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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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La presunzione apostolica di Paolo

All'inizio della predicazione Paolo cerca di dimostrare come gli sia stata affidata una sorta di "delega" direttamente dagli apostoli più in vista, che lui definisce suoi "predecessori" (Galati 1:17):

[…] andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco. […] e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. (Galati 1:19-20, 2:9)

Poi rincara la dose annunciando che la missione che sta compiendo gli deriva direttamente da Dio:

Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio […](Efesini 1:1)

Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza […]. (2Corinzi 3:5-6)

Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. (1Corinzi 15:9-10)

Come si evince dal verso che segue, la sua è falsa modestia visto che si ritiene detentore di un mandato "divino" e si scaglia contro quelli che dubitano di questa sua prerogativa:

Non sono forse libero, io? Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore? Anche se per altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore. Questa è la mia difesa contro quelli che mi accusano. (1Corinzi 9:1-3)

Ponendosi, assieme ai suoi assistenti, addirittura al disopra dei più grandi profeti:

Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. (2Corinzi 3:12-13)

In pratica egli funge da "ambasciatore per Cristo" (2Corinzi 5:20), anzi addirittura "ministro di Dio" (2Corinzi 6:4), finendo coll'ingiungere alla gente di ascoltare solo il suo Vangelo, disonorando l'operato di altri apostoli, per altro mai citati:

Ora io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi «superapostoli»! […] Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere. Sono Ebrei? Anch'io! Sono Israeliti? Anch'io! Sono stirpe di Abramo? Anch'io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro […]. (2Corinzi 11:5-23)

Tanto che Paolo si arrogava di essere lui l'unico a possedere il vero "Vangelo", maledicendo gli avversari:

Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio Vangelo, (2Timoteo 2:8)

Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali. Il Signore gli renderà secondo le sue opere; guardatene anche tu, perché è stato un accanito avversario della nostra predicazione. (2Timoteo 4:14-15)


ultima modifica 07/08/04 © 2001 Mac - www.deiricchi.it

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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