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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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Stefano ritrovato

Fin dall’inizio, avevamo trovato molto strano che un uomo con un nome greco potesse essere un autorevole capo della chiesa fondata da Gesù, addirittura nel 36 come ipotizzano gli esegeti. Una possibilità davvero poco credibile, a nostro avviso, avendo appurato quanto Gesù fosse legato agli ambienti Zeloti, i più integralisti e intolleranti verso infiltrazioni straniere, a tutti i livelli. Supponiamo poi che tutta la storia raccontata dagli Atti sia stata scritta quando Paolo non c'era più, per difenderne e propagandarne l'immagine ai nuovi adepti che non l'avevano conosciuto, allora è verosimile che la sua composizione sia avvenuta alla fine del I secolo (cfr. CRISTIANESIMO - I libri del Nuovo Testamento ) se non addirittura dopo. A questo punto non ci resta che valutare come fosse possibile che l'autore e i suoi lettori si ricordassero di un personaggio lapidato dal Sinedrio più di 60 anni prima, se questi non era salito alle cronache del tempo in cui accaddero i fatti narrati. Stefano deve essere stato cioè un soggetto noto anche ad altri autori dell'epoca, vista la drammaticità dei fatti occorsigli e l'ampio spazio dedicato al suo discorso. Insomma, è possibile trovare la figura di Stefano in un autore storico come Flavio Giuseppe? Eccoci accontentati:

Alcuni sediziosi rivoluzionari incontrarono Stefano, schiavo di Cesare, lungo una via pubblica, lontana dalla città circa cento stadi e lo spogliarono di tutto quanto aveva. [1]

Forse ci può essere utile sapere che a seguito di questo atto dei ribelli, i Romani aprirono una vera e propria caccia al giudeo così descritta dallo storico:

Quando Cumano ne venne a conoscenza, mandò subito dei soldati con l'ordine di saccheggiare i villaggi vicini e portargli, in catene, gli uomini più autorevoli di quei villaggi, di modo che potesse esigere una giusta vendetta per l'affronto fatto. [2]

Ma le coincidenze di episodi narrati dagli Atti e da Giuseppe Flavio non finiscono qui: v'è da aggiungere che lo storico descrive subito dopo le discordie che scoppiarono tra Giudei e Samaritani, abitanti delle stesse regioni nominate dall'autore degli Atti come luoghi in cui si dispersero i perseguitati. Giova ora far notare almeno due aspetti sui fatti narrati dallo storico ebraico:

- Questo Stefano è l'unico nominato addirittura in entrambe le opere a noi pervenute, a testimonianza del fatto che lo storico stava narrando qualcosa di comunemente conosciuto e ben inserito nelle vicissitudini dell'epoca

- La disavventura di questo schiavo dell'imperatore si svolse quando nella Giudea era governatore Ventidio Cumano e quindi tra il 48 e il 52 d.C. [3]

Difficile ritenere che l'autore degli Atti non si stesse riferendo proprio a questo Stefano nel suo racconto; la stortura dei fatti operata somiglia anche in questo caso a quella già incontrata in merito al martirio di Simone e Giacomo (cfr. CRISTIANESIMO - La Chiesa e la morte di Giacomo ) ma a noi permette di delineare meglio tanto le intenzioni che l'ambiente che il nostro autore doveva narrare ma allo stesso tempo camuffare:

- L'autore, che sta parlando a degli schiavi per lo più pagani, utilizza come esempio di martire proprio uno di essi, un servo dell'imperatore, la cui triste vicenda era ben nota vista la reazione che scatenò nei governatori dell'epoca

- Ad uccidere quello schiavo furono una banda di 'briganti', un termine spesso usato da Giuseppe Flavio per designare i rivoltosi anti-romani. Lo spirito anti-giudaico che pervade tanto gli Atti che le Lettere di Paolo si conferma quindi come il più mistificato disprezzo della 'filosofia zelota', mai citata secondo la collaudata tecnica che se 'si nomina il diavolo ne spuntano le corna'

- Probabilmente quel servo non fu ucciso, come ci racconta Flavio Giuseppe, da qui quel particolare finale di Atti 7:60 già commentato nel capitolo precedente

- La collocazione temporale degli avvenimenti è già almeno 12 anni più avanti di quanto ipotizzano gli esegeti, e questo sposta più verso la I Guerra giudaica anche le azioni di Paolo.

Per gli increduli, ma soprattutto per gli amanti della verità, dobbiamo però anticipare che le sorprese e conferme delle nostre ricerche sono appena cominciate.


[1] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000, 20:5.4(113) e anche Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, Milano, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1989, 2:12.2(228).

[2] Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Torino, Unione-Tipografico-Editrice, 2000,20:5.4(114) e anche Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, Milano, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1989, 2:12.2(229).

[3] Cfr. AA.VV., Grande Commentario Biblico, Brescia, Editrice Queriniana, 1973, 75:142.


Il martirio di Stefano

Come abbiamo più volte sottolineato, l'entrata in scena di Paolo è collegata al martirio di Stefano. Ma chi era questo personaggio, sconosciuto ai Vangeli e a tutti gli altri testi ma che tanto posto di riguardo occupa negli Atti? Egli viene introdotto come membro di sette eletti per il servizio della mensa:

Atti 6:5 Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia.

In seguito lo si ritroverà contrapposto ai membri del sinedrio contro i quali, alla fine di una arringa che molto somiglia nello stile e nei contenuti ad un riassunto della Lettera agli Ebrei, ha la peggio venendo da essi lapidato e ucciso. Questo nostro inciso sulla lunga difesa di Stefano non è fuori luogo e della dubbia autenticità di tale discorso si legge anche nei commenti degli esegeti:

Il discorso di Stefano non dovrebbe essere considerato come un'arringa in sua difesa; è stato fatto rilevare più volte che la maggior parte di esso non è pertinente alle accuse mosse nel racconto del martirio di Stefano […]. Il carattere didattico del discorso è predominante […]. [4]

E' utile anche far notare le diverse traduzioni del modo in cui Stefano sembra finire dopo la lapidazione (Atti 7:60):

CEI: Detto questo, morì.

Darby: Et quand il eut dit cela, il s'endormit;

Diodati: E detto questo, si addormentò.

NT in greco traslitterato: kai touto eipôn ekoimêthê.

Nuova Diodati: E, detto questo, si addormentò.

Nuova Riveduta: E detto questo si addormentò.

Revised Standard Version: And when he had said this, he fell asleep.

Riveduta (Luzzi): E detto questo si addormentò.

Vulgata: et cum hoc dixisset obdormivit

Come si nota solo la CEI traduce col termine 'morire' quello che tutti gli altri indicano come 'addormentarsi'. Vedremo che questo non è un particolare insignificante anche se nel paragrafo successivo l'autore ci parla di "uccisione" di Stefano.

Comunque sia quello che viene raccontato è che subito dopo si scatenò una grossa persecuzione contro la chiesa, a cui collaborava Paolo stesso, e che fece sì che:

Atti 8.1 […] tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samaria.


[4] Cfr. AA.VV., Grande Commentario Biblico, Brescia, Editrice Queriniana, 1973, 45:45.

ultima modifica 18/09/04 © 2001 Mac - www.deiricchi.it

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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