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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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Giacomo e Simone ritrovati [1]

Se fino a questo punto abbiamo posto rilevanti dubbi sulla correttezza del resoconto della morte di Giacomo pervenutoci attraverso gli Atti, ora dobbiamo cercare se vi sono passi storici che meglio combaciano con i racconti stessi. Ritorniamo indietro a prima di At 12:1 dove leggiamo che l'uccisione di Giacomo fu preceduta da un fatto storico molto importante: una carestia che si abbatté sulla Palestina:

In questo tempo alcuni profeti scesero ad Antiochia da Gerusalemme. E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi in piedi, annunziò per impulso dello Spirito che sarebbe scoppiata una grave carestia su tutta la terra. Ciò che di fatto avvenne sotto l'impero di Claudio. Allora i discepoli si accordarono, ciascuno secondo quello che possedeva, di mandare un soccorso ai fratelli abitanti nella Giudea; questo fecero, indirizzandolo agli anziani, per mezzo di Barnaba e Saulo. (Atti 11:27-30)

Sappiamo che l'imperatore Claudio Caligola regnò dal 41 al 54 d.C.. I commentatori cattolici collocano una data "plausibile" di tale carestia nel 46 d.C. [2] e lo devono fare ancora sulla scorta dei racconti di Flavio Giuseppe:

Fu sotto l'amministrazione (di Tiberio Alessandro) che in Giudea avvenne una grave carestia, durante la quale la regina Elena comprò grano dall'Egitto con una grande quantità di denaro e lo distribuì ai bisognosi, come ho detto sopra. [3]

Tiberio Alessandro fu procuratore romano dal 46 al 48 d.C. ed è proprio sotto questo "esponente di una delle più illustri famiglie giudaiche di Alessandria" [4] che accadde un episodio per noi estremamente interessante, che infatti Flavio Giuseppe riporta di seguito alle precedenti parole sulla carestia, proprio come hanno fatto gli Atti:

Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda Galileo, furono posti sotto processo e per ordine di Alessandro, vennero crocefissi; questi era il Giuda che - come ho spiegato sopra - aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirino faceva il censimento in Giudea. [5]

Il racconto è quasi uguale a quello degli Atti 12, se non fosse per il fatto che in quest'ultimo Simone - Pietro viene fatto liberare da un angelo e si salva ricomparendo per dire la sua nel Concilio di Gerusalemme. Non possiamo, in questo come in altri casi, che ipotizzare una chiara manomissione della verità ad opera dell'autore di Atti: ne è indizio l'intrusione di elementi fantastici come la fuga "miracolosa" di Pietro, frutto di una pura invenzione dell'autore come lo dimostra la sua costruzione: Pietro che parla con un angelo, le guardie che dormono e non s'accorgono di nulla, Maria a cui sembra di vedere un fantasma e non Pietro (!)

Il confronto con il racconto dello storico ebreo ci permette invece di comprendere le discrasie delle versioni cristiane: Agrippa, un "pio giudeo", non può essere stato il persecutore dei primi "cristiani" mentre aveva senso la mossa di Tiberio Alessandro, un giudeo venduto alla causa romana che si comportò con questi due fratelli come Pilato fece con Gesù:

[…] Tiberio Giulio Alessandro, il grosso personaggio oriundo di Alessandria che nel 69, come prefetto d'Egitto, fu tra i più validi sostenitori di Vespasiano nella lotta per la conquista del potere […] e ne ottenne poi la nomina a prefetto del pretorio, che mai prima di lui era stata concessa a un non italico […]. [6]

Perciò Giacomo non fu ucciso nel 44 ma nel 48, non per mano di un "pio" re ma di un servitore dei Romani. Anche Simone morì con Giacomo e ciò contraddice il racconto degli Atti. Perché questa invenzione? Se dopo il 48 d.C. questi apostoli non esistevano più e la loro presenza era necessaria a giustificare l'operato di Paolo attraverso l'imprimatur delle due "colonne" degli apostoli, quale stratagemma inventare per far incontrare Paolo con Giacomo e Simone addirittura nel successivo "concilio di Gerusalemme"? (Atti 15). Per avere ancora a disposizione un Giacomo e un Pietro che riecheggiavano queste antiche colonne, il narratore si sarebbe allora inventato un altro Giacomo, chiamandolo questa volta "fratello di Gesù" e poi avrebbe fatto scappare Pietro di cella. La trovata di un Giacomo fratello di Gesù posteriore alla morte del primo Giacomo, chiamato solo apostolo, sarebbe stata avvallata storicamente dal nostro mistificatore usufruendo di un altro passo delle memorie di Flavio Giuseppe:

Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: così convocò i Giudei del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri […]. [7]

Il fatto riportato è relativo ad un'insubordinazione del sacerdote Anano subito stroncata dal prefetto romano Albino ed avvenuta nel 62 d.C. Grazie a quell'inciso "soprannominato Cristo", la fratellanza di Giacomo con Gesù veniva spostata dal Giacomo giustiziato con il fratello Simone da Tiberio Alessandro nel 48, ad un altro quasi "insignificante" ancora vivo nel 62 d.C. Ma questo fatto ci condurrà più avanti a ipotesi ancora più importanti.


[1] Una versione simile su questo tema è rinvenibile in Luigi Cascioli, La favola di Cristo, Roccalvecce (VT), stampato in proprio, 2001. Vedi anche www.luigicascioli.it

[2] Cfr. AA.VV., Grande Commentario Biblico, Brescia, Editrice Queriniana, 1973, 45:60.

[3] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 20:5.2(101).

[4] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, nota a 20:5.2(101).

[5] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 20:5.2(102).

[6] Cfr. Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, Milano, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1989, nota 13 pag. 540.

[7] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 20:9.1(200).


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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