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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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Un cattivo Anania

In un altro capitolo (cfr. CRISTIANESIMO - Le persone vicine a Paolo ) abbiamo fatto presente come la vicinanza di Paolo al sacerdote Anania, ucciso dai rivoluzionari nel 66, ne inficiava la figura di persona assolutamente estranea alla Guerra giudaica che gli scrittori neotestamentari cercavano di confezionare. Infatti negli Atti compaiono due Anania: il primo è quello che lo salva dalla cecità (Atti 9:10-12), mentre il secondo lo accusa in più momenti:

Cinque giorni dopo arrivò il sommo sacerdote Anania insieme con alcuni anziani e a un avvocato di nome Tertullo e si presentarono al governatore per accusare Paolo. Quando questi fu fatto venire, Tertullo cominciò l'accusa dicendo: «La lunga pace di cui godiamo grazie a te e le riforme che ci sono state in favore di questo popolo grazie alla tua provvidenza, le accogliamo in tutto e per tutto, eccellentissimo Felice, con profonda gratitudine. Ma per non trattenerti troppo a lungo, ti prego di darci ascolto brevemente nella tua benevolenza. Abbiamo scoperto che quest'uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è capo della setta dei Nazorei. Ha perfino tentato di profanare il tempio e noi l'abbiamo arrestato. Interrogandolo personalmente, potrai renderti conto da lui di tutte queste cose delle quali lo accusiamo». Si associarono nell'accusa anche i Giudei, affermando che i fatti stavano così. (Atti 24:1-9)

Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i sommi sacerdoti e tutto il sinedrio; vi fece condurre Paolo e lo presentò davanti a loro. Con lo sguardo fisso al sinedrio Paolo disse: «Fratelli, io ho agito fino ad oggi davanti a Dio in perfetta rettitudine di coscienza». Ma il sommo sacerdote Anania ordinò ai suoi assistenti di percuoterlo sulla bocca. Paolo allora gli disse: «Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge e contro la legge comandi di percuotermi?». E i presenti dissero: «Osi insultare il sommo sacerdote di Dio?». Rispose Paolo: «Non sapevo, fratelli, che è il sommo sacerdote; sta scritto infatti: Non insulterai il capo del tuo popolo». Paolo sapeva che nel sinedrio una parte era di sadducei e una parte di farisei; disse a gran voce: «Fratelli, io sono un fariseo, figlio di farisei; io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena egli ebbe detto ciò, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l'assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ne nacque allora un grande clamore e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi in piedi, protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest'uomo. E se uno spirito o un angelo gli avesse parlato davvero?». La disputa si accese a tal punto che il tribuno, temendo che Paolo venisse linciato da costoro, ordinò che scendesse la truppa a portarlo via di mezzo a loro e ricondurlo nella fortezza. (Atti 22:30-23.11)

Abbiamo invertito l'ordine di esposizione degli episodi citati in quanto l'ultimo è seguito da un altro molto interessante per le nostre ricerche:

Fattosi giorno, i Giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda, sino a che non avessero ucciso Paolo. Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura. Si presentarono ai sommi sacerdoti e agli anziani e dissero: «Ci siamo obbligati con giuramento esecratorio di non assaggiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo. Voi dunque ora, insieme al sinedrio, fate dire al tribuno che ve lo riporti, col pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi». (Atti 23:12-15)

Questo episodio è facilmente rinvenibile in Flavio Giuseppe, proprio nel bel mezzo di tutti i complotti orditi da Anania e i suoi complici per eliminarlo dalla Galilea:

Ma uno di loro, un uomo spregevole e malvagio di nome Anania, propose a tutto il popolo di indire per il giorno seguente un digiuno solenne in nome di Dio, e li invitò a presentarsi disarmati nello stesso luogo e alla stessa ora, per mostrare a Dio che, senza il dono del Suo aiuto, essi giudicavano qualunque arma inutile. Non parlava certo così per sentimento religioso, ma per catturare me e i miei uomini disarmati. [1]

Lasciamo al lettore il compito di andare a rileggersi gli Atti e "Autobiografia" per vedere come i due personaggi, Paolo e Giuseppe, riescano a cavarsela anche in questi frangenti. A noi interessa solo far presente che, alla fine dell'episodio, ancora una volta lo storico giudeo fa comparire Gesù figlio di Saffia, uno dei capi inviati dai Giudei per controllare la Galilea ma rivale di Giuseppe in quanto affiliato ad Anania. E' questi infatti a sbarrare le porte e a cominciare a interrogare Giuseppe su un tema che ci permetterà di ritrovare un altro parallelismo negli Atti.


[1] Cfr. Giuseppe Flavio, Autobiografia, Milano, R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A., 2002, 56.290-291.


ultima modifica 23/12/04 © 2001 Mac - www.deiricchi.it

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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