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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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Una coppia di ingordi

Giuseppe, una volta arrivato in Galilea insieme agli altri capi inviati dei Giudei, fece convocare i membri del consiglio di Tiberiade a uno scopo preciso:

Dissi che ero stato inviato presso di loro dal governo di Gerusalemme in qualità di ambasciatore, insieme con i miei colleghi, per ottenere la distruzione del palazzo fatto costruire da Erode il Tetrarca, che conteneva raffigurazioni di essere viventi, mentre le nostre leggi vietano di costruire alcunché di simile; insistevo dunque affinché ci permettessero di procedere il più presto possibile. [1]

Quel che Giuseppe non previde fu che Gesù, figlio di Saffia, lo precedette traendo dall'impresa un gran bottino. Non solo, ma fece massacrare tutti gli uomini che erano stati loro nemici prima della guerra. A questo punto come si comporta Giuseppe?

Appreso l'accaduto, io montai su tutte le furie, e ridisceso a Tiberiade mi misi energicamente a ricuperare dagli autori del saccheggio tutto ciò che potevo degli arredi reali. […] decisi di conservare per il re tutto quello che ero riuscito a prendere. [2]

Come si nota Giuseppe non aveva alcuna voglia di fare qualcosa che contraddicesse gli interessi regali. Questo suo comportamento, ovviamente, non poteva che destare sospetto e procurargli noie. Alla prima occasione infatti Gesù, figlio di Saffia, l'autore del saccheggio, mise sotto torchio Giuseppe e cercò di utilizzare quell'episodio per condannarlo, tra le altre cose chiedendogli quanto segue:

[…] egli insisté: "E i venti pezzi d'oro che hai ricavato dalla vendita di quell'argento non coniato, che fine hanno fatto?" [3]

Dal botta e risposta ne nacque un tafferuglio, in cui sembra che ad avere la peggio fossero proprio gli accusatori di Giuseppe.

Tutti i particolari narrati, aggiunti al fatto che ci troviamo di fronte a un Gesù, figlio di Saffia e amico di Anania, ci richiamano alla memoria la seguente azione intrapresa da Simone nei confronti di una coppia di anziani della cosiddetta "prima comunità cristiana" così descritta negli Atti:

Un uomo di nome Anania con la moglie Saffira vendette un suo podere e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro gli disse: «Anania, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno? Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio». All'udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono. Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto. Pietro le chiese: «Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?». Ed essa: «Sì, a tanto». Allora Pietro le disse: «Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te». D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito. (Atti 5:1-10)

Intrigante il modo in cui "Saffia" sia diventato "Saffira" negli Atti. Ma a questi trucchetti siamo ormai abbondantemente vaccinati.


[1] Cfr. Giuseppe Flavio, Autobiografia, Milano, R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A., 2002, 12.65ss.

[2] Cfr. Giuseppe Flavio, Autobiografia, Milano, R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A., 2002, 12.68.

[3] Cfr. Giuseppe Flavio, Autobiografia, Milano, R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A., 2002, 57.296.


ultima modifica 23/12/04 © 2001 Mac - www.deiricchi.it

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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