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Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli

di Mac - Dèi Ricchi

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Il Gesù di Giuseppe Flavio e di Paolo di Tarso

Ritorniamo per un attimo a quanto già scritto in ' CRISTIANESIMO - Ancora sul Gesù di Paolo ' per confrontare cosa Paolo di Tarso sapeva di Gesù e che cosa traspare dal "testimonium flavianum". Come il lettore noterà, i particolari sono pressoché identici, cioè Paolo e Giuseppe sembrano conoscere la stessa, scarna, "biografia" di Gesù. Con una differenza importante. Paolo attribuiva una caratteristica a Gesù che non solo non ritroviamo nel "testimonium flavianum" ma neppure in altre righe di Giuseppe: Paolo riteneva Gesù "il figlio di Dio". Un sacerdote ebreo quale Giuseppe era, mai avrebbe potuto ammettere l'incarnazione di Yahweh in un uomo, per quanto questo potesse essere stato il messia aspettato da un popolo abbattuto dalla guerra. Per questo il "testimonium" altro non riporta che i dati di un uomo dalle doti mirabili, ma mai di un Dio.

Insomma, quello che Giuseppe sembra dire altro non è che quanto andava dicendo, nello stesso periodo, Paolo alle comunità cristiane. Quello che ci preme aver fatto notare è che il "testimonium flavianum", anche se preso nella sua interezza, non contiene altri elementi se non quelli conosciuti al tempo in cui Giuseppe e Paolo vivevano e operavano. Se quindi eravamo alla fine del I secolo, è giocoforza ritenere che i Vangeli e gli Atti, così come li conosciamo noi, furono composti ben dopo e, per come risulta dalle nostre ricerche, prendendo a prestito proprio le opere di Giuseppe Flavio. Forse che Giuseppe ha raccolto da Paolo le informazioni poi inserite nella sua opera? O forse vi è qualcun altro che lo fece già all'epoca? Vi è, in questa ipotesi, un altro anello che potrebbe irrobustire questa catena di personaggi, avvenimenti e idee: il nome di Epafrodito. Giuseppe si riferisce ad un personaggio con questo nome in due delle sue opere, "Autobiografia" [1] e "Contro Apione", [2] definendolo "eccellentissimo", "potente", e “amante della verità”. Come reperiamo in bibliografia

E' dubbio se l'Epafrodito cui Giuseppe dedica il Contro Apione e l'Autobiografia sia un liberto di Nerone fatto uccidere da Domiziano nel 95 d.C. o un grammatico di Cheronea, studioso dei poemi omerici, che aveva una grande biblioteca a Roma e che era certamente ancora vivo nel 95 e forse nel 98. L'identificazione del personaggio premetterebbe una determinazione più precisa della data di stesura del Contro Apione. [3]

L'importanza di questo nome è legata al fatto che esso compare, non sappiamo per quale fortuita coincidenza, anche in Paolo (Filippesi 2:25, 4:18), che tra l'altro di lui dice:

Filippesi 2:30 perché ha rasentato la morte per la causa di Cristo, rischiando la vita, per sostituirvi nel servizio presso di me.

Che vi fosse lo zampino di questo Epafrodito a far sì che la descrizione del Cristo di Giuseppe tanto si avvicinasse a quella di Paolo? Che sia stato lui insomma il tramite tra i due? Non possiamo dirlo, ma ora ci possiamo chiedere: siamo proprio sicuri che Giuseppe Flavio sia stato tanto estraneo alla nascita del cristianesimo da lasciare che altri inserissero, probabilmente, le notizie su Gesù che noi leggiamo in "Antichità giudaiche"? Per rispondere a questa domanda dobbiamo forse passare prima a un'altra: se Giuseppe conosceva il Gesù battagliero e vendicativo predicato da Giovanni, come mai nella sua opera compare invece l'uomo pio e saggio propagandato da Paolo?


[1] Cfr. Giuseppe Flavio, Autobiografia, Milano, R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A., 2002, 76.430.

[2] Cfr. Giuseppe Flavio, In difesa degli Ebrei (Contro Apione), Venezia, Marsilio Editori, 1993, 1:1.1, 2:41.296.

[3] Cfr. Giuseppe Flavio, In difesa degli Ebrei (Contro Apione), Venezia, Marsilio Editori, 1993, nota 1 a pag. 245.


ultima modifica 23/12/04 © 2001 Mac - www.deiricchi.it

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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