribelli e incapaci di qualsiasi opera buona. (Tito 1:5-16)

Per raggiungere il suo scopo si attorniava di persone provenienti dall'ambiente amministrativo e militare, anche altolocato (in un caso identificate addirittura con persone vicine a Cesare, cioè l'imperatore in persona):

Filippesi 4:22 Vi salutano i fratelli che sono con me. Vi salutano tutti i santi, soprattutto quelli della casa di Cesare.

Insieme con me prendi anche tu la tua parte di sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù. Nessuno però, quando presta servizio militare, s'intralcia nelle faccende della vita comune, se vuol piacere a colui che l'ha arruolato. (2Timoteo 2:3-4)

Tito 3:13 Provvedi con cura al viaggio di Zena, il giureconsulto, e di Apollo, che non manchi loro nulla.

Filemone 2 [Saluti] alla sorella Appia, ad Archippo nostro compagno d'armi e alla comunità che si raduna nella tua casa:

Le sue parole ci testimoniano chiaramente anche la preoccupazione che aveva nell'organizzare le sue comunità di schiavi all'interno dell'Impero romano, quando assegnava ad esse i cosiddetti vescovi:

Tito 1:7 Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, dev'essere irreprensibile: non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagno disonesto,

Nell'ottica da noi individuata, il termine di vescovo non può che rimandare al suo significato greco primigenio 'episkopon', cioè quello di "ispettore, sorvegliante, soprintendente". [1] E' curioso che la traduzione normalmente associata di "capo ecclesiastico" derivi solo dal Nuovo Testamento. Ora possiamo inferire che questa non è scorretta, ma svia dall'etimologia originaria che si riferisce direttamente ai sorveglianti delle squadre di schiavi e servi che si aggregavano in comunità disseminate nelle province romane e che Paolo andò a visitare per organizzarne il controllo e il mantenimento dell'ordine sociale.


[1] Cfr. L. Rocci, Vocabolario greco italiano, Città di Castello, Società Editrice Dante Alighieri, 1983


ultima modifica 18/09/04 © 2001 Mac - www.deiricchi.it

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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